ROMA (Reuters) - Dopo la performance deludente mostrata dall'economia italiana nei primi tre trimestri dell'anno, Istat ha tagliato stamani la sua previsione di crescita del Pil per il 2024 portandola allo 0,5%, un livello pari alla metà del target del governo che continua a puntare all'1%.
Secondo i numeri pubblicati nella nota semestrale diffusa oggi, la debolezza della congiuntura - segnalata anche dalle recenti indagini sulla fiducia di imprese e consumatori - dovrebbe proseguire nel 2025 quando il Prodotto interno lordo è visto espandersi dello 0,8% dal +1,1% ipotizzato a giugno. Anche in questo caso la stima è ben al di sotto di quella governativa, pari a +1,2%.
Numerosi previsori, da Bankitalia all'Ocse a Confindustria, ritengono difficilmente raggiungibili gli obiettivi di crescita indicati dall'esecutivo Meloni per quest'anno e il prossimo.
DOMANDA INTERNA FIACCA NONOSTANTE TENUTA CONSUMI
"Nell’orizzonte di previsione l’economia italiana risente quest'anno della debolezza della domanda interna, in particolare dal lato dell’offerta", spiega l'Istituto.
La dinamica calante della produzione industriale, alimentata dalla fragilità dell'economia tedesca - principale mercato di sbocco delle esportazioni - e dalla crisi di alcuni comparti produttivi (automotive su tutti), "ha inciso negativamente sugli investimenti fissi lordi e sulle importazioni".
A trainare la modesta crescita sarebbe esclusivamente la domanda estera netta (+0,7 punti percentuali), grazie alla contrazione delle importazioni (-2,1%) a fronte di una stagnazione dell’export (-0,1%). La domanda interna (-0,2 p.p.), pur beneficiando della relativa tenuta dei consumi delle famiglie (+0,6% da +1% nel 2023), sarebbe penalizzata dal decumulo delle scorte di magazzino.
Quanto al 2025, l'espansione del Pil tornerebbe ad essere sostenuta quasi interamente dal contributo della domanda interna (+0,8 p.p.), a fronte di un contributo nullo della domanda estera netta e delle scorte.
INVESTIMENTI IN NETTO CALO, MIGLIORA QUADRO OCCUPAZIONE
Gli investimenti fissi lordi risultano solo in marginale progresso quest'anno (+0,4% dal +8,7% del 2023) a causa del venire meno degli incentivi fiscali all’edilizia; l’effetto della fine degli stimoli sarebbe ancora più ampio nel 2025 quando - nonostante la spinta positiva derivante dall’attuazione del PNRR e dalla riduzione dei tassi di interesse - il tasso di crescita degli investimenti sarebbe pari a zero.
I consumi privati (in accelerazione a +1,1%) beneficerebbero invece il prossimo anno del graduale, anche se parziale, recupero delle retribuzioni e di un quadro occupazionale positivo.
Il tasso di disoccupazione è ipotizzato in flessione al 6,5% nel 2024 - dal 7,1% visto sei mesi fa - e al 6,2% l'anno successivo.
Venendo ai prezzi, la fase di discesa dell’inflazione dovrebbe aver completato il suo corso, osserva Istat, grazie anche all’esaurirsi del calo della componente energetica, pur permanendo le incertezze di natura geopolitica e i rischi legati a pressioni protezionistiche dopo l'elezione di Donald Trump.
(Valentina Consiglio, editing Stefano Bernabei)