La versione originale di questo articolo, in inglese, è stata pubblicata il 22 settembre 2022
Crescono i timori per la situazione della produzione petrolifera USA, soprattutto mentre si avvicinano le sanzioni USA ed UE sul petrolio russo. A meno che Stati Uniti ed Unione Europea non facciano dietrofront, infatti, le sanzioni sul petrolio russo cominceranno il 5 dicembre. Di conseguenza, la domanda di esportazioni petrolifere statunitensi è aumentata.
La produzione USA riuscirà a tenere il passo con la domanda? Diamo un’occhiata alla situazione attuale e ad alcune questioni che influiranno sulla produzione nel breve periodo.
La Energy Information Administration (EIA) al momento stima che la produzione petrolifera statunitense registri una media di 11,8 milioni di bpd nel 2022. La produzione di recente ha superato i 12 milioni di bpd e si è attestata in un range compreso tra 11,9 e 12,2 milioni di bpd tra metà maggio e metà settembre 2022. È un livello vicino alla produzione da record di 12,3 milioni di bpd di inizio 2020. Anche se la produzione ha finalmente raggiunto il livello di 12 milioni, la media per il 2022 è ancora in calo di circa un quinto, rispetto ai livelli del 2019.
Un recente articolo del Wall Street Journal ha evidenziato come molte società petrolifere private operanti nel bacino Permiano siano vicine alla fine di un periodo di alta crescita. Questi produttori sono responsabili di gran parte della crescita della produzione post-pandemia e al momento gestiscono quasi metà degli impianti di trivellazione nella regione. Detengono inoltre circa un quinto dell’area con più valore nel Permiano.
L’analisi del Wall Street Journal, basata sui dati di Enverus, mostra che l’attività di trivellazione nel Permiano sta già rallentando. In effetti, secondo l’analisi, “hanno chiuso molti dei migliori punti di trivellazione e dovranno rallentare il rapido ritmo di trivellazioni mentre le scorte si riducono”. Di conseguenza, sostiene l’analisi, questi produttori probabilmente non produrranno abbastanza da soddisfare la domanda statunitense e quella globale sul lungo termine.
L’EIA al momento prevede che la produzione statunitense aumenterà ad una media di 12,6 milioni di bpd nel 2023. Sarebbe un massimo storico. Tuttavia, questa stima si basa su una continua crescita della produzione nel bacino Permiano. Se la crescita della produzione nel Permiano verrà diminuita, difficilmente gli Stati Uniti arriveranno a quel livello.
Tuttavia, secondo Dean Foreman, capo economista dell’API, non mancano aree di trivellazione di qualità. In un’intervista con lui lunedì per il podcast Energy Week che co-conduco, ha spiegato che “abbiamo le risorse, le rocce sono buone. Non mancano i punti buoni da trivellare”. Piuttosto, i problemi principali che frenano la crescita della produzione sono le limitazioni della forza lavoro, i ritardi nelle filiere, questioni finanziarie e politiche energetiche.
L’accesso ai mercati capitali resta un problema per le compagnie che non possono o non vogliono autofinanziare progetti di trivellazione. I pozzi scavati ma non completati (DUC) cominciano ad accumularsi in alcune regioni, per penuria di squadre di trivellazione. Malgrado l’esplicito supporto per un aumento della produzione energetica nazionale da parte della Casa Bianca, non ci sono stati cambiamenti sostanziali nelle politiche che frenano la costruzione di infrastrutture e il processo di concessione dei permessi. Inoltre, i dazi sull’acciaio del governo Trump restano in vigore e continuano a rendere difficile ai produttori energetici ottenere il materiale.
La morale per i trader è che le previsioni EIA per il 2023 sono probabilmente eccessivamente ottimistiche date le limitazioni che devono affrontare i produttori nelle regioni più produttive degli USA. Ma la questione non è una mancanza di petrolio accessibile, quanto piuttosto una sequela di limitazioni sui produttori che sta creando un contesto in cui la crescita è più difficile che mai.