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Le sfide della lotta all'inflazione minano la credibilità dei banchieri centrali

Pubblicato 20.06.2022, 15:54
Aggiornato 02.09.2020, 08:05

La credibilità dei banchieri centrali è a rischio, in quanto condannati per aver ignorato l’inflazione per troppo tempo mentre adesso devono cercare di contenerla contro le scommesse a lungo termine.

Sebbene non sia più presidente della Federal Reserve, è stato il lungo servizio di Segretaria al Tesoro Janet Yellen alla Fed di San Francisco e poi al Consiglio dei Governatori di Washington a consolidare la sua reputazione di banchiere centrale prudente.

Non se l’è cavata altrettanto bene nell’arena politica e i suoi commenti di domenica, secondo i quali una recessione né imminente né inevitabile, potrebbero giocarle a sfavore. Un cinico direbbe che tutto ciò che deve fare è esprimere un po’ di rimorso per essersi sbagliata, come ha fatto all’inizio di questo mese per aver sbagliato sull’inflazione.

Il governatore della Fed, Christopher Waller, sta tentando di recuperare un po’ di credibilità dopo essersi accodato per troppo tempo all’opinione pubblica sull’inflazione. Ha dichiarato che la Fed dovrà probabilmente far seguire al rialzo dei tassi di tre quarti di punto a sorpresa della scorsa settimana un altro rialzo a luglio. Come ha dichiarato sabato in occasione di un evento a Dallas:

“Il Federal Open Market Committee ha fatto un altro importante passo verso il raggiungimento del nostro obiettivo di inflazione, aumentando di 75 punti base l’obiettivo del tasso sui Federal Funds. Se i dati rispecchieranno le mie previsioni, sosterrò una mossa simile al vertice di luglio. La Fed è andata all in per ristabilire la stabilità dei prezzi”.

La credibilità del presidente della Fed Jerome Powell è diminuita notevolmente, in quanto è stato il primo ad affermare che l’inflazione fosse transitoria, e il mese scorso ha insistito sul fatto che un rialzo di tre quarti di punto non sarebbe stato necessario e non era qualcosa che i responsabili politici stavano considerando.

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Il Presidente Joe Biden ha passato la patata bollente dell’inflazione a Powell, ed il Presidente della Fed l’ha appioppata alle “forze esterne” e ai “fattori che non possiamo controllare”.

Dunque, i politici USA sembrano piuttosto d’accordo: non è colpa loro.

La BCE si affretta a proporre un nuovo strumento

In Europa, il consiglio direttivo della Banca Centrale Europea ha capito solo ora che un inasprimento della politica monetaria a questo punto avrebbe portato a una maggiore divergenza nei rendimenti dei titoli di Stato, creando una frammentazione tra i membri dell’euro e ampliando lo spread tra i Paesi più deboli e quelli più forti.

La scorsa settimana la BCE ha schiacciato il pulsante rosso e ha tenuto una riunione di emergenza mercoledì. Ha annunciato che i fondi provenienti dalle obbligazioni in scadenza del programma di acquisto d’emergenza per la pandemia saranno reinvestiti in obbligazioni dell’Italia e di altri Paesi altamente indebitati, mentre i maghi della BCE accelereranno le proposte per un nuovo programma di acquisto di asset a sostegno dei Paesi più deboli.

Uno di questi piani prevede di vendere le obbligazioni di Paesi forti come la Germania per acquistare obbligazioni di Paesi come l’Italia, senza rinunciare alla stretta quantitativa ritenuta necessaria per contenere l’inflazione. Questo arbitraggio potrebbe essere annunciato alla riunione politica della BCE di luglio.

Olli Rehn, lo schietto Presidente della banca centrale della Finlandia, ha precisato che sebbene la BCE possa limitare l’aumento dei rendimenti per i Paesi più indebitati della zona euro, questa non potrà risolvere i loro problemi.

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Ad un evento della Fed di Dallas, Rehn ha ricordato a tutti che la BCE ha uno strumento chiamato Outright Monetary Transactions, uno strumento per salvare i paesi membri, ma che non ha mai usato in quanto richiede delle riforme dolorose.

In ogni caso, Rehn ha affermato che la BCE si impegna a preservare l’indipendenza della banca centrale e non lascerà dettare la politica monetaria ai politici.

“Sebbene l’interazione fiscale-monetaria sia una caratteristica fondamentale del coordinamento delle politiche in un’unione valutaria come l’Eurozona, questa non può essere in contraddizione con l’indipendenza delle banche centrali. Siamo pienamente impegnati a prevenire il dominio fiscale - e/o finanziario. Tutte le nostre misure saranno adottate sulla base del nostro mandato, che è quello di salvaguardare la stabilità dei prezzi, e in linea con i nostri obiettivi di politica monetaria”.

Rehn sa bene, tuttavia, che tra i 25 membri del Consiglio direttivo ci sono persone che potrebbero non essere così impegnate a favore di una politica monetaria indipendente.

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