Dalla nascita dell’euro, in Italia non c’è mai stato un periodo con così tanta divergenza tra il tasso di inflazione e il rendimento del nostro decennale. I motivi possono essere molti, ma uno in particolare sembra svettare sugli altri: la BCE. Dal 2014, la BCE non ha mai smesso di comprare Bond governativi ed ha sostanzialmente ridotto artificialmente lo spread 10Y-Inflazione portandolo addirittura in territorio negativo (oltre -5%) nel 2022.
Il contesto attuale sembra non rappresentare più un mercato “libero” in quanto la BCE detiene oltre il 25% del nostro debito pubblico (in Germania anche di più) e al momento non sembra intenzionata a ridurlo.
Che impatti sull'immobiliare?
Dall’altro canto però, come le condizioni di finanziamento sono favorevoli per i governi centrali, lo sono, di rimando, anche per i consumatori che, ad esempio, devono richiedere un mutuo per acquistare un immobile.
Ad oggi la situazione però sta cambiando: i rendimenti dei titoli di stato sono aumentati fino al 4% ad un ritmo anche abbastanza veloce, così come sono aumentati i tassi dei mutui a ritmi similari. L’IRS a 30 anni, uno dei principali indicatori per il calcolo del tasso finito dei mutui a 30 anni, è infatti passato dallo 0,2% di dicembre 2021 al 2% attuale, per un aumento di 180 punti base in meno di un anno.
Mentre quindi per un mutuo di 150.000€ nel 2021, con un tasso fisso all’1% avremmo dovuto pagare una rata mensile intorno ai 480€, per lo stesso mutuo, nel 2022, con un tasso fisso al 2,8% dovremmo pagare oltre 620€ al mese: un aumento di circa il 30%.
Ciò che però è ancor più rilevante, è l’impatto che ciò può generare sul prezzo degli immobili: a parità di rata (480€ al mese, considerato che le capacità reddituali non sono aumentate in modo così rilevante nel corso di 8 mesi) gli istituti di credito, al tasso del 2,8%, concederanno un finanziamento di circa 115.000€, sostanzialmente inferiore rispetto ai 150.000€ (-20%) che si sarebbero potuti ottenere nel 2021: ciò non potrà che risultare in una riduzione del prezzo degli immobili, una volta che i risparmi personali saranno ridotti all’osso.
Qualora i finanziamenti iniziassero a non essere ripagati, con dei valori di mercato degli immobili in calo, l’ipoteca sugli immobili potrebbe quindi non essere sufficiente per gli istituti di credito a ripagare il capitale residuo del finanziamento.
Infatti, nel caso di un finanziamento all’80% del valore dell’immobile, qualora il prezzo di mercato dovesse scendere del 30%, l’ipotetica perdita su quel finanziamento, soprattutto se nei primi anni, sarebbe nell’intorno del 10%. Cosa potrebbe accadere dopo? Uno scenario simile lo abbiamo avuto nel 2008, con la crisi dei subprime e se è vero che bisogna guardare al passato per capire il futuro, potremmo farci qualche idea tornando indietro nel tempo di 15 anni.