(Reuters) - Le borse asiatiche sono ai minimi da tre anni oggi, in scia al tonfo dell'azionario cinese che perde oltre il 7%, con gli investitori che si affrettano a liberarsi degli asset rischiosi su mercati intimoriti da un rallentamento globale guidato dalla Cina.
Rally dei titoli di Stato e dello yen nell'instabilità dei mercati finanziari, innescata quasi due settimane fa dalla svalutazione dello yuan che ha generato timori sullo stato dell'economia cinese.
"I mercati sono nel panico. Inizia a sembrare come la crisi finanziaria asiatica di fine anni Novanta. Gli speculatori stanno vendendo asset che sembrano i più vulnerabili", spiega Takako Masai, a capo delle ricerche di Shinsei Bank a Tokyo.
Il rame, considerato un barometro della domanda globale, è crollato ai minimi da sei anni.
L'indice MSCI, che non comprende Tokyo, alle 8,10 cede il 4,76%. L'indice giapponese Nikkei ha chiuso a -4,61%.
"La Cina potrebbe essere costretta a svalutare nuovamente lo yuan se la sua economia dovesse vacillare, e i mercati azionari fronteggiano la prospettiva di uno yuan più debole che amplifica l'impatto negativo di un'economia cinese fiacca", ha commentato Eiji Kinouchi, capo analista tecnico di Daiwa Securities a Tokyo.
A SHANGHAI l'indice composito è arrivato a perdere oltre l'8%, tornando al punto in cui aveva iniziato il 2015. Il calo interessa ogni settore, e le perdite sembrano limitate solo dal meccanismo che impedisce ai singoli titoli di scendere oltre il 10% nell'ambito di una seduta e dal fatto che resta sospesa la contrattazione di un numero consistente di titoli.
Lascia sul terreno più del 4,6% anche HONG KONG. Prada perde il 2,96%.
SEUL ha concluso la seduta a -2,5%, TAIWAN a -4,8%, SYDNEY ha lasciato sul terreno il 3,7%.