La versione originale di questo articolo, in inglese, è stata pubblicata il 22.03.2017
Il 25 e 26 marzo la commissione di vigilanza per l’accordo sulla produzione di greggio siglato dai paesi OPEC e non OPEC si incontrerà in Kuwait. Questo vertice si svolge in un periodo che ha visto una certa volatilità e un calo del prezzo del greggio sotto i 50 dollari al barile, per quanto riguarda il WTI, per la prima volta nel 2017. La valutazione della commissione delle cinque nazioni giocherà un ruolo fondamentale nel determinare se le quote di produzione debbano essere mantenute per altre sei mesi quando l’OPEC si incontrerà a fine maggio.
La commissione dovrebbe riportare che i tagli della produzione sono stati efficaci finora, che il rispetto dell’accordo da parte dei paesi OPEC e non-OPEC è stato buono ma potrebbe essere migliorato - in particolare da parte dei paesi che non fanno parte dell’organizzazione - e che tutte le parti coinvolte sono ottimiste. La commissione discuterà dell’eventualità che l’accordo venga prolungato e potrebbe fare una raccomandazione all’OPEC.
Gli investitori, tuttavia, non devono essere tentati di pensare che un tono ottimista indichi che l’OPEC prolungherà i tagli alla produzione. Un eventuale prolungamento dell’accordo dipenderà principalmente dalla volontà dell’Arabia Saudita. La decisione del paese si baserà soprattutto sul valutare se le altre nazioni stiano contribuendo sufficientemente ai tagli agendo “all’altezza delle aspettative”.
Gli investitori dovranno quindi considerare se i tagli alla produzione compiuti dagli altri produttori siano significativi. Secondo Platts, le differenze nella metodologia e nella raccolta di dati hanno reso difficile determinare il grado di rispetto dell’accordo. Per esempio, a seconda dei paesi che si prendono in considerazione, il rispetto dell’accordo si colloca in un range che va dal 72% al 111%. (Un risultato del 100% indicherebbe una piena adesione ai termini dell’accordo mentre un dato maggiore significherebbe che i paesi hanno ridotto la produzione più di quanto richiesto).
Alcuni paesi, come Iraq ed Emirati Arabi Uniti, non hanno implementato del tutto i tagli della produzione a loro richiesti. Quando si analizzano le cifre sulla riduzione, è importante considerare che l’accordo prevede tagli da ogni nazione per raggiungere la media della cifra desiderata nel corso del semestre. Di conseguenza, un mese mancato non significa che il paese non stia rispettando l’accordo ma soltanto che non stia mantenendo il ritmo necessario per rispettarlo.
Per i paesi non-OPEC, l’attuale tasso di rispetto dell’accordo va dal 40% al 66%, a seconda della metodologia. Il tasso di produzione della Russia è il più preoccupante. A fine febbraio, la Russia ha tagliato solo 120.000 barili al giorno dei 300.000 previsti. Il 19 marzo, tuttavia, il paese ha annunciato di aver ridotto la produzione di altri 161.000 barili al giorno. La Russia al momento è il principale produttore mondiale di greggio, con una media di più di 11 milioni di barili al giorno, mentre l’Arabia Saudita ha la maggiore capacità di scorte (che ammonterebbe a circa 12,5 milioni di barili al giorno).
A gennaio, come dimostrazione di buona fede, l’Arabia Saudita ha tagliato più della quota richiesta. Ciò ha contribuito a far salire il tasso generale di rispetto dell’accordo da parte dell’OPEC, consentendo agli altri paesi di avere più tempo per riprendere fiato ed implementare i tagli in modo più graduale, facendo salire il prezzo del greggio. Tuttavia, a febbraio, i sauditi hanno aumentato la produzione, pur rientrando nella quota di 10.011 milioni di barili al giorno. La notizia ha contribuito al recente calo del prezzo della materia prima. Anche se il paese ha spiegato che non esporterà la produzione extra ma la utilizzerà per rifornire i magazzini vuoti, il segnale che manda agli altri produttori è chiaro.
L’Arabia Saudita non vuole sostenere il peso maggiore dei tagli da sola e sembra ostinata nel voler utilizzare la sua significativa capacità di scorte per mettere pressione agli altri produttori. Con la sua capacità può minacciare di aumentare ulteriormente la produzione, il che farebbe scendere ancora di più il prezzo del greggio e danneggiare tutti i produttori, sebbene il paese ritenga di essere nella posizione finanziaria migliore per sopportare il danno.
La scorsa settimana, il ministro del petrolio saudita ha dichiarato in un’intervista che l’OPEC terrà in considerazione le seguenti condizioni quando dovrà determinare se i tagli debbano essere prolungati o meno:
se le scorte globali di greggio sono superiori alla media quinquennale (e sicuramente sarà così);
- se i mercati non sono fiduciosi per le prospettive;
- se le compagnie e gli investitori non si sentono sicuri dello stato di salute dell’industria globale del greggio.
Questi tre segnali sembrerebbero favorire un’estensione dell’accordo. D’altro canto, il ministro saudita ha rimproverato i paesi produttori ed ha dichiarato che i sauditi non continueranno ad accollarsi i tagli mentre altri “non sono all’altezza delle aspettative”. “L’Arabia Saudita non si farà usare dagli altri”, ha detto, aggiungendo che l’accordo è a beneficio di tutti.
Il paese è chiaramente pronto a minacciare di rifiutare il prolungamento dell’accordo quando questo si concluderà, a fine giugno. L’Arabia Saudita spera che ciò possa costringere i produttori che non stanno rispettando l’accordo a raggiungere gli obiettivi nei prossimi tre mesi e mezzo.
L’Arabia Saudita prolungherà i tagli alla produzione solo se riterrà che sia la cosa migliore per se stessa e solo se le altre nazioni parteciperanno. I sauditi sono stati chiari in questo: non si accolleranno i costi del taglio alla produzione da soli.