LAGOS (Reuters) - La Nigeria sta chiedendo 62 miliardi di dollari alle aziende petrolifere in base alle leggi che consentono al governo del paese di rivedere gli accordi per la ripartizione dei ricavi sulle vendite di petrolio nel caso in cui i prezzi superino i 20 dollari il barile.
Così ha detto a Reuters il procuratore generale nigeriano.
Il governo del maggior esportatore di petrolio in Africa dipende dal petrolio per il 90% dei scambi con l'estero. I prezzi sono saliti oltre i 100 dollari il barile nel 2014 prima di un drastico calo che ha portato la Nigeria in recessione nel 2016, creando difficoltà al governo per finanziare il bilancio.
Una norma risalente agli anni '90 riguardante i contratti in cui la produzione di petrolio viene condivisa consente al governo di rivedere la ripartizione dei ricavi se i prezzi superano i 20 dollari il barile.
Abubakar Malami, il procuratore generale, ha detto che la Nigeria è stata "truffata" nonostante questa legge e intende portare avanti una causa per il risarcimento qualora venisse confermato che le società petrolifere hanno pagato al governo meno del dovuto.
"Calcolando la somma che dovrebbe essere accreditata al governo nigeriano se la legge fosse stata applicata efficacemente, ciò corrisponderebbe a circa 62 miliardi di dollari a carico delle società petrolifere internazionali", ha detto Malami in una intervista telefonica.
"Tutte le opzioni sono sul tavolo e non c'è limite a ciò che possiamo fare in termini di impegno, ai termini di patteggiamento se si rendesse necessario", ha detto Malami. Si è rifiutato di nominare le società petrolifere coinvolte.
All'inizio dell'anno, fonti industriali e governative hanno detto a Reuters che Royal Dutch Shell, Chevron, Exxon Mobil (NYSE:XOM) e Eni (MI:ENI), hanno ricevuto una richiesta del governo centrale di pagare ciascuno tra i 2,5 e i 5 miliardi di dollari.
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