Dopo una così forte ripresa del rischio durante la scorsa settimana, sarà interessante capire come i mercati risponderanno ai pessimi segnali provenienti dalla Cina, dove un crollo di importazioni ed esportazioni potrebbe riaccendere le paure. Ovviamente si guarda con ottimismo all’accordo tra le parti, anche perché questi dati certificano il forte impatto dello scontro avvenuto sinora. La bilancia commerciale cinese è migliorata bruscamente passando a +$57,1 miliardi (+$51,5 la lettura precendente, +$44,7 miliardi l'ultima), ma guardando con la lente d’ingrandimento i dati contengono alcuni segnali preoccupanti.
A dicembre le esportazioni sono diminuite del -4,4% (+3,0% il dato atteso, +5,4% l'ultima lettura), mentre le importazioni sono scese del -7,6% (+5,0% il dato atteso, +3,0% l'ultima). Questo rallentamento non è di buon auspicio per il rischio, difatti le valute legate alle materie prime come l'AUD e il Kiwi hanno registrato perdite importanti. Di contro abbiamo uno spostamento di liquidità verso asset rifugio, con lo yen e l’oro che salgono mentre i rendimenti delle obbligazioni scendono al pari dell’azionario.
Wall Street ha chiuso la scorsa settimana sostanzialmente piatta, visto che l’S&P 500 perdeva appena un tick terminando la sessione a 2596 punti, ma i future hanno perso il -0,9%. I mercati asiatici stati negativi, con il China Shanghai Composite -0,7% (il Nikkei era chiuso per festività). Anche i mercati europei evidenziavano perdite, sui future, dello 0,5%. Per quanto riguarda le materie prime, detto dell’oro, nuovo calo delle quotazioni del petrolio sempre a causa dei dati negativi cinesi.
In una giornata di pochi dati rilevanti, la produzione industriale dell'Eurozona delle ore 11 potrebbe fornire qualche spunto interessante (soprattutto in considerazione del calo registrato dalle principali mondiali la scorsa settimana). Il consensus prevede un calo del -2,1% a novembre, che sarebbe la peggiore performance da febbraio 2013.