Nella consueta conferenza stampa che ha seguito il consiglio direttivo dell’Eurotower, Mario Draghi ha dichiarato che i rischi geopolitici sono aumentati negli ultimi mesi. Il chairman ha evidenziato che la crisi in Ucraina ha un maggiore impatto sull’Europa rispetto alle altre parti del mondo, in particolare può avere affetti negativi sui prezzi dell’energia e sulla domanda per i prodotti dell’area euro. Inoltre, ha sottolineato che al momento è difficile quantificare con precisione le conseguenze future, soprattutto se il conflitto dovesse inasprirsi. Draghi ha ribadito che i tassi di interesse per la zona euro resteranno agli attuali bassi livelli ancora per molto tempo, senza segnalare ulteriori tagli. Inoltre, il chairman ha ribadito che la ripresa procede a ritmo moderato e disomogeneo tra i vari paesi; ma se le prospettive di medio termine dovessero cambiare, siamo pronti ad ulteriori misure non convenzionali. Per quanto riguarda l’inflazione Draghi si attende gli interventi presi la riporteranno gradualmente verso l’obiettivo del 2%. Draghi si è anche soffermato sulla fase di recessione che stà attraversando l’Italia, sostenendo che il calo del Pil nel secondo trimestre (-0,2%) è da attribuire ai bassi investimenti; inoltre, ha aggiunto che sull’Italia circolano molte storie che scoraggiano gli investitori. Per quanto riguarda la moneta unica, il presidente della BCE, è più ottimista: “i fondamentali per un tasso di cambio più debole sono migliori oggi rispetto a tre mesi fa". Nei mesi scorsi la banca centrale europea, aveva a più riprese espresso disagio per il rafforzamento dell'euro e per il suo possibile impatto sull'inflazione già troppo bassa. Le rassicurazioni di Draghi, non hanno sortito un segno positivo nei confronti degli operatori, che continuano a vedere il piano di azione messo in opera dalla BCE molto macchinoso e lento. Intanto, dall’altra parte dell’oceano, continuano ad arrivare buoni segnali sull’andamento dell’economia. Le richieste settimanali di sussidi di disoccupazione sono scese a 289 mila unità, con la media a 4 settimane scesa a 293,5 mila unità, nuovo minimo da febbraio 2006. Queste figure, sebbene non importanti come i non farm payrolls, continuano a suonare come un campanello di allarme per un possibile rialzo anticipato dei tassi di interesse. Dal punto di vista valutario resta ancora debole la moneta unica verso le principali valute; in particolare nei confronti del dollaro americano, EUR/USD, l’euro si mantiene all’interno di una area di congestione tra i due livelli statici tra 1,3455 ed 1,3320, la vision anche per le prossime sedute dovrebbe essere mantenuta al ribasso, al momento non ci sono segnali di un eventuale movimento rialzista fino a quando non viene attaccato e superato la resistenza a 1,3455; quindi a tal punto confermiamo il target principale sul livello psicologico a 1,3300 che potrebbe essere toccato nelle prossime sedute. Al momento restiamo in attesa di ricevere dall’azione del prezzo indicazioni per entrare a mercato in direzione del trend principale.