Investing.com - Le scosse di assestamento della selvaggia corsa sulle montagne russe di Wall Street di questa settimana continuano a riverberare sui mercati questo giovedì, segnale che gli operatori dei mercati restano in fermento in un clima di alta volatilità.
La discesa in picchiata dei titoli azionari USA è cominciata lunedì, quando sia l’indice Dow che l’indice S&P 500 sono crollati di oltre il 4%, con quest’ultimo che ha segnato il maggiore calo intraday della storia scivolando di quasi 1.600 punti, mentre gli investitori si affrettavano ad uscire sulla scia della possibilità di un aumento dei tassi.
Martedì, l’indice di 30 titoli ha oscillato di 1.167,5 punti prima di chiudere in salita di 567 punti.
La turbolenza è continuata ieri, con i titoli azionari USA che hanno chiuso al ribasso nonostante gli aumenti registrati all’inizio della seduta e l’indice S&P 500 ha registrato l’inversione di rotta giornaliera maggiore dal febbraio 2016.
L’indice Dow è crollato di quasi il 4,3% da venerdì scorso. Sempre da venerdì, gli indici S&P 500 e Nasdaq hanno registrato crolli rispettivamente del 4,5% e del 4,1%.
Non c’è un’unica ragione chiara, ma le forti oscillazioni sembrerebbero essere state causate dai timori per l’aumento dei tassi di interesse, dai program trade e dai fondi di volatilità che utilizzano la leva finanziaria.
Anche l’indice sulla volatilità CBOE, noto anche come l’indicatore della paura di Wall Street, questa settimana è stato sottosopra. Lunedì, è più che raddoppiato passando da 17,34 a 37,32. Martedì ha persino segnato 50 prima di chiudere a 29,98. Ieri si è attestato a 26,41.
Un calo dei titoli azionari di solito comporta un aumento della volatilità, ma mai come questo. Il recente incremento della volatilità potrebbe indicare un grave problema a Wall Street, secondo alcuni trader.
Gli algoritmi di trading e i prodotti a leva potrebbero aver differenziato questo mercato dai pattern storici del passato, comportando degli andamenti esagerati.
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