La lista dei paesi più vulnerabili stilata un anno fa da S&P sembra ancora abbastanza valida, con un punto interrogativo sul Qatar, mentre tra i più forti stanno perdendo qualche punto Cina e Russia.
La definizione di Fragile Five, i cinque fragili delle economie emergenti, gira dal 2013, quando se la inventò Morgan Stanley (NYSE:MS) per indicare chi avrebbe più sofferto per il taper tantrum, l’annuncio da parte di Ben Bernanke che il QE americano stava per finire. Con la conseguenza di mettere sotto stress i paesi più vulnerabili a tassi più alti e dollaro più forte. Allora i 5 membri dello sfortunato club erano Sudafrica, Brasile, India, Indonesia e Turchia. L’anno scorso l’agenzia di rating S&P aveva aggiornato la squadra degli stressati lasciando solo la Turchia e aggiungendo al posto degli altri Argentina, Pakistan, Egitto e Qatar. S&P si era anche inventata i ‘Formidable Five’, composti dai più robusti e attrezzati: Cina, Russia, Thailandia, Malaysia e Arabia Saudita. A distanza di un anno, le crisi di Argentina e Turchia dominano le prime pagine, dove però non c’è posto (ancora?) per Egitto, Pakistan e Qatar.
IL QATAR DIVENTA UN’ISOLA?
Il piccolo stato con il portafoglio gonfio di dollari e riserve immense di gas e petrolio sotto la sabbia potrebbe paradossalmente essere candidato a una crisi. Dopo le sanzioni finanziarie imposte qualche mese fa, infatti, Riyadh starebbe studiando la costruzione di un canale per separare la penisola del Qatar dall’Arabia e trasformarla in un’isola, come Trump con il muro del Messico. Un alto esponente del regno saudita Saud al-Qahtani, consigliere del principe della Corona Mohammed bin Salman, è andato di recente su twitter in tv per confermare l’indiscrezione: “Sto aspettando con impazienza i dettagli del progetto della East Salwa (la futura isola), una grande sfida storica che cambierà la geografia della regione”. Il Qatar è un grande investitore globale, ma una crisi finanziaria indotta dall’isolamento potrebbe costringerlo a una svendita di asset miliardari in tutto il mondo.
L’ARMA SEGRETA DELLA RUSSIA
Sul fronte dei formidabili di un anno fa ci sono due grandi paesi che forse oggi lo sono diventati un po’ meno. La Cina, con la sua economia in rallentamento pilotato, viene da tutti indicata come la vittima principale della guerra dei dazi lanciata da Trump, mentre Pechino sta tentando di far rientrare l’eccessivo indebitamento del settore privato. Ma nel mirino degli americani c’è anche la Russia, bersagliata dalle sanzioni, che riesce a tenere botta grazie allo status di superpotenza e alla competenza della governatrice della banca centrale, Elvira Nabiullina. La Thailandia, epicentro delle crisi asiatiche di vent’anni fa, molto citata in questi giorni, così come la Malaysia, sembrano immuni alle pressioni di tassi e dollaro forte. Per non parlare dell’Arabia Saudita, che ormai ha preso il posto della Turchia come principale alleato militare e politico degli USA nell’area in ebollizione del Golfo.
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UN PROBLEMA CHE SI CHIAMA DEBITO
Il problema degli emergenti si chiama debito. Il numero totale, che comprende sia quello pubblico che quello privato, è aumentato dai 21.000 mld di dollari prima della crisi del 2008 ai 63.000 mld di fine 2017, passando dal 145% al 210% del PIL totale. Il debito in valuta estera, più sensibile ai movimenti di dollaro e tassi, denominato in dollari, euro e yen, è raddoppiato a 9.000 mld. Un debito distribuito tra ‘fragili’ e ‘formidabili’: quello in valuta estera in capo a Cina, India, Indonesia, Malaysia, Sud Africa, Messico, Cile, Brasile e alcuni paesi dell’Est Europa oscilla tra il 20% e il 50% del PIL. In totale, i paesi emergenti debitori devono ripagare o rifinanziare circa 1.500 mld di dollari nel 2019 e altrettanti nel 2020. A fronte del debito ci sono spesso riserve valutarie ingenti, come i 3.000 mld di dollari custoditi nei forzieri di Pechino. Anche se sulla carta gran parte è impegnata a finanziare la nuova Via della Seta.
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TURCHIA E ARGENTINA TEST PER GLI ALTRI
Per ora Turchia e Argentina sono casi speciali, isolati, e con caratteristiche opposte. Buenos Aires sta cercando di mettersi in riga con l’aiuto di FMI e tassi a breve alle stelle, mentre Ankara rifiuta la medicina dei tassi alti e si rifugia nella tassazione dei depositi in dollari. Gli altri ‘fragili’ stanno a guardare anche per capire meglio come comportarsi.
** Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge