Alcune persone vedono un'impresa privata come una tigre feroce da uccidere subito, altri come una mucca da mungere, pochissimi la vedono com'è in realtà: un robusto cavallo che traina un carro molto pesante (W. Churchill).
Inizia la settimana che vedrà, con tutta probabilità, anche la Fed cominciare a ridurre i tassi di interesse nel meeting del 17-18 prossimi: secondo il FedWatch Tool il 100% dei trader si aspetta una riduzione e di questi il 59% vede un taglio di 25 bps, mentre il 41% un taglio di 50 bps. Visto il trend di crescita economica per quest’anno e per il 205 e la normalizzazione del mercato del lavoro, noi propendiamo per 25 bps.
Anche a livello di dati, la settimana si preannuncia importante per i mercati. Si comincia oggi alle 10:00 con la seconda lettura dell’inflazione italiana MoM di agosto che non dovrebbe riservare sorprese rispetto al +0,2% (dal +0,4% di luglio) della prima lettura e che dovrebbe confermare anche il tendenziale annuo all’1,1% (dall’1,3% di luglio).
Come nuvole minacciose all'orizzonte, le preoccupazioni di una recessione sono emerse con prepotenza nei mercati dei capitali statunitensi, causate dalla debole attività manifatturiera, dal deterioramento delle condizioni del mercato del lavoro e da un settore immobiliare stagnante. Questi segnali di allerta per la crescita continuano a turbare il comportamento dei mercati, guidato dai dati, ma in mezzo a questa nebbia di incertezza, riteniamo fondamentale che gli investitori comprendano la natura unica dell'economia statunitense. O detto in altre termini, che cosa gli investitori continuano a non capire dell’economia statunitense.
La prima cosa da dire è che l'economia americana non è un monolite, o un'entità unica. Piuttosto, è un'entità straordinariamente diversificata e dinamica, un mostro a più teste da 28 trilioni di dollari che pulsa al ritmo di molti settori diversi. Dall'agricoltura, all'aerospaziale, all'energia, alla tecnologia, alla finanza, all'istruzione superiore, ai prodotti farmaceutici, all'intrattenimento e ad una miriade di altri settori in cui gli Stati Uniti rimangono leader mondiali.
Questi settori, a loro volta, si trovano spesso in fasi diverse del ciclo economico, alcuni in calo (rallentamento), mentre altri in crescita (accelerazione). Ad esempio, mentre settori più sensibili ai tassi di interesse come l'edilizia abitativa e la manifattura hanno rallentato quest'anno, l'attività nel settore dei viaggi e del tempo libero, dell'intrattenimento e dei servizi correlati è cresciuta.
La stessa diversificazione la troviamo negli investimenti. Mentre quelli in attrezzature tradizionali sono rimasti stabili per la maggior parte di questo decennio, quelli in software, cloud computing e attività correlate sono aumentati notevolmente. Nel frattempo, quest’anno la spesa dei consumatori ha tenuto grazie all'aumento della domanda da parte delle famiglie con reddito elevato, compensando la debole spesa delle famiglie a basso reddito.
Estendendo l’analisi, vediamo come in vari momenti nel corso dei decenni passati, il settore energetico sia stato in declino, mentre l'edilizia abitativa e il settore automobilistico siano stati in crescita, o viceversa. Ci sono stati periodi in cui i servizi crescevano, mentre i beni rallentavano. Wall Street (finanza) vacillava, mentre Main Street (consumo) prosperava. Nel frattempo, il grande stabilizzatore dell'economia statunitense, l'industria sanitaria, con un valore di 4,5 trilioni di dollari, non ha mai conosciuto una recessione nel periodo post-bellico.
Il punto chiave è che periodiche fasi di rallentamento o contrazione in vari settori dell'economia non sono rare ma di solito non sono abbastanza forti da far crollare l’intera economia nazionale. In altre parole, le recessioni a rotazione sono comuni in un'economia vasta e diversificata come quella degli Stati Uniti, dove l’economia non è limitata ad un solo settore. Da non sottovalutare che settori o attività specifici degli Stati Uniti superano la produzione manifatturiera di molte nazioni.
In termini di diversità economica, infatti la base eterogenea dell'economia americana si distingue rispetto a paesi in cui quasi l'intera economia dipende da un singolo settore, come la propensione della Germania per la manifattura, i produttori di materie prime o agricoli in America Latina o la produzione dedicata di semiconduttori di Taiwan. Il Giappone e la Corea del Sud sono ancora invece fortemente legati all'elettronica di consumo e all'industria automobilistica. L'economia cinese si regge invece sugli investimenti in capitale e sul settore immobiliare.
Detto questo, anche i consumatori americani si differenziano da quelli degli altri paesi. Gli investitori non dovrebbero quindi pensare al consumatore statunitense come ad un'entità unica. Non tutti i consumatori sono infatti uguali. Mentre i consumatori delle famiglie a basso reddito sentono la pressione dei prezzi più alti, le famiglie ad alto reddito sono in condizioni migliori e continuano a spendere, sostenendo livelli di consumo personale superiori alle aspettative.
Consideriamo per esempio i seguenti dati:
· solo il 4,4% delle famiglie statunitensi rappresenta il 15% del consumo personale totale;
· Il 10% delle famiglie più ricche è responsabile del 21,5% del consumo totale, più della somma del 30% delle famiglie meno abbienti;
· Il 10% delle famiglie con reddito più basso destina quasi il 75% delle proprie spese ai beni essenziali come cibo, alloggio e trasporti, rispetto al 55% del 10% delle famiglie più ricche;
· Il 10% delle famiglie più povere ha un debito sulle carte di credito pari all'85% del reddito mensile, rispetto a meno del 10% per il 10% delle famiglie più ricche;
· Il patrimonio netto delle famiglie statunitensi ha raggiunto un record di 160,8 trilioni di dollari nel primo trimestre del 2024;
· Sebbene il 58% delle famiglie statunitensi possieda azioni, l'1% più ricco delle famiglie possedeva 16,3 trilioni di dollari in azioni societarie e quote di fondi comuni di investimento nel primo trimestre del 2024, pari al 38% del totale;
· In termini di risparmi, il 40% delle famiglie più povere ha risparmi negativi, mentre il 97% delle famiglie nel 20% più ricco della distribuzione del reddito ha risparmi positivi.
In questo contesto, il vero significato della frase "consumatore statunitense" è un po' più sfumato e differenziato di quanto comunemente si creda. Questo consumatore potrebbe essere sia il lavoratore che fatica, con due lavori, a far quadrare i conti a causa dell'aumento dell'affitto, dei costi alimentari e delle assicurazioni, sia il lavoratore salariato che possiede una casa il cui valore è aumentato negli ultimi anni, insieme ad un conto pensionistico che è cresciuto insieme agli indici di mercato.
L’ultima riflessione che vorremmo fare è sulle recessioni. Queste sono comuni e fanno parte del dinamico ciclo economico statunitense. Gli Stati Uniti, secondo il National Bureau of Economic Research (NBER), hanno vissuto 12 recessioni nel periodo post-bellico. Le cause o i fattori scatenanti variano, spaziando dagli effetti di politiche monetarie e/o fiscali restrittive a shock esogeni, come la crisi del petrolio del 1973.
Le recessioni non durano a lungo. Sono più transitorie che strutturali o terminali. La recessione più lunga del periodo post-bellico è durata 18 mesi, associata alla Grande Crisi Finanziaria del 2008/2009. La più breve è stata la contrazione legata alla pandemia tra febbraio e aprile 2020. In media, le recessioni durano poco più di 10 mesi. Guardando al lungo termine, il tasso di crescita dell'economia statunitense nel periodo post-bellico è straordinario: dal 1945, l'economia statunitense è stata in recessione solo il 13% del tempo, mentre è cresciuta per l'altro 87%.
Le recessioni sono periodi di reset/rivitalizzazione che spesso lasciano l'economia più forte alla fine della contrazione. Nulla è più emblematico della "distruzione creativa" dell'economia statunitense di una recessione. Se vogliamo, le recessioni eliminano aziende più deboli o zombie, riducono la capacità in eccesso, incoraggiano l'innovazione e aprono la strada ad imprese o settori più sani per guidare la crescita futura.
In sintesi. Diversa e dinamica è il modo migliore per descrivere un'economia che produce oltre il 25% della produzione mondiale con solo il 4,2% della popolazione mondiale. Vale la pena ricordarlo mentre i mercati e l'economia affrontano la volatilità legata ai cambiamenti di politica monetaria della Fed, alle incertezze politiche sulle elezioni di novembre e ai rischi geopolitici, sempre presenti.
Rimaniamo quindi ottimisti sulle azioni statunitensi e crediamo che al centro della costruzione del portafoglio debbano esserci asset statunitensi.
Inizia la settimana che vedrà, con tutta probabilità, anche la Fed cominciare a ridurre i tassi di interesse nel meeting del 17-18 prossimi: secondo il FedWatch Tool il 100% dei trader si aspetta una riduzione e di questi il 59% vede un taglio di 25 bps, mentre il 41% un taglio di 50 bps. Visto il trend di crescita economica per quest’anno e per il 205 e la normalizzazione del mercato del lavoro, noi propendiamo per 25 bps.
Anche a livello di dati, la settimana si preannuncia importante per i mercati. Si comincia oggi alle 10:00 con la seconda lettura dell’inflazione italiana MoM di agosto che non dovrebbe riservare sorprese rispetto al +0,2% (dal +0,4% di luglio) della prima lettura e che dovrebbe confermare anche il tendenziale annuo all’1,1% (dall’1,3% di luglio).
Come nuvole minacciose all'orizzonte, le preoccupazioni di una recessione sono emerse con prepotenza nei mercati dei capitali statunitensi, causate dalla debole attività manifatturiera, dal deterioramento delle condizioni del mercato del lavoro e da un settore immobiliare stagnante. Questi segnali di allerta per la crescita continuano a turbare il comportamento dei mercati, guidato dai dati, ma in mezzo a questa nebbia di incertezza, riteniamo fondamentale che gli investitori comprendano la natura unica dell'economia statunitense. O detto in altre termini, che cosa gli investitori continuano a non capire dell’economia statunitense.
La prima cosa da dire è che l'economia americana non è un monolite, o un'entità unica. Piuttosto, è un'entità straordinariamente diversificata e dinamica, un mostro a più teste da 28 trilioni di dollari che pulsa al ritmo di molti settori diversi. Dall'agricoltura, all'aerospaziale, all'energia, alla tecnologia, alla finanza, all'istruzione superiore, ai prodotti farmaceutici, all'intrattenimento e ad una miriade di altri settori in cui gli Stati Uniti rimangono leader mondiali.
Questi settori, a loro volta, si trovano spesso in fasi diverse del ciclo economico, alcuni in calo (rallentamento), mentre altri in crescita (accelerazione). Ad esempio, mentre settori più sensibili ai tassi di interesse come l'edilizia abitativa e la manifattura hanno rallentato quest'anno, l'attività nel settore dei viaggi e del tempo libero, dell'intrattenimento e dei servizi correlati è cresciuta.
La stessa diversificazione la troviamo negli investimenti. Mentre quelli in attrezzature tradizionali sono rimasti stabili per la maggior parte di questo decennio, quelli in software, cloud computing e attività correlate sono aumentati notevolmente. Nel frattempo, quest’anno la spesa dei consumatori ha tenuto grazie all'aumento della domanda da parte delle famiglie con reddito elevato, compensando la debole spesa delle famiglie a basso reddito.
Estendendo l’analisi, vediamo come in vari momenti nel corso dei decenni passati, il settore energetico sia stato in declino, mentre l'edilizia abitativa e il settore automobilistico siano stati in crescita, o viceversa. Ci sono stati periodi in cui i servizi crescevano, mentre i beni rallentavano. Wall Street (finanza) vacillava, mentre Main Street (consumo) prosperava. Nel frattempo, il grande stabilizzatore dell'economia statunitense, l'industria sanitaria, con un valore di 4,5 trilioni di dollari, non ha mai conosciuto una recessione nel periodo post-bellico.
Il punto chiave è che periodiche fasi di rallentamento o contrazione in vari settori dell'economia non sono rare ma di solito non sono abbastanza forti da far crollare l’intera economia nazionale. In altre parole, le recessioni a rotazione sono comuni in un'economia vasta e diversificata come quella degli Stati Uniti, dove l’economia non è limitata ad un solo settore. Da non sottovalutare che settori o attività specifici degli Stati Uniti superano la produzione manifatturiera di molte nazioni.
In termini di diversità economica, infatti la base eterogenea dell'economia americana si distingue rispetto a paesi in cui quasi l'intera economia dipende da un singolo settore, come la propensione della Germania per la manifattura, i produttori di materie prime o agricoli in America Latina o la produzione dedicata di semiconduttori di Taiwan. Il Giappone e la Corea del Sud sono ancora invece fortemente legati all'elettronica di consumo e all'industria automobilistica. L'economia cinese si regge invece sugli investimenti in capitale e sul settore immobiliare.
Detto questo, anche i consumatori americani si differenziano da quelli degli altri paesi. Gli investitori non dovrebbero quindi pensare al consumatore statunitense come ad un'entità unica. Non tutti i consumatori sono infatti uguali. Mentre i consumatori delle famiglie a basso reddito sentono la pressione dei prezzi più alti, le famiglie ad alto reddito sono in condizioni migliori e continuano a spendere, sostenendo livelli di consumo personale superiori alle aspettative.
Consideriamo per esempio i seguenti dati:
· solo il 4,4% delle famiglie statunitensi rappresenta il 15% del consumo personale totale;
· Il 10% delle famiglie più ricche è responsabile del 21,5% del consumo totale, più della somma del 30% delle famiglie meno abbienti;
· Il 10% delle famiglie con reddito più basso destina quasi il 75% delle proprie spese ai beni essenziali come cibo, alloggio e trasporti, rispetto al 55% del 10% delle famiglie più ricche;
· Il 10% delle famiglie più povere ha un debito sulle carte di credito pari all'85% del reddito mensile, rispetto a meno del 10% per il 10% delle famiglie più ricche;
· Il patrimonio netto delle famiglie statunitensi ha raggiunto un record di 160,8 trilioni di dollari nel primo trimestre del 2024;
· Sebbene il 58% delle famiglie statunitensi possieda azioni, l'1% più ricco delle famiglie possedeva 16,3 trilioni di dollari in azioni societarie e quote di fondi comuni di investimento nel primo trimestre del 2024, pari al 38% del totale;
· In termini di risparmi, il 40% delle famiglie più povere ha risparmi negativi, mentre il 97% delle famiglie nel 20% più ricco della distribuzione del reddito ha risparmi positivi.
In questo contesto, il vero significato della frase "consumatore statunitense" è un po' più sfumato e differenziato di quanto comunemente si creda. Questo consumatore potrebbe essere sia il lavoratore che fatica, con due lavori, a far quadrare i conti a causa dell'aumento dell'affitto, dei costi alimentari e delle assicurazioni, sia il lavoratore salariato che possiede una casa il cui valore è aumentato negli ultimi anni, insieme ad un conto pensionistico che è cresciuto insieme agli indici di mercato.
L’ultima riflessione che vorremmo fare è sulle recessioni. Queste sono comuni e fanno parte del dinamico ciclo economico statunitense. Gli Stati Uniti, secondo il National Bureau of Economic Research (NBER), hanno vissuto 12 recessioni nel periodo post-bellico. Le cause o i fattori scatenanti variano, spaziando dagli effetti di politiche monetarie e/o fiscali restrittive a shock esogeni, come la crisi del petrolio del 1973.
Le recessioni non durano a lungo. Sono più transitorie che strutturali o terminali. La recessione più lunga del periodo post-bellico è durata 18 mesi, associata alla Grande Crisi Finanziaria del 2008/2009. La più breve è stata la contrazione legata alla pandemia tra febbraio e aprile 2020. In media, le recessioni durano poco più di 10 mesi. Guardando al lungo termine, il tasso di crescita dell'economia statunitense nel periodo post-bellico è straordinario: dal 1945, l'economia statunitense è stata in recessione solo il 13% del tempo, mentre è cresciuta per l'altro 87%.
Le recessioni sono periodi di reset/rivitalizzazione che spesso lasciano l'economia più forte alla fine della contrazione. Nulla è più emblematico della "distruzione creativa" dell'economia statunitense di una recessione. Se vogliamo, le recessioni eliminano aziende più deboli o zombie, riducono la capacità in eccesso, incoraggiano l'innovazione e aprono la strada ad imprese o settori più sani per guidare la crescita futura.
In sintesi. Diversa e dinamica è il modo migliore per descrivere un'economia che produce oltre il 25% della produzione mondiale con solo il 4,2% della popolazione mondiale. Vale la pena ricordarlo mentre i mercati e l'economia affrontano la volatilità legata ai cambiamenti di politica monetaria della Fed, alle incertezze politiche sulle elezioni di novembre e ai rischi geopolitici, sempre presenti.
Rimaniamo quindi ottimisti sulle azioni statunitensi e crediamo che al centro della costruzione del portafoglio debbano esserci asset statunitensi.