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Le banche centrali globali vanno avanti a 3 velocità, Fed nel mezzo

Pubblicato 07.02.2022, 15:30
Aggiornato 02.09.2020, 08:05

La politica monetaria al momento sta andando a tre velocità. La più veloce è la Banca d’Inghilterra, che giovedì ha alzato il tasso di riferimento di un quarto di punto per il secondo vertice di fila, evitando per poco un aumento di mezzo punto desiderato da quattro dei nove membri della sua Commissione di Politica Monetaria.

Al secondo posto la Federal Reserve USA, che ha promesso di cominciare ad alzare i tassi il mese prossimo, concluderà il programma di acquisti di asset e smetterà di reinvestire i bond in scadenza nel corso dell’anno.

Chiude la fila la Banca Centrale Europea: la Presidente Christine Lagarde ha finalmente abbandonato la sua ostinata resistenza alla lotta all’inflazione ed ha aperto alla possibilità di un aumento dei tassi prima o poi, forse, quest’anno.

Intanto, l’inflazione schizza. Nel Regno Unito, l’inflazione annua ha toccato il 5,4% a dicembre, il tasso più alto in quasi 30 anni e la Banca d’Inghilterra stima un picco del 7,25% ad aprile. La banca centrale ha anche reso noto che comincerà a ridurre il suo portafoglio di bond il mese prossimo e che smetterà di reinvestire una parte dei suoi 875 miliardi di sterline (1,18 mila miliardi di dollari) di asset.

Nella zona euro, l’inflazione è arrivata al 5,1% sull’anno a gennaio, un nuovo record per il blocco della moneta unica, rispetto al 5% del mese prima ed alle attese di appena il 4,4% per gennaio. La Presidente della BCE Christine Lagarde ha ammesso il rischio di inflazione, durante la conferenza stampa post-vertice giovedì:

“Rispetto alle nostre aspettative di dicembre, i rischi di inflazione sono inclinati al rialzo, soprattutto sul breve periodo. Se le pressioni sui prezzi dovessero tradursi in aumenti dei compensi maggiori del previsto o se l’economia dovesse tornare più rapidamente alla piena capacità, l’inflazione potrebbe rivelarsi più alta”.

L’economista di Harvard Larry Summers è tornato a parlare di inflazione la scorsa settimana, lodando la mossa della Fed per combattere gli aumenti dei prezzi ma avvertendo che sta comunque procedendo troppo lentamente. In un’intervista alla Harvard Gazette, Summers ha dichiarato:

“Penso che più ritarderemo nell’essere chiari e decisi riguardo all’inflazione, più finirà per essere costoso eliminare l’inflazione dal sistema. Potremmo dover avere a che fare con un’inflazione più alta se aspetteremo ancora, e potremmo dover fare i conti con aspettative sull’inflazione più radicate”.

Gli aumenti di un quarto di punto non basteranno, secondo l’ex segretario al Tesoro. Ammettendo che questa situazione è senza precedenti e che è difficile sapere esattamente come procedere, ha aggiunto: “Storicamente, è stato necessario alzare i tassi di interesse di varie centinaia di punti base, numerosi punti percentuali, per ridurre significativamente l’inflazione”.

I membri della Fed respingono l’idea di un aumento di mezzo punto

I policymaker della Fed, intanto, cercano di mettere a tacere le voci di un aumento di mezzo punto a marzo. Il capo della Fed di Philadelphia Patrick Harker ha detto di non essere convinto che sia necessario un aumento da 50 punti base. Per giustificare un aumento simile, ha spiegato a Bloomberg Television, servirebbe “una bella impennata dell’inflazione, rispetto a dove siamo ora”.

Mary Daly, a capo della Fed di San Francisco, ha reso noto che supporterebbe un aumento di un quarto di punto a marzo, ma che qualunque intervento successivo dovrà attendere i dati. È a favore di un graduale inasprimento per evitare di far deragliare l’economia statunitense.

Il presidente della Fed di Atlanta Raphael Bostic ha fatto velocemente dietrofront sui suoi commenti circa la possibilità di un aumento di mezzo punto, chiarendo che non si tratta della sua “opzione preferita per il prossimo vertice”. La sua idea è ancora di tre aumenti da un quarto di punti quest’anno, come ha riferito in un’intervista a Yahoo (NASDAQ:AABA) Finance.

Potrebbero cambiare idea quando arriverà il dato sull’indice sui prezzi al consumo giovedì, con le stime medie che indicano un aumento su base annua del dato generale al 7,3% a gennaio, mentre l’indice IPC core, che esclude i prezzi di alimentari ed energetici, dovrebbe segnare quota 5,9%.

Michelle Bowman è l’unico membro del consiglio dei governatori con sede a Washington che terrà un discorso questa settimana, con la Commissione Bancaria al Senato che non voterà sulla nomina del Presidente Jerome Powell ad un secondo mandato e sulla promozione di Lael Brainard a vicepresidente prima del 15 febbraio.

Il presidente della commissione Sherrod Brown ha anche programmato le votazioni per tre nuovi membri del consiglio lo stesso giorno.

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alla fine Larry Summers è sempre quello più lucido
un bel po' di inflazione brucia la debiti pubblici fa felici i governanti rovina gli investitori
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