Investing.com - I futures del greggio cercano di staccarsi dai minimi che non si registravano dalla crisi finanziaria del 2009 questo giovedì, con gli investitori che cercano valutazioni più economiche dopo i recenti ribassi.
Sul New York Mercantile Exchange, i futures del greggio USA con consegna ad ottobre sono scesi al minimi intraday di 40,52 dollari al barile, un livello che non si registrava dal marzo 2009, per poi attestarsi nella mattinata europea a 41,25 dollari al barile, in calo di 2 centesimi o dello 0,05%.
Ieri i futures sono crollati di 1,85 dollari, o del 4,29% a 41,27 dollari al barile, dopo i dati che hanno mostrato un aumento inaspettato delle scorte la scorsa settimana.
Nel report settimanale dell’U.S. Energy Information Administration si legge che le scorte di greggio USA sono aumentate di 2,6 milioni di barili nella settimana terminata il 14 agosto. Gli analisti avevano previsto un calo di 0,8 milioni di barili.
Le scorte totali di greggio USA ammontano a 456,2 milioni di barili la scorsa settimana, vicino al minimo di quasi 80 anni per questo periodo dell’anno.
Negli ultimi mesi i futures del greggio scambiati sul Nymex sono andati sotto forte pressione alla vendita per via dei timori legati all’aumento della produzione statunitense di greggio.
L’agenzia di ricerche di settore Baker Hughes (NYSE:BHI) ha dichiarato che il numero degli impianti di trivellazione negli Stati Uniti è aumentato di due unità la scorsa settimana, a 672, segnando il terzo aumento settimanale consecutivo.
Attualmente sono operativi il 60% in meno di pozzi dal picco di ottobre di 1.609, tuttavia, il calo degli impianti si è sensibilmente ridotto nelle ultime settimane, alimentato i timori per un’impennata della produzione di petrolio di scisto USA nei prossimi mesi.
Sull’ICE Futures Exchange di Londra, il greggio Brent con consegna ad ottobre è in calo di 34 centesimi o dello 0,71%, a 46,83 dollari al barile, dopo aver toccato il minimo giornaliero di 46,32 dollari, il minimo dal marzo 2009.
Ieri i futures Brent sono scesi di 1,65 dollari, o del 3,38%, chiudendo a 47,16 dollari, per via dei timori legati alla domanda cinese ed all’eccesso di scorte globali.
La produzione globale di greggio supera ancora la domanda a causa della forte crescita nella produzione del petrolio di scisto negli Stati Uniti e della decisione presa lo scorso anno dall’OPEC di non ridurre la produzione.
Lo spread tra il Brent ed il greggio WTI è a quota 5,58 dollari al barile, contro il livello di 5,89 dollari della chiusura di ieri.
L’indice del dollaro USA, che replica l’andamento del biglietto verde contro un paniere di altre sei principali valute, è in calo dello 0,25%, a 96,18, dopo il brusco calo di ieri seguito al rilascio dei verbali Fed che hanno rinviato le aspettative per l’aumento dei tassi di interesse a settembre.
Sui verbali si legge che i policymakers esprimono una certa apprensione per i “recenti ribassi del greggio e per la possibilità di ripercussioni per il rallentamento della crescita registrato in Cina”.
Lo Shanghai Composite continua anche oggi ad avere un andamento altalenante, con un crollo del 2,2% subito dopo l’apertura, per poi tornare positivo dopo il break di mezzogiorno e chiudere in calo nuovamente nell’ultima ora di scambi, giù del 3,4%.
Questa settimana i mercati cinesi hanno subito un forte crollo, tra i timori per l’economia della nazione asiatica e l’apprensione per la svalutazione dello yuan, che potrebbe innescare una vera e propria guerra tra le valuta capace di destabilizzare l’economia globale.
Gli operatori dei mercati temono che il crollo dei titoli azionari possa diffondersi ad altri settori economici in Cina e che la domanda del metallo industriale da parte della nazione asiatica possa subire una riduzione.
Pesano inoltre i timori che la recente svalutazione dello yuan possa rallentare le importazioni di greggio dalla Cina.
La nazione asiatica è il secondo consumatore mondiale di greggio dopo gli USA ed ha fatto da traino per la crescita della domanda.