Dopo 8 anni gli USA rialzano i tassi di riferimento, tranquillizzando comunque i mercati che i prossimi aumenti saranno lenti e graduali. Tutto come previsto dal consensus, e reazione dei mercati molto contenuta, rispettando comunque le direzionalità attese. Piccoli incrementi per l’Europa e una leggera debolezza per gli USA. Si rafforza anche il dollaro, ma senza grandi accelerazioni.
Se ci focalizziamo sugli indici europei principali, questo finale di 2015 è quasi la fotocopia del finale 2014: minimi ad ottobre, un prima reazione e dicembre debole. Poi a gennaio partì una ottima gamba di rialzo fino ad aprile-maggio di quest’anno. Sulla carta vi sono le condizioni affinché tali similitudini possano continuare fino in fondo, per un positiva prima metà del 2016
USA: alla fine piccole variazioni per S&P 500 e Nasdaq, che vanno al rialzo sulla conferma dell’aumento tassi per poi tornare in chiusura al punto di partenza, terminando con una piccola negatività. Certo ora che la normalizzazione dei tassi è avviata, le future debolezze dei dati macro saranno molto amplificate da decrementi dell’indice. Per ora hanno tenuto i supporti di area 2000, che non cambia la fase di stabilizzazione tra 2000 e 2100 attiva da due mesi
Europa: bene l’indice PMI a totale Europa, letto a 53,1 (sopra le attese) e bene anche l’indice ZEW in Germania, anche sopra le attese. Per il Dax prezzi che arrestano il forte arretramento delle due settimane precedenti, reagendo da area 10.000 punti e chiudendo in buon positivo. Per ora una fase di stabilizzazione senza una chiara direzionalità di medio periodo
Italia: meno brillande l’indice italiano, che chiude positivo sopra i 21.000 ma dopo aver rotto anche i 20.500 punti in settimana. Graficamente fornisce una classica candela di indecisione. Naturalmente attenzione ai minimi della settimana (area 20.400), già al 4° test da agosto. Un eventuale abbandono potrebbe portare ad accelerazioni ribassisiste. MACD orientato negativamente e situazione generale che rimane dubbia, seppure in un trend di fondo che rimane rialzista.
Asia: buone notizie dall’Asia con la produzione industriale cinese che torna a crescere oltre le attese (+6,2%). Il Giappone rinforza il suo QE, incrementando l’acquisto su ETF e su bond governativi con scadenze più lunghe. Reazione del Nikkei non brillantissima, testa in settimana una prima importante soglia di supporto, i 18.500 punti. Trend di fondo ancora rialzista, MACD che indica ancora potenzialità di rialzo.
Metalli: Oro ancora debole nonostante una buona reazione sul finale di settimana e tengono per ora i recenti minimi di 1050. Più brillante l’Argento, che termina positivo dopo nuovi minimi, provando anche in questo caso a difendere quota 14. Ancora in negativo gli industriali, nonostante i buoni dati cinesi.
Agricoli: contesto generale ancora debole, oltre allo Zucchero chiude positivamente la settimana solamente la Soia (+2,5%). Siamo sempre in zona minimi pluriennali, ma almeno un tentativo di stabilizzazione. Ma per ora non è stato intaccato il primo livello di resistenza, in area
Energia: scorte settimanali ancora in forte aumento per il Petrolio Greggio e prezzi che abbandonano anche quota 36. Chiudono la settimana a 34,70, in prossimità dei minimi relativi del 2009 (33,40), senza alcun segnale di reazione al momento.
Ancora peggiore se possibile la situazione del Gas naturale (ricordo che è quello americano, utilizzato in buona parte a scopo riscaldamento). Pare che a New York si possa ancora girare in t-shirt a dicembre, e prezzi naturalmente in picchiata (-11,8% solo in settimana). Siamo ora sui minimi a 20 anni, come si evince dall’istantanea di lungo periodo.
EUR/USD: torna blandamente a scendere la coppia dopo l’annuncio senza sorprese dell’aumento tassi USA. Prezzi respinti da una prima resistenza (1,10), con 1,115 resistenza più lontana per il breve periodo. Con questa grafica sempre preferibile una operatività ribassista, ma con stop stretti in funzione dell’approccio . Ora che le banche centrali hanno scoperto le loro carte, per un periodo si tornerà prevalentemente a guardare i dati macroeconomici.
Riccardo Zarfati
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