Mercati emergenti ancora attraenti
Anche se cresce il rischio idiosincratico, è poco probabile che nel breve termine cali la domanda di valute emergenti, perché la liquidità globale rimane uno dei catalizzatori principali dei prezzi degli asset, più dei fondamentali.
Sebbene vi siano molte distrazioni, come le elezioni negli USA e le relazioni fra l’UE e il Regno Unito, finché non vi sarà un cambiamento strutturale vero e proprio i mercati emergenti continueranno a trovare richieste.
C’è chi sostiene che i rendimenti globali più elevati potrebbero far aumentare i premi di volatilità, ma crediamo che le vendite di bond dovrebbero diminuire, permettendo agli asset dei mercati emergenti che forniscono rendimenti più elevati di migliorare.
Il mese scorso i fondi obbligazionari dei mercati emergenti hanno registrato una raccolta positiva nonostante il rumore di sottofondo negativo.
Se ci sbagliassimo e i bond globali dovessero essere oggetto di ulteriori liquidazioni, ad essere vendute per prime saranno le valute legate alle materie prime e quelle dei paesi emergenti con i deficit delle partite correnti più alti (una reazione quasi speculare a quella del taper tantrum del 2013).
Improbabile un rallentamento degli acquisti dalla BoJ, vendere JPY
Non ci aspettiamo granché dalla riunione di politica monetaria di questa settimana della BoJ.
Considerato il rallentamento dei dati economici, la BoJ probabilmente interverrà solo dopo le elezioni USA e il rialzo del tasso della Fed di dicembre.
Detto questo, il tono potrebbe suggerire uno spostamento dell’attenzione dal QE al tasso d’interesse, visto il ritmo di espansione del bilancio.
Ciò sarebbe rilevante non solo per il Giappone, ma anche per le banche centrali di tutto il mondo.
Il rally dei rendimenti è dovuto in parte alle basse aspettative degli investitori circa ulteriori stimoli dalle banche centrali.
Se la banca centrale dal mix più progressivo “gettasse la spugna”, ciò segnalerebbe chiaramente la fine dell’era della liquidità illimitata.
Il rialzo dei rendimenti dei bond esercita pressioni crescenti sulla curva dei rendimenti giapponesi. Kuroda (BoJ) ha confermato che a settembre la banca centrale ha comprato attivamente asset.
Questi commenti e i dati economici contrastati suggeriscono che la BoJ molto probabilmente non ridurrà gli acquisti di asset.
Un’ulteriore proroga del programma di acquisto di titoli dovrebbe contribuire a far indebolire lo yen, già sotto pressione con il rialzo dei tassi USA.
Vendere GBP sui rally
La sterlina è riuscita a recuperare un po’ di terreno perduto sulla scia del PIL del T3 superiore alle attese.
La crescita più forte del previsto indica che la Brexit non ha condannato al declino l’economia britannica come molti avevano previsto. Il dato solido suggerisce anche che la BoE non taglierà i tassi alla prossima riunione.
La GBP, comunque, non scambia sulla base dei fondamentali, ma sui presunti scenari di Brexit.
Più frammentato e caotico sarà il processo politico, più crescerà il sentiment negativo attorno alla GBP.
Siamo ancora all’inizio del processo, ma sembra che manchi un quadro generale, quindi il periodo precedente all’invio dell’Articolo 50 a Bruxelles sarà caotico e proroghe temporanee saranno probabilmente accompagnate da una retorica disordinata.
Ci sentiamo meno propensi a palesare la nostra strategia per la Brexit sulla coppia EUR/GBP, e preferiamo la GBP/USD, dove l’andamento dell’USD è più chiaro. L’EUR dovrà affrontare i contraccolpi del CETA, le elezioni spagnole, i timori per la Deutsche Bank, lo sfinimento della BCE, e la lista sarebbe ancora lunga.
Malgrado il rischio costituito dalle elezioni negli USA, sembra più facile operare sull’USD.