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Petrolio: torna a pesare l’inflazione, in attesa di Powell e dei dati sull’occupazione

Pubblicato 06.03.2023, 15:30
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  • I mercati affrontano il doppio rischio di Powell e del report sull’occupazione USA
  • I discorsi di Powell al Congresso e al Senato saranno seguiti per indizi su economia/inflazione
  • Per il petrolio, pesa anche l’ulteriore incertezza per la Cina
  • Il report sull’occupazione USA dovrebbe mostrare un aumento di 200.000 unità a febbraio rispetto alle 517.000 di gennaio; potrebbe sorprendere
  • Due dei più seguiti elementi sui mercati finanziari (le parole del Presidente della Federal Reserve e i dati mensili sull’occupazione USA) sono entrambi in agenda questa settimana, facendo aumentare la cautela per gli scambi, compresi quelli del petrolio.

    I prezzi del greggio scendono negli scambi della mattinata asiatica di questo lunedì, in vista di una serie di indicazioni sulla politica monetaria USA attese nei discorsi al Congresso e al Senato di Powell domani e mercoledì, nonché del report sull’occupazione non agricola di febbraio di venerdì.

    Sul petrolio pesa inoltre la stima sul PIL più debole del previsto in Cina, che ha smorzato l’ottimismo per la ripresa della domanda di greggio quest’anno.

    Nel weekend il governo cinese ha infatti reso noto che vede una crescita economica del 5% quest’anno, in salita dal 3% del 2022, un dato però considerato più debole rispetto alle stime degli analisti.

    Queste prospettive deboli per l’economia cinese hanno minato l’idea che una ripresa farà salire la domanda petrolifera ai massimi storici quest’anno.

    Questa settimana sono attesi altri dati cinesi su inflazione e commercio.

    John Kilduff, socio dell’hedge fund di energetici Again Capital a New York, afferma:

    “I long sul petrolio hanno scommesso tutto sulla domanda cinese e, se questa storia non dovesse realizzarsi, allora potremmo tornare ai minimi del range”.

    Il minimo potrebbe essere tra 73 e 70 dollari per il West Texas Intermediate scambiato a New York, che si attestava a 79,03 dollari al barile alle 08:00 CET, in calo di 65 centesimi, o dello 0,8%. Il riferimento statunitense è salito del 4,4% la scorsa settimana.

    Il Brent scambiato a Londra si attestava a 85,10 dollari, in calo di 73 centesimi, o dello 0,9%. Il riferimento globale ha chiuso la scorsa settimana in salita del 3,7%.

    I commenti di Powell al Congresso e al Senato saranno seguiti da vicino per indicazioni sull’eventualità che venga considerato un aumento maggiore questo mese, dopo i recenti dati da cui è emersa un’inflazione ancora persistente. Powell ha dichiarato che il report sull’occupazione di gennaio ha dimostrato perché la lotta all’inflazione “durerà per un bel po’ di tempo”.

    Il report sull’occupazione di febbraio di venerdì sarà l’ultimo prima della riunione della Fed del 21-22 marzo e sarà ancor più importante dopo il report di gennaio che ha spinto gli investitori a rivalutare le aspettative sull’andamento futuro dei tassi di interesse.

    Le attese sono di un aumento di 200.000 posti di lavoro il mese scorso, in moderazione dai ben 517.000 di gennaio, mentre il tasso di disoccupazione dovrebbe restare stabile al minimo di oltre cinque anni del 3,4%.

    Un altro report più forte del previsto potrebbe scatenare i timori di un’azione più aggressiva della Fed: una domanda forte sul mercato del lavoro spinge la crescita dei compensi, che contribuisce ad un’inflazione più alta, e quindi la banca dovrà alzare i tassi ancora di più.

    L’indice sui prezzi al consumo, una misura dell’inflazione, ha toccato il massimo di 40 anni del 9,1% sull’anno a giugno. Da allora si è poi moderato ad una crescita annua del 6,4% a gennaio, ma resta ben al di sopra dell’obiettivo della Fed di appena il 2% all’anno.

    Per cercare di domare la crescita dei prezzi, la Fed ha aggiunto 450 punti base ai tassi di interesse dal marzo dello scorso anno, tramite otto interventi. Prima, i tassi erano pari a quasi zero, dopo la pandemia di coronavirus del 2020.

    Le aspettative sui tassi per la riunione della Fed del 22 marzo erano perlopiù per 25 punti base fino a venerdì, anche se potrebbero cambiare per l’insistenza dei “falchi” di una politica più inasprita.

    Afferma Kilduff:

    “I numeri sull’occupazione statunitense sorprendono al rialzo mese dopo mese e c’è la possibilità che febbraio possa sconvolgerci ancora. Se così dovesse essere, le aspettative sui tassi saranno nuovamente inclinate verso l’alto e gli asset di rischio soffriranno. Il petrolio non è sicuramente fuori pericolo”.

    Nota: Barani Krishnan utilizza una varietà di opinioni oltre alla sua per apportare diversità alla sua analisi di ogni mercato. Per neutralità, a volte presenta opinioni e variabili di mercato contrarie. Non ha una posizione su nessuna delle materie prime o asset di cui scrive.

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