Ormai è dato per assodato che a governare nel bene e nel male questo Bear Market, sia la Federal Reserve e la sua politica di aumento tassi di interesse. Il prossimo, atteso per novembre, dovrebbe essere dello 0.75%, il più alto delle previsioni, dal momento che il mercato del lavoro, ancora una volta, si è mostrato molto robusto (tasso di disoccupazione 3.5%, uno dei più bassi di sempre, e 263 mila posti di lavoro creati contro i 250 mila attesi).
Come possiamo notare dalla curva dei tassi, in USA il picco dovrebbe essere raggiunto nella primavera 2023 (tra marzo ed aprile) per poi iniziare a calare.
Dunque da questo punto di vista ancora non siamo al termine del ciclo di rialzi. Ma sappiamo anche, che il dato chiave monitorato dalla Fed è quello legato all’inflazione, e la data chiave da segnare in calendario questa settimana è il 13 ottobre, ore 14.30 italiane.
In particolare, sia l’indice IPC (indice dei prezzi al consumo, IPC terza e quarta riga) che quello dell’inflazione core (prime due righe, al netto delle componenti più volatili) saranno fondamentali non solo per la Fed, ma anche per monitorare la reazione dei mercati (qualora fossero inferiori alle attese potremmo assistere ad un rimbalzo e viceversa).
La cosa che sappiamo, è che al momento il mercato si trova in situazione (a livello soprattutto di sentment) di ipervenduto, anche se in molti casi le posizioni su ETF e principali strumenti di raccolta del risparmio, ancora non hanno registrato deflussi tali da causare un vero e proprio crollo (impossibile sapere se ciò avverrà oppure no).
Ricordando in ogni caso durata e cali dei principali Bear Market, la cosa migliore da fare per un investitore credo sia quella di ragionare ancora una volta per scenari, costruendo 2-3 ipotesi (peggiorative, neutre, migliorative) ed adattando i suoi portafogli di conseguenza.
Alla prossima!
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