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Perché altre norme internet sono rialziste per Facebook e ribassiste per i rivali

Pubblicato 02.04.2019, 16:17
Aggiornato 02.09.2020, 08:05
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Sabato, il Washington Post ha pubblicato un editoriale dal titolo “The Internet Needs New Rules. Let’s Start in These Four Areas” (“Internet ha bisogno di nuove norme. Cominciamo da queste quattro aree”). L’aspetto più sorprendente, dato l’argomento, è stato l’autore dell’articolo: l’Amministratore Delegato di Facebook, Mark Zuckerberg.

Quando l’AD di una delle principali cinque aziende tech al mondo esprime quella che sembra essere un’opinione contraria al suo settore, gli investitori dovrebbero essere tutt’orecchi. E quando questo AD chiede apertamente al governo di regolare proprio la compagnia che ha fondato e che dirige, allora vale la pena fare ogni sforzo per capire quale potrebbe essere il piano.

FB Weekly TTM

Facebook (NASDAQ:FB), insieme al suo titolo crollato del 43,5% dal luglio 2018 alla fine di dicembre, è stato bersagliato da una raffica di scandali negli ultimi anni. Durante le elezioni USA del 2016, la compagnia è stata accusata di aver permesso ai bot russi di invadere la piattaforma con propagande e notizie false.

All’inizio del marzo 2018 è scoppiato lo scandalo di Cambridge Analytica, dopo la rivelazione secondo cui l’agenzia avrebbe avuto il permesso di raccogliere i dati di milioni di utenti Facebook a scopo politico. E solo il mese scorso, quando sembrava che il titolo di Facebook, schizzato del 28,6% dall’inizio del 2019, potesse finalmente stare vedendo una ripresa, l’attentatore della moschea in Nuova Zelanda ha usato la piattaforma social per trasmettere in tempo reale l’attacco.

La tempistica e l’argomento pongono Facebook in vantaggio

Non è una coincidenza quindi che la tempistica dell’articolo del weekend sia coincisa con le attuali richieste da parte dei Democratici di cominciare a regolare le Big Tech. Per più di un motivo.

Innanzitutto, l’editoriale è un’offerta di pace mirata ai regolatori e ai privati cittadini che per anni sono stati vessati dalle azioni di Facebook. Secondariamente, dimostrando di accettare il bisogno di una regolamentazione, Facebook si pone in vantaggio, preparandosi a trarre beneficio dalle prossime norme assicurandosi che siano i rivali quelli che ne saranno più danneggiati. Ecco come.

Nell’articolo, Zuckerberg chiede aggiornamenti normativi in quattro aree: contenuti dannosi, integrità elettorale, privacy e portabilità dei dati.

1. Contenuti dannosi. Al momento, cosa significhi con esattezza è poco chiaro. Ciò che offende una persona potrebbe non avere conseguenze su un’altra. Alcuni ritengono che, a meno che delle parole non incitino alla violenza, debbano essere tollerate. Di conseguenza tutto sommato non è una questione che riguarda il governo, ma piuttosto le norme della società. E né Facebook né gli enti regolatori hanno gli strumenti tali per formulare una politica universalmente “giusta”. Zuckerberg afferma che vorrebbe che il governo ordinasse alle compagnie di costruire dei sistemi per “controllare” i contenuti.

Ovviamente, per puro caso Facebook li possiede già. A metà 2017, la compagnia ha assunto più di 3.000 revisori per moderare le dichiarazioni offensive, una mossa che le è costata milioni in ulteriori stipendi. L’imposizione di un simile standard ai rivali, sia esistenti che futuri, peserà sui profitti degli operatori più grossi eliminando completamente quelli più piccoli.

2. Integrità elettorale. Poiché le piattaforme social sono diventate sempre più centrali per i processi di raccolta di informazioni delle persone, l’importanza di questo aspetto è aumentata esponenzialmente. E rappresenta un altro buon esempio di come Zuckerberg abbia chiesto delle norme per un’area in cui Facebook è già ben attrezzata. La piattaforma social divulga già chi sono i suoi inserzionisti e ne controlla i contenuti. La richiesta non è altro che l’ennesimo tentativo di imporre ulteriori misure (e costi aggiunti) ai rivali.

3. Regolamentazione della privacy. L’idea che sia stata proposta da Facebook è quasi ridicola, considerato come sono stati gestiti i dati degli utenti in passato. Ora Zuckerberg chiede ulteriori controlli simili a quelli del Regolamento generale europeo sulla protezione dei dati (GDPR), che consente agli utenti di indicare come possono essere gestiti i propri dati. “Sarebbe un bene per internet se più paesi adottassero dei regolamenti come il GDPR”, ha affermato Zuckerberg, ma soprattutto sarebbe un bene per Facebook, in quanto il rispetto del GDPR è costoso da implementare ed ha già aiutato Google (NASDAQ:GOOGL) e Facebook ad aumentare le loro posizioni di leadership nel tech in Europa. Mentre l’implementazione del GDPR ha ridotto la portata pubblicitaria di Facebook di circa il 7%, le principali 50 aziende di inserzioni tech hanno perso in media il 20% della loro portata con il rispetto del regolamento.

4. Portabilità dei dati. Si tratta della possibilità di spostare i dati da un servizio all’altro. Se dovesse avvenire, i fornitori di servizi sarebbero costretti a condividere i dati gli uni con gli altri, se un utente lo richiedesse. In questo caso, Zuckerberg cerca apertamente di portare avanti il formato standard di trasferimento dati supportato da Facebook, il che costringerebbe gli altri ad adattarsi ad esso, anziché costringere Facebook ad adottare uno standard diverso. Inoltre, l’enorme portata di Facebook ed il suo dominio nelle inserzioni pubblicitarie non farebbero che aumentare con ulteriori dati in arrivo da fonti diverse, con le sue forti capacità di monetizzazione.

Ad essere sinceri, ogni cosa menzionata nel suo articolo avrebbe effettivamente il potenziale di migliorare l’esperienza sui social e la loro influenza sulla società, ma sicuramente non danneggerebbe le attività di Facebook il fatto che queste nuove norme consentano alla compagnia di schiacciare dei rivali, rafforzare la sua posizione già dominante e rinforzare il suo fossato social. In realtà, Zuckerberg aveva già rivelato i suoi piani al Congresso l’aprile scorso, quando ha detto che: “Molte volte, le norme per definizione introducono regole che una compagnia grande e con risorse come le nostre può facilmente seguire ma che possono mettere più in difficoltà una startup più piccola”.

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