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L’S&P500 batte il record. Inflazione UK balza all’1%

Pubblicato 19.08.2020, 12:03

L’S&P500 (+0,23%) ha finalmente chiuso sopra il massimo storico segnato a febbraio. Si tratta del rimbalzo più rapido da un mercato ribassista dopo che l’ondata di vendite provocata dalla pandemia aveva annientato più del 20% del suo valore nel primo trimestre dell’anno.

Il Nasdaq ha chiuso in rialzo dello 0,73%.

Sul fronte societario, i risultati del secondo trimestre di Walmart hanno polverizzato le stime degli analisti: le vendite online sono quasi raddoppiate sulla scia dell’accelerazione registrata dal commercio elettronico durante la pandemia. La crescita delle vendite del mese scorso non ha però tenuto il passo dei buoi risultati del T2, per effetto del venire meno degli aiuti governativi e del ritardo dell’accordo sulla prossima tornata di aiuti fiscali.

E buone notizie sono arrivate anche dalla politica: la presidente della Camera Nancy Pelosi ha detto che i democratici potrebbero ridimensionare la dotazione dei loro programmi di stimolo in modo da arrivare a un compromesso con i repubblicani e approvare così il tanto necessario pacchetto di aiuti fiscali e rivedere l’accordo, apportando eventuali modifiche, dopo le elezioni di novembre. I commenti costruttivi di Pelosi hanno fatto piacere agli investitori, che non mostrano nessun segnale di disagio per il vantaggio di Joe Biden su Donald Trump alle imminenti elezioni.

Le notizie dal fronte sino-americano sono meno promettenti. L’azionario cinese è sceso marginalmente dopo che Donald Trump ha ordinato alle università USA di disinvestire dalle società quotate cinesi. L’esacerbarsi delle tensioni fra USA e Cina è ancora motivo di preoccupazione per gli investitori, anche se per ora non sta avendo un impatto cruciale sul sentiment generale. E intanto crescono anche le tensioni fra la Cina e l’Australia, dopo che Pechino ha ordinato un’inchiesta anti-dumping contro le importazioni di vino australiano. L’AUD/USD ha continuano a trovare richieste e la borsa di Sydney (0,75%) ha guadagnato nonostante le tensioni. Ma la Cina è il maggiore partner commerciale dell’Australia, per cui un deterioramento delle relazioni potrebbe pesare molto sull’economia australiana, già devastata dalla pandemia.

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Altrove, il Nikkei ha guadagnato lo 0,20% nonostante la flessione inaspettata, pari al 7,6%, degli ordinativi di macchinari, a fronte di un recupero del 2% previsto dagli analisti. A luglio le esportazioni sono tuttavia calate meno del previsto, anche se lo yen forte continua a costituire un ostacolo alla ripresa della domanda estera di beni giapponesi.

L’attività sui future del FTSE (+0,31%) e del DAX (+0,21%) punta a un avvio da piatto a positivo per mercoledì, dopo l’anonima seduta di scambi di martedì.

La debolezza dell’USD e il calo dei rendimenti USA rimangono i principali catalizzatori sui mercati forex. I verbali della riunione del FOMC, che saranno divulgati oggi, potrebbero spianare la strada a un aggiornamento della politica di forward guidance della Fed a settembre; la politica monetaria potrebbe essere legata a un obiettivo d’inflazione media flessibile, perché si teme che stimoli monetari e fiscali senza precedenti possano far schizzare l’inflazione e destabilizzare il mercato. Tale flessibilità dovrebbe dare un po’ di respiro ai legislatori USA nel caso in cui i prezzi al consumo sfuggissero al controllo a causa di misure politiche eccessive, ma necessarie, per far funzionare l’economia.

L’EUR/USD è salito a 1,1965 sulla scia delle diffuse vendite di USA e la coppia si prepara a testare le offerte cruciali a 1,20, alla luce dell’eccessiva e costante svalutazione del biglietto verde. Non escludiamo la possibilità di un progresso oltre il livello a 1,20, sebbene i livelli attuali non sostengano la valutazione basata sui fondamentali. Anche un minimo ritorno dell’interesse per l’USD potrebbe innescare forti venti contrari per l’EUR/USD e i tori dell’euro si troverebbero in svantaggio.

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Come mostrano i dati sull’inflazione britannica pubblicati stamattina, a luglio i prezzi al consumo sono saliti inaspettatamente dello 0,4% m/m, a fronte del -0,1% previsto dagli analisti, spingendo l’inflazione annua all’1,0% dallo 0,6% del mese precedente. L’accelerazione dell’inflazione e le aspettative di una Banca d’Inghilterra (BoE) colomba hanno incoraggiato un ulteriore rialzo della coppia GBP/USD oltre 1,3260. Il binomio costituito da USD debole e inflazione più solida dovrebbero continuare a dare supporto al trend rialzista della sterlina contro l’USD, anche se gran parte dell’attuale forza del cable è dovuta alla debolezza del dollaro e crescono i rischi di una rapida flessione dal momento che il mercato è inondato da posizioni corte sull’USD.

Per quanto riguarda le materie prime, l’oro non è riuscito a consolidare i rialzi sopra i $2000 e si è stabilizzato appena sotto questo livello in Asia. Anche se l’attuale rally della propensione al rischio frena l’appetito per il metallo giallo nel breve termine, l’USD più conveniente, i bassi rendimenti USA e le crescenti apprensioni legate all’inflazione continuano a sostenere una forte domanda di oro nel medio termine. Gli investitori non sono certi che i prezzi storicamente elevati siano un buon punto d’ingresso per tutelare le posizioni rischiose. I cali di prezzo dovrebbero però attirare chi acquista sui minimi. Il prossimo supporto s’intravede a $1940, livello minore pari al 23,6% del ritracciamento sul rally in corso da marzo ad agosto.

Il greggio WTI rimane stabile appena sotto i $43 al barile. I dati API di ieri hanno mostrato un altro calo, pari a 4,264 milioni di barili, nelle scorte petrolifere USA la scorsa settimana. I dati EIA, più ufficiali, dovrebbero confermare la quarta flessione settimanale consecutiva nelle scorte USA. Gli investitori si concentreranno sulla riunione del Comitato ministeriale congiunto di monitoraggio dell’OPEC di oggi. A luglio l’OPEC e i suoi alleati hanno deciso di ridimensionare i tagli alla produzione sulla scia del miglioramento delle prospettive sulla domanda e non dovrebbero rivedere questa decisione alla riunione di questo mese. Probabilmente il gruppo invierà al mercato un messaggio in cui richiama al rispetto dell’accordo e alla disciplina. Per il momento l’ottimismo del mercato e la propensione al rischio dovrebbero mantenere il prezzo di un barile sopra la media mobile a 200 giorni ($42,50), ma la riluttanza a traghettare il rally oltre questo livello invia segnali di affaticamento e segnala un’imminente correzione al ribasso sul mercato petrolifero.

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