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Il mix dell'economia USA ne sosterrà la crescita. Ma i rischi ci sono.

Pubblicato 03.06.2024, 08:10
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Una società dei consumatori non può che essere una società dell’eccesso, del superfluo e dello scarto abbondante (Z. Bauman).


Settimana importante quella che si apre oggi e che vedrà, presumibilmente, la BCE ridurre i tassi di 25 bp nel meeting di giovedì 6 giugno. Oltre a questo altri importanti dati di PMI dell’Europa e degli USA saranno resi noti.
 
Si inizia oggi alle 10:00 con il PMI manifatturiero dell’Europa di maggio (stima 46,2 punti, contro 45,7 di aprile). Alle 15:45 sarà la volta del PMI manifatturiero degli USA (stima 50,9 punti contro 50 di aprile) e alle 16:00 dell’ISM manifatturiero (stima 50 punti contro 49,2 di aprile) entrambi di maggio.
 
Venerdì scorso, l'indice dei prezzi PCE di aprile è aumentato dello 0,3% e in linea con le attese. I prezzi dei beni sono aumentati dello 0,2%, quelli dei servizi dello 0,3%. I prezzi dei generi alimentari sono diminuiti dello 0,2% e quelli dell'energia sono aumentati dell'1,2%. Escludendo generi alimentari ed energia, l'indice dei prezzi PCE è aumentato dello 0,2%. Rispetto allo stesso mese di un anno fa, il PCE di aprile è aumentato del 2,7%. Escludendo generi alimentari ed energia, l'indice dei prezzi PCE è aumentato del 2,8% rispetto a un anno fa.
 
Gli investitori sembra abbiano apprezzato i dati, visto che i rendimenti dei titoli del Tesoro USA sono scesi dopo che i dati sull’inflazione preferiti dalla Fed sono stati resi noti. Il rendimento di riferimento dei titoli del Tesoro a 10 anni è sceso di oltre 5 punti base al 4,501% dopo essere sceso al di sotto del livello chiave del 4,5% all’inizio della giornata. Il rendimento del Tesoro a 2 anni è sceso anch’esso di oltre 5 punti base al 4,877%. I dati di PCE ci sembrano tuttavia ancora elevati perché la Fed riduca i tassi a giugno e probabilmente a luglio. Crediamo che l’unico motivo per cui potrebbe farlo sarebbe una forte flessione dell’attività produttiva che possa sfociare in una recessione.
 
Sono crescenti gli indizi che i consumatori statunitensi stiano riducendo la propensione al consumo (particolarmente tra le fasce di reddito più basse) e le aziende orientate ai consumi facciano sempre più fatica ad incrementare le vendite. In altre parole, il potente consumatore statunitense si sta indebolito. A conferma di ciò, uno degli indicatori del sentiment dei consumatori è calato bruscamente all'inizio del mese, mentre le insolvenze di ogni tipo sono aumentate.
 
È questo l'inizio della fine per il consumatore? Non lo pensiamo. Vediamo il consumatore statunitense scosso, ma non agitato. Tuttavia, un consumatore compromesso rappresenterebbe un rischio per la crescita, dato che guida il 70% dell'attività economica degli Stati Uniti. Inoltre, i rubinetti della spesa non si sono totalmente prosciugati, con Wall Street e Washington che catalizzano la spesa per futuri investimenti in capitale legati all'intelligenza artificiale (AI), infrastrutture per il 21° secolo e la sfuggente transizione energetica.
 
Benvenuti in un'economia molto mista, un miscuglio che probabilmente sosterrà la crescita e i guadagni aziendali nella speranza di diversificare ulteriormente e aggiungere dinamismo all'economia statunitense. Certo, occorre comunque porre attenzione ai dati. Quali dati? Eccone alcuni.
 
Insolvenze auto in aumento, insolvenze di carte di credito in aumento, mutui, prestiti sulla casa in aumento. Questi sono proprio i punti salienti dal Rapporto Trimestrale sul Debito e Credito delle Famiglie del Q1 2024 della Fed di New York. Il rapporto mostra che un numero crescente di mutuatari ha mancato i pagamenti (ancora) con l’aumento delle insolvenze nel 1Q24.
 
Le insolvenze auto sono aumentate, con il pagamento mensile medio per auto a $738. Tre milioni di auto oggi sulla strada sono in arretrato di 90 giorni o più. Le carte di credito hanno i tassi di insolvenza più alti (poiché più spese sono state effettuate con la plastica, anche i tassi di utilizzo delle carte di credito sono aumentati). Il rapporto della Fed ha mostrato che il 6,9% del debito delle carte di credito è passato a grave insolvenza lo scorso trimestre, rispetto al 4,6% di un anno fa.
 
Anche i $16 miliardi in nuove emissioni di prestiti sulla casa lo scorso trimestre sono in forte aumento e segna l'incremento più grande dai tempi della Grande Crisi Finanziaria del 2008/2009 e un segno che un consumatore sotto pressione è alla ricerca di più liquidità.
 
Secondo la Fed, il 3,2% del debito degli americani è in qualche fase di insolvenza. Questo tuttavia è meno rispetto a un'istantanea pre-pandemia, quando il tasso di insolvenza era vicino al 5% (al 4Q19) e molto meno rispetto al picco del 12% durante la Grande Crisi Finanziaria.
 
Questo ci porta a dire che sicuramente il fattore isolante dei risparmi in eccesso è ormai svanito. Quello che in uscita dalla pandemia ammontava a 2,1 trilioni di dollari è stato speso a un ritmo da 70 miliardi a 85 miliardi di dollari al mese. Sia che siano stati spesi per l'acquisto di beni, servizi o investiti nei mercati monetari con rendimenti del 5%, quel cuscinetto di risparmi si è esaurito.
 
I consumatori più indebitati sono più esposti a tassi più alti e a crepe sottili. Dopotutto, il 62% degli americani vive di stipendio in stipendio, una condizione vulnerabile che potrebbe portare più rapidamente a difficoltà finanziarie. C'è una chiara biforcazione tra i redditi, anche se nel complesso gli americani non sembra che abbiano un problema di debito familiare.
 
Importante è anche la composizione della spesa dei consumatori, con i redditi più alti che rappresentano la maggior parte della spesa. Il 20% dei percettori di reddito più elevato rappresenta il 40% della spesa e ha beneficiato non solo di un effetto ricchezza positivo negli anni precedenti, ma anche di una dilazione del loro debito bloccando tassi ipotecari bassi.
 
L’incremento dei consumi nel medio e lungo termine, in grado di sostenere il PIL, passa attraverso un aumento degli investimenti in grado di creare ricchezza per il Paese. Da questo punto di vista possiamo senza dubbio dire che Washington catalizza sia i guadagni che le spese. Come abbiamo diverse volte messo in luce, il grande governo è tornato. Con politiche industriali in voga, scatenando una valanga di futuri investimenti e innovazioni nel settore privato e i mega-programmi legislativi dell'amministrazione Biden, come l'Infrastructure and Jobs Act (IJA), l'Inflation Reduction Act (IRA) e il Creating Helpful Incentives to Produce Semiconductors (CHIPS) Act.
 
Ma soprattutto programmi a medio e lungo termine che mirano a indirizzare fondi verso le energie rinnovabili, i veicoli elettrici (EV), i semiconduttori e i relativi aggiornamenti infrastrutturali. Per esempio per il solo CHIPS Act, sono stati forniti 39 miliardi di dollari di incentivi sotto forma di sovvenzioni per sostenere l'industria dei semiconduttori, sono stati annunciati investimenti per quasi 450 miliardi di dollari in 83 progetti distinti in 25 stati.
 
Le stime della Semiconductor Industry Association suggeriscono che gli Stati Uniti aumenteranno la loro quota di capacità produttiva globale per la prima volta da decenni, passando dal 10% di oggi al 14% entro il 2032. Nei chip di ultima generazione (sotto i 10 nanometri), la capacità degli Stati Uniti aumenterà dallo 0% nel 2022 al 28% nel 2032.
 
Dopo l'IRA e il CHIPS Act, gli investimenti privati aggregati in beni strumentali non residenziali, in particolare quelli manifatturieri, sono aumentati, raggiungendo il livello più alto di sempre in termini reali.
 
Sulla strada verso energie più pulite, tecnologie future e innovazioni competitive, le spesa a livello aziendale e federale si sono reciprocamente avvantaggiate. Come complementi, la ricerca e sviluppo, finanziata da aziende e federazioni, ha totalizzato 885 miliardi di dollari nel 2022, l'anno più recente per i dati, avviandosi verso il trilione.
 
Mentre la spesa federale per la ricerca e sviluppo si è stabilizzata negli ultimi anni, quella finanziata dalle aziende private è viceversa decollata. Senza badare a spese, e di fronte all'IA e a un ritmo rapido di innovazione, i grandi investitori (alcuni dei principali luminari nell'S&P 500 e nel Nasdaq) destinano dal 15% al 30% dei loro ricavi, o più, per finanziare la crescita di domani.
 
Che significa questo per gli investimenti? Su base secolare, a lungo termine, questi pacchetti di spesa pluriennali sembrano destinati a beneficiare l'attività di investimento per i leader industriali, i produttori di energia e i produttori avanzati di semiconduttori, così come settori come i Materiali, l'Industriale e la Tecnologia.
 
L’unica riserva che abbiamo è che tutta questa spesa federale comporterà un aumento del deficit del bilancio federale degli Stati Uniti. Nei primi cinque mesi del 2024, il deficit è stato di 857 miliardi di dollari, una dinamica che crediamo vada monitorata da vicino.
 
 
 
 

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