In quanto maggiore importatore di materie prime al mondo, Pechino spesso ne acquista quantità ben superiori ai suoi reali bisogni, conservandone una fetta significativa per i tempi difficili, quando potrebbero esserci poche scorte da acquistare o prezzi troppo alti. A quel punto, i cinesi attingono alle loro scorte per mantenere attiva la propria economia.
Grafico giornaliero del greggio
Questa strategia finora ha funzionato per cereali e metalli. E, ieri, la Cina ha dimostrato che può funzionare anche per il greggio. Con un intervento senza precedenti sul mercato petrolifero globale, la Cina ha reso disponibile il greggio delle sue riserve strategiche per la prima volta con l’obiettivo specifico di abbassare i prezzi. La manovra ha dato frutto: il prezzo del greggio è crollato di quasi il 2% sulla giornata.
La domanda, tuttavia, è: per quanto tempo i cinesi potranno vincere a questo gioco?
C’è un’enorme differenza tra il trattare con singoli paesi come Brasile e Stati Uniti per la soia o Cile e Russia per il rame e il dover affrontare un’alleanza come l’OPEC+ per il greggio.
L’OPEC+ interverrà
Nel caso di cereali e metalli, quando si riducono gli acquisti i venditori dei paesi produttori solitamente lasciano scendere i prezzi abbastanza da ricominciare a fare affari. Nel caso dell’Organizzazione dei Paesi Esportatori di petrolio (OPEC) e dei suoi alleati, invece, è probabile che accada il contrario. Quando i prezzi cominciano a scendere stabilmente e significativamente, l’alleanza si mette in moto per tagliare la produzione e riportare su il mercato, spesso ad un livello più alto di quello precedente alla caduta.
Dobbiamo capire per quanto tempo e quanto in là potrà spingersi la Cina con questa tattica e quanta tolleranza le riserveranno le 23 nazioni dell’OPEC+, alleanza che comprende i 13 membri dell’OPEC guidati dai sauditi e dieci produttori con a capo la Russia.
Ecco cosa sappiamo finora:
In una dichiarazione di ieri, la National Food and Strategic Reserves Administration cinese ha reso noto che il paese sta attingendo alle sue riserve di greggio “per allentare la pressione dell’aumento dei prezzi delle materie prime”. L’agenzia non ha offerto ulteriori dettagli, ma persone informate dei fatti hanno riferito a Bloomberg che la dichiarazione si riferisce ai milioni di barili che il governo ha offerto a metà luglio.
Per chi l’avesse dimenticato, le notizie di circa due mesi fa suggerivano che la Cina aveva cominciato a rallentare gli acquisti di greggio, proprio come aveva fatto precedentemente con le importazioni di rame. Ma lo sconvolgimento sul mercato del greggio allora era stato minimo e la storia si era spenta nel giro di un paio di giorni, consentendo ai prezzi del greggio di riprendere la traiettoria al rialzo dopo un breve calo.
La Cina lascia intendere che l’uso delle scorte potrebbe durare per un po’
Stavolta, però, l’agenzia cinese ha voluto far pesare le sue intenzioni ed ha elaborato il messaggio in un modo ben ponderato. Ha detto che il “normale” passaggio al greggio delle riserve statali è “un importante modo perché le riserve giochino il loro ruolo nel bilanciare il mercato”, indicando che potrebbe continuare a rendere disponibili dei barili. Per sicurezza, l’agenzia ha dichiarato che rendere disponibili le riserve nazionali di greggio sul mercato tramite aste aperte “stabilizzerà meglio l’equilibrio nazionale di scorte e domanda”.
È chiaro perché Pechino sta facendo così. L’impennata dei costi degli energetici in Cina, non solo del greggio, ma anche di carbone e gas naturale, e la carenza di elettricità in alcune province sta già costringendo alcune fabbriche a tagliare la produzione. E l’inflazione sta rapidamente salendo, un bel grattacapo politico per Pechino.
L’inflazione alle fabbriche cinese è accelerata al massimo di 13 anni ad agosto, appena un mese dopo che la Casa Bianca aveva pubblicamente chiesto all’OPEC+ di produrre più greggio sulla scia dell’aumento dei prezzi della benzina negli Stati Uniti. Insieme, le azioni di Pechino e Washington suggeriscono che i due maggiori consumatori mondiali di energia considerano il livello di 70-75 dollari una linea rossa per il prezzo del greggio. E, ad aggiungersi allo stress dei due paesi, l’uragano Ida ha gravemente danneggiato la produzione petrolifera statunitense da fine agosto, pesando sulle forniture alla cinese Unipec.
La Cina spesso mantiene il segreto sull’esatta quantità di barili che ha in magazzino. Gli ultimi dati pubblici sulle cosiddette SPR (Strategic Petroleum Reserve, riserve petrolifere strategiche), sono stati resi noti nel 2017, rivelando una capacità di riserva totale di 37,73 milioni di metri cubi, o 237,66 milioni di barili di greggio.
Secondo Energy Aspects Ltd, si stima che il più grande importatore di greggio al mondo abbia accumulato una scorta di 220 milioni di barili nello scorso decennio. La scorta è diversa dai livelli di USA ed Europa, che vengono utilizzati solo nei periodi di interruzione delle forniture e guerre. La Cina invece è intenzionata ad utilizzarle per cercare di influenzare il mercato.
Morale della favola: l’immenso potere della Cina nell’influenzare sia la domanda che il prezzo del greggio non dovrebbe essere preso alla leggera.
Allo stesso modo, non si dovrebbero ignorare nemmeno la determinazione dell’OPEC+ di non voler permettere un altro tonfo del prezzo del greggio e l’imminente domanda invernale di combustibile per il riscaldamento.
Nota: Barani Krishnan utilizza una varietà di opinioni oltre alla sua per apportare diversità alla sua analisi di ogni mercato. Per neutralità, a volte presenta opinioni e variabili di mercato contrarie. Non ha una posizione su nessuna delle materie prime o asset di cui scrive.