di Gianluca Semeraro
MILANO (Reuters) - Intesa Sanpaolo (MI:ISP) batte le attese con gli utili trimestrali, conferma la promessa di 3 miliardi di euro di dividendi cash ma non riesce a invertire la rotta negativa in borsa in un mercato che penalizza tutti i bancari, in particolare gli italiani, dopo gli stress test e il piano di salvataggio di Mps (MI:BMPS).
Nella conference call sui risultati il Ceo Carlo Messina parla senza mezzi termini di "speculazione" e sottolinea che l'Italia "resta un paese solido", che non vi sono rischi politici e che da parte degli investitori internazionali c'è "un errore di interpretazione" sul nostro paese.
E respinge con forza l'ipotesi, avanzata da alcuni analisti, che i parametri di copertura di sofferenze (67%) e incagli (40%) contenuti nel piano Mps siano considerati un benchmark per le altre banche italiane perché "non è possibile paragonare una banca che deve sopravvivere con un vero campione del mercato".
Gli analisti sulla trimestrale non evidenziano particolari fattori di criticità: "ricavi migliori ma con qualità mista, progresso sull'asset quality ma con rettifiche elevate, aiuta la conferma dei dividendi 2016 ma non aiuta il calo del Cet1 su base trimestrale", scrive Adrian Cighi, analista di Rbc Capital Markets.
Il titolo, però, a un'ora alla chiusura delle contrattazioni cede il 3,84% a 1,828 euro in un settore che perde tuttavia ben il 5,93% e con volumi nella norma.
Il secondo trimestre si è chiuso con un utile netto di 901 milioni di euro, in leggero calo dai 940 milioni di un anno prima ma sopra le attese di 741 milioni.
A livello patrimoniale il Cet1 transitional è sceso al 12,7% dal 12,9% di fine marzo, mentre quello 'fully loaded' è al 12,9% rispetto al 13,1% di tre mesi prima.
Gli interessi netti sono scesi, rispetto al primo trimestre, dell'1,3% a 1,831 miliardi, mentre le commissioni nette sono cresciute del 10,3% a 1,848 miliardi. In crescita anche il risultato del trading a 467 milioni da 228. I proventi operativi netti sono dunque cresciuti a 4,6 miliardi con un incremento sul trimestre precedente del 14,5%.
In crescita, su base trimestrale, anche gli oneri operativi, a 2,154 miliardi (+5,2%).
Da aprile a giugno sono stati effettuate rettifiche su crediti per 923 milioni in crescita rispetto ai 694 milioni del primo trimestre. La ragione, ha spiegato Messina, è per poter avere un costo del rischio del 2017 "significativamente" più basso e poter pagare il dividendo di 4 miliardi promesso per il prossimo esercizio.
La copertura dei deteriorati passa al 47,3%, mentre quella delle sofferenze al 60,7%.
Su eventuali operazioni di M&A Messina non vede acquisizioni possibili nell'asset management e nel private banking, mentre non ha fretta per eventuali cessioni di asset non core.