Nonostante la conoscenza degli eventi che hanno portato a spinte rialziste sia di scarso interesse per la gestione del proprio portafoglio in quanto ormai già verificatisi, è bene valutarli per contestualizzare nuovi impieghi di liquidità o per trarne profitto se l’orizzonte risulta essere probabilmente burrascoso.
Nel quadro attuale, i listini si sono tinti fortemente di verde la scorsa settimana per una serie di motivi, a partire dal contesto geopolitico: non c’è pace in Medioriente ma la guerra sembra contenuta tra Israele e Gaza, senza coinvolgimenti esterni. Se mai dovesse esserci una propagazione verso la Siria e l’Iraq, il mercato dimostrerebbe poco interesse.
Un secondo motivo del rimbalzo arriva a livello macro dalla Fed, che si è espressa in materia di politica monetaria, con il FOMC che per la seconda volta consecutiva ha deciso di prendere un’ulteriore pausa dall’inasprimento monetario. Questa decisione era ampiamente attesa dai mercati ed è stata presa all’unanimità da tutti i membri; Powell ha ribadito che non è ancora stata presa alcuna decisione in merito ad una stretta ulteriore e ha aggiunto che sebbene le condizioni finanziarie di siano inasprite, con i rendimenti sovrani che sono stati oggetto di rialzi sostanziali, i membri del FOMC non sono del tutto convinti che la politica sia sufficientemente restrittiva, nonostante gran parte del lavoro sia ormai stato compiuto. La Banca Centrale statunitense si aspetta che l’attuale orientamento in materia di costo del denaro possa portare ad un periodo di “crescita al di sotto del potenziale e un indebolimento delle condizioni del mercato del lavoro”.
Dunque, questione aperta e focus rinviato all’ultima riunione dell’anno prevista per il 13 dicembre, data in cui il FOMC avrà a disposizione nuove proiezioni macroeconomiche aggiornate e nuove indicazioni circa l’andamento dei tassi di interesse.
I futures sui FED funds stimano una probabilità pari circa l’80% che la Fed decida di chiudere l’anno mantenendo ancora una volta invariato il livello dei tassi di riferimento, mentre il 20% punta su un rialzo da 25bps.
Un ulteriore motivo della settimana tinta di verde è dovuto alla Yellen, recentemente molto criticata per non avere approfittato dei tassi vicini a zero nel biennio 2020-21 al fine di emettere massivamente titoli a lunghissima duration. È pacifico che tale operazione avrebbe generato spese per interessi governativi oggi più ridotte. La scelta attuale di emettere titoli a duration brevi potrebbe essere però corretta, con la prospettiva di condizioni più miti che potrebbero ripresentarsi nel medio periodo. In ogni caso l’effetto positivo sui corsi dei titoli lunghi lo si è visto subito e si è trasmesso immediatamente all’azionario, i cui multipli sono funzione dei tassi a lungo termine.
Infine, oltre alla consueta aspettativa del rally di fine anno che vieta ai gestori di fare errori che non potrebbero recuperare, un’ultima motivazione del rialzo recentemente visto è legata ai dati resi pubblici dal modello della FED di Atlanta inerente la velocità di crescita dell’economia americana: si nota un indebolimento dopo un terzo trimestre vigoroso e tale aspetto viene visto dal mercato in maniera positiva, quale un rallentamento indice del soft landing tanto auspicato.
L’eliminazione di rischi di surriscaldamento e conseguentemente dell’applicazione di misure più drastiche da parte della Fed, non piò che essere una nota positiva.
COSA FARE ADESSO SULLO SP500?
In linea con l’articolo della scorsa settimana, il contenimento del future SP500 nel pennone in foto indica di stare in guardia: la sola rottura di una delle due trendline principali darà maggiori certezze sullo scenario di medio termine, ancor oggi altamente instabile.
Allineandosi a tale obiettivo temporale, si ritiene molto rischioso almeno per il momento un “all in” di nuova liquidità nell’azionario, a favore invece di un ingresso graduale. L’obbligazionario con in primis i btp nostrani a lunghissima duration, rappresenta ancora un asset sottovalutato.
Buon Investing!