In questi giorni sta facendo discutere la notizia di un possibile prestito a garanzia statale che Fiat sta trattando con il Governo italiano, con il raggiungimento dell'accordo che “riconoscerebbe il ruolo del settore automobilistico nazionale, di cui FCA, insieme ai fornitori e ai partner è il fulcro, nella ripartenza del sistema industriale italiano”, secondo le parole dello stesso gruppo.
Fiat, secondo quanto spiegano dalla società, resterebbe uno dei simboli italiani nel settore, nonostante la sua ormai caratteristica di multinazionale, vista la fusione con Chrysler di qualche anno fa (2014), e la prossima operazione con i francesi di PSA.
Secondo il suo statuto, articolo 2.3, Fiat Chrysler Automobiles (MI:FCHA) ha sede sociale ad Amsterdam, in Olanda, e rappresenta una delle tante società della pattuglia delle italiane che ha scelto il paese dei tulipani quale base fiscale e sociale.
La sede fiscale Fiat, inoltre, è in Gran Bretagna col fine di pagare meno tasse, mentre la scelta olandese riguarda il suo diritto societario, estremamente semplificato rispetto a quello di altre nazioni come l'Italia. Ad esempio, è possibile costituire una holding senza alcuna necessità di assumere dipendenti.
Olanda paradiso fiscale non riconosciuto
Tra i simboli dell'italianità nel mondo ma che hanno scelto di 'fuggire' all'estero, con l'Olanda meta preferita, ci sono Ferrari (MI:RACE), Mediaset (MI:MS), Eni (MI:ENI), Enel (MI:ENEI), Saipem (MI:SPMI), Telecom Italia (MI:TLIT), Illy Caffè, Luxottica (MI:LUX), Cementir Holding (MI:CEMI) (gruppo Caltagirone), Exor (MI:EXOR), Campari (MI:CPRI) nei prossimi mesi, mentre Ferrero ha sede in Lussemburgo.
L'Olanda non rientra nell'elenco dei paradisi fiscali europei ma ogni anno toglie agli altri paesi dell'Unione europea 72 miliardi di profitti: 10 miliardi restano al fisco olandese e il resto alle società multinazionali, secondo stime dell'economista Gabriel Zucman.
Per quanto riguarda l'Italia, ogni anno spariscono profitti per 20 miliardi di euro, sottraendo al fisco italiano 1 miliardo di euro, secondo quanto scrive l'Espresso.
A far scegliere l'Olanda sono soprattutto i prelievi relativi ai dividendi, ai guadagni da cessioni di partecipazioni, interessi incassati da prestiti infragruppo e royalties. Pertanto, le multinazionali stabiliscono nel paese le loro holding e costruiscono strutture di gruppo artificiose per far affluire denaro sotto queste forme.
Per fare un confronto, la ritenuta ordinaria dell'Italia sui dividendi in uscita è pari al 26%, mentre ne sono esenti le società in holding in Olanda. Stesso discorso per le Royalties in uscita (Italia 30% sul 75% delle royalties, esente in Olanda) e per gli interessi in uscita (Italia 26%, esenzione per l'Olanda).
“Destano preoccupazione gli accordi fiscali riservati che i Paesi Bassi, come anche altri Paesi Ue, hanno siglato e continuano a siglare con le imprese multinazionali che verosimilmente permettono di ridurre in modo consistente il livello effettivo di tassazione delle corporation”, spiega Misha Maslennikov, consulente di Oxfam Italia in tema di fisco.
“L’Olanda”, continua Maslennikov, “ha inoltre in essere un ampio network di convenzioni fiscali con altri Paesi che hanno natura particolarmente restrittiva, permettendo un abbattimento significativo delle aliquote sulle ritenute alla fonte per diverse fattispecie di reddito d’impresa che fluiscono verso Amsterdam”.
Si tratta di scelte fatte nella legalità più totale e conosciute da tutti, politici compresi. “L’Olanda è anche tra i Paesi che si avvantaggiano molto del contributo delle imprese italiane”, spiegava il Premier Giuseppe Conte, “perché molte grandi imprese che pure hanno i principali stabilimenti in Italia e ricavano i maggiori profitti nel nostro Paese poi beneficiano della legislazione fiscale olandese, molto più conveniente”
Queste società si sono trasferite tutte a quattro chilometri dal centro di Amsterdam, a Prins Bernhardplein 200, dove ha sede Intertrust, azienda specializzata nella creazione e domiciliazione di società di ogni genere.
Intertrust, infatti, cura gli affari di oltre 2.800 aziende europee e mondiali, con un flusso di denaro che si aggira attorno ai 5.000 miliardi di euro ogni anno.