Settimana di attesa per i verdetti delle Banche Centrali, con le comunicazioni della Bank of Japan, FED e Bank of England in rapida successione da domani a giovedì.
In data odierna il focus è rivolto ai dati sull’inflazione dell’Eurozona con riferimento alle elaborazioni di fine febbraio, con l’indice dei prezzi al consumo atteso al 2,6% anno su anno, in calo dal 2,8% precedente.
L’inflazione core, che esclude le componenti volatili di alimentari ed energia, è atteso in flessione dal 3,3% al 3,1% anno su anno.
Per gli appuntamenti sopra riportati ed in particolare per il responso della FED, il mercato non si aspetta variazioni sui tassi di interesse almeno fino a giugno (al momento, range compreso tra il 5,25% e il 5,5%), soprattutto dopo che gli ultimi dati sull’inflazione, misurata dai prezzi alla produzione (PPI), si sono dimostrati ancora resilienti.
Per il CME FedWatch Tool, le probabilità di un taglio del costo del denaro in occasione del meeting del FOMC di giugno sono a circa il 60%, mentre per la riunione di luglio a quasi l’80%.
E’ utile osservare che, con riferimento all’indice dei prezzi al consumo (IPC) relativo al mese di febbraio per l’economia statunitense reso noto lo scorso martedì, è evidente un’inflazione marginalmente più elevata di quanto si attendevano gli economisti.
Nel complesso, i dati relativi all’indice dei prezzi al consumo superiori al previsto evidenziano come un livello di prezzi strutturalmente più elevato stia rendendo meno probabile uno scenario di riduzione dei tassi di interesse da parte della Fed prima della riunione di politica monetaria in calendario per giugno.
Interrogato sul tema dell’inflazione, il capo economista BCE P. Lane nei giorni scorsi a sua volta si è espresso dicendo che sono decisamente più fiduciosi sul raggiungimento del target del 2% e stanno semplicemente “prendendo tempo” per avere la conferma dai dati economici che i prezzi stiano convergendo in maniera sostenibile verso tale traguardo. Dunque, benché si stiano accumulando sempre più elementi a favore di un taglio dei tassi, è necessario continuare ad agire con cautela e valutando riunione dopo riunione l’evoluzione del contesto macro.
Sul versante asiatico, i listini sono stati rallentati dalla decisione di non scarsa importanza della PboC di interrompere lo stimolo monetario all’economia cinese, deludendo le aspettative del mercato che si aspettava un proseguimento negli stimoli.
A fronte dei 500 miliardi di yuan in scadenza, infatti, ne sono stati iniettati nell’economia tramite prestiti a medio termine (MLF) solamente 387, con una differenza pari a circa 113 miliardi (16 miliardi di dollari). Tale evento di drenaggio non accadeva da novembre 2022.
Sul fronte dei tassi di interesse, la PboC ha lasciato invariato al 2.50% il tasso dei prestiti a medio termine, con scarso margine di manovra per un allentamento in attesa di capire le mosse delle altre Banche Centrali.
Può essere la sola aspettativa dei tagli dei tassi foriera di nuove performance positive anche per il mercato azionario?
Purtroppo no! Si ricorda infatti che uno scenario molto simile in termini di dati della curva dei rendimenti, unitamente ai parametri del VIX, dei Credit Spreads e CDS, ed infine del credito del settore privato (CDX) è stato vissuto dopo il rally del 2007.
Ci auguriamo che il presente anno non rappresenti la quiete “prima” della tempesta ma a prescindere dal nostro desiderio, sarà bene valutare anche uno “scenario peggiore” e le modalità di intervento qualora si dovesse verificare.
Buon Investing!