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L'anno che verrà all'insegna della volatilità?

Pubblicato 21.11.2022, 08:54

“L'anno vecchio è finito, ormai ma qualcosa ancora qui non va” (Lucio Dalla)

I principali uffici studi iniziano a diffondere le previsioni per il prossimo anno. Interessante il parere di Neuberger Berman secondo il quale nel 2023 si ritornerà verso una “vecchia normalità”, ovvero verso la situazione precedente al 2008 o perfino precedente al 2000 caratterizzata da un minor grado di globalizzazione, da inflazione, tassi e costo del capitale strutturalmente più elevati e valutazioni degli asset finanziari strutturalmente più basse. Eric L. Knutzen Chief Investment Officer—Multi-Asset Class di Neuberger Berman spiega come assisteremo molto probabilmente al picco dell’inflazione, dell’inasprimento delle politiche monetarie, dei rendimenti obbligazionari e della volatilità di mercato, e registreremo dei minimi per quanto riguarda la crescita del PIL, degli utili aziendali e delle valutazioni di mercato. Si tratta solo di un parere, e monitoreremo la diffusione di altre previsioni per cercare di fare sintesi tra le diverse posizioni, prima della fine dell’anno.

L’Europa s’è desta

La settimana appena conclusa ha confermato la tendenza di divegenza tra i listini europei e quelli statunitensi. Il Dax ad esempio, con un balzo dell’1,5% sta avvicinando la parità da inizio anno, mentre l’S&P 500 ha perso quasi l’1% portando il ribasso da gennaio al 17%. L’Europa che sovraperforma Wall Street potrebbe essere il tema di investimento dell’anno che verrà, una tendenza che trova conferma anche nel rapporto euro/dollaro, con la moneta del vecchio continente sui massimi da 3 mesi, da un paio di settimane stabilmente sopra la parità nonostante un gap di 200 punti base tra i tassi di interesse. Attenzione quindi al calendario economico di questa settimana che ha il proprio d-day nella giornata di mercoledì quando verranno diffusi numerosi dati sia in Europa che negli Usa. Si parte alle 9:30 con l’indice dei direttori degli acquisti del settore manifatturiero in Germania a novembre, si prosegue alle 14:00 in Usa con il dato sui nuovi permessi di costruzione, gli ordinativi di beni durevoli a ottobre, e le richieste settimanali di sussidi di disoccupazione. Alle 16 invece sarà la volta delle vendite di nuove abitazioni e delle scorte di petrolio greggio. Infine alle 20 saranno diffuse le minute dell’ultima riunione del direttivo della Fed. Giovedì alle 10 sarà invece la volta dell’indice IFO sulla fiducia delle aziende tedesche e alle 13:30 le minute del direttivo della Bce, a seguire il discorso di Schnabel, falco del consiglio della BCE. Venerdì infine alle 9:00 il dato sul Pil tedesco nel terzo trimestre (atteso +0,3%).

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Tra falchi e colombe

Lo scontro tra falchi e colombe all’interno dei direttivi delle banche centrali è il game changer dei mercati azionari e obbligazionari. Per questo gli investitori sono attenti ad ogni segnale di carattere macroeconomico che possa delineare con chiarezza il raggiungimento del picco dell’inflazione e il rallentamento dell’economia. Eventi che mitigherebbero l’impatto dei commenti "hawkish" espressi la scorsa settimana dal presidente della Fed di St. Louis, James Bullard, che hanno alimentato timori di un aumento aggressivo dei tassi di interesse da parte della banca centrale frenando il rialzo di Wall Street. L’aumento di 75 punti base da parte della Fed in occasione della riunione di dicembre è purtroppo, ancora sul tavolo. Mentre un aumento di “soli” 50 punti, favorirebbe il rally di fine anno.

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Concordo in pieno sul ritorno alla vecchia normalità.
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