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Dopo mesi di quiete, il palladio sta schizzando di nuovo a massimi storici, dando agli investitori dei metalli preziosi alla ricerca di profitti una valvola di sfogo mentre l’oro crolla sfinito per l’impennata durata cinque mesi.
Il palladio, che serve principalmente come agente di riduzione delle emissioni per i motori a benzina, ha visto un rimbalzo di circa il 33% quest’anno.
Dopo un tonfo tra marzo e maggio ed un’altra debolezza tra luglio e agosto, il palladio torna a farla da padrone tra i metalli preziosi. È il “vecchio” che segna nuovi massimi, mentre l’oro sta a guardare.
Negli scambi di ieri, i future del palladio sulla divisione Comex del New York Mercantile Exchange hanno raggiunto il massimo storico di 1.669,40 dollari, prima di chiudere la seduta in calo di 5,40 dollari, o dello 0,3%, a 1.647,50 dollari l’oncia.
Nel solo mese di settembre, i future del palladio sono schizzati di oltre il 9%, circa lo stesso dell’intero terzo trimestre.
Il palladio spot, che rispecchia gli scambi fisici, ha segnato il massimo storico di 1.702,20 dollari ieri prima di chiudere in territorio negativo.
Palladio spinto da timori per carenza di scorte e dal mercato automobilistico cinese
Gli analisti attribuiscono il rimbalzo del palladio ai timori di una carenza di scorte del metallo ed alle speculazioni che gli Stati Uniti possano concludere un accordo commerciale con la Cina, il mercato automobilistico con la crescita più veloce del mondo, malgrado il costante tira e molla delle loro trattative.
Philip Streible, esperto di strategie dei metalli preziosi di RJO Futures a Chicago, scrive:
“Per quanto possa essere difficile da credere, la corsa del palladio dipende dall’eventualità che USA e Cina riescano a chiudere un accordo commerciale”.
“Il mercato, ovviamente, conosce le probabilità di arrivare ad un tale accordo e sa che da solo non può sostenere il rialzo del palladio. Sono più incline a credere alla storia della carenza di scorte per il proseguimento dell’impennata”.
Johnson Matthey, compagnia specializzata nella lavorazione di metalli, prevede un deficit di 127.000 once per il 2019, dopo il surplus da record dello scorso anno di 375.000 once.
Jeffrey Christian, socio di gestione della newyorkese CPM Group, secondo Reuters avrebbe affermato che:
“C’è una forte domanda per la fabbricazione ma buona parte di essa è una domanda speculativa da parte degli investitori che si aspettano che i prezzi salgano ed anche da parte di persone che si stanno allontanando da oro, argento e platino: poiché i prezzi di questi metalli stanno scendendo, alcuni preferiscono il palladio”.
“C’è molta preoccupazione per il fatto che non ci sia molto palladio disponibile; in gran parte perché le persone che possiedono il metallo non vogliono venderlo ai prezzi attuali. Vogliono vedere dove arriverà il prezzo prima di bloccare i profitti”.
Tonfo dell’oro
L’impennata del palladio arriva proprio quando all’oro sembra mancare il terreno sotto i piedi, col metallo giallo crollato al minimo di due mesi questa settimana dopo essere rimasto fermamente sopra i 1.500 dollari da inizio agosto.
Nella seduta di ieri, i future dell’oro con consegna a dicembre, scambiati sulla divisione Comex del New York Mercantile Exchange, si sono attestati in calo di 33,50 dollari, o del 2,2%, a 1.472,90 dollari l’oncia. Il minimo della seduta è stato di 1.470,65 dollari, un fondo dal 6 agosto.
I future dell’oro hanno perso quasi 100 dollari, più del 6%, dopo aver segnato il massimo di sei anni di 1.565 dollari il 26 agosto.
Gli analisti affermano che il crollo dell’oro è stato scatenato dal suo calo sotto il minimo del 18 settembre di 1.490,70 dollari sul Comex, che ha infranto un supporto chiave.
Spiega Streible di RJO Futures:
“Ci troviamo davanti ad un pattern testa e spalle ribassista al momento e potrebbe arrivare al minimo di 1,450 dollari se lo slancio dovesse persistere”.
Sull’oro pesa anche un dollaro galoppante. L’indice del dollaro, misurato contro un paniere di sei valute, è schizzato al massimo di quattro settimane di 99,113 ieri, in quanto è diventato di nuovo il rifugio preferito dagli investitori alla ricerca di sicurezza contro lo scontro commerciale USA-Cina.
A parte questo, il metallo prezioso ha perso anche parte del rischio geopolitico che è stato dominante nelle ultime due settimane, soprattutto per quanto riguarda il greggio, dopo il rapido intervento dell’Arabia Saudita nel riprendere la produzione dopo l’attacco del 14 settembre contro la sua infrastruttura petrolifera. La decisione di Riad di non intraprendere un’azione militare con l’Iran, accusato dell’attacco, ha privato l’oro di un eventuale rialzo di rischio per l’attacco.
... Anche se per qualcuno resta invariato
Tuttavia, il gruppo canadese TD conferma la sua previsione di vedere l’oro a 1.600 dollari entro la fine dell’anno, spiegando che il confronto di circa 75 segnali di trading nell’analisi tecnica suggerisce che il 43% dei segnali è ancora inclinato verso l’oro long.
Aggiunge:
“In effetti, i segnali dell’oro rappresentano il caso più convincente nel paniere di asset seguito, con il metallo prezioso che mantiene la corona della percentuale assoluta più alta di segnali che indicano long su una base di media mobile su 60 giorni”.
“Le nostre analisi suggeriscono che la debolezza di prezzo più probabilmente sarà spinta da un minore ridimensionamento della lunghezza rispetto a qualunque grande cambiamento delle posizioni, dato che la maggior parte dei long si culla ancora sui massicci profitti”.
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