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EuroBond: le proposte sul tappeto

Pubblicato 26.08.2011, 15:10
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Eurobond, Project bond, EuroUnionBond campeggiano sulle pagine dei giornali. Possono sembrare tutti uguali, ma non lo sono. Cerchiamo di capirci qualcosa, mettendo in evidenza gli elementi essenziali di ciascuna proposta, le differenze che le caratterizzano e i rispettivi pregi e difetti.

Il dibattito sugli Eurobond ha ripreso vigore in questi giorni. Spesso si fa confusione tra le diverse proposte. Cerchiano di chiarire gli elementi essenziali di ciascuna di esse, evidenziandone le differenze e i rispettivi pregi e difetti.

TITOLI EMESSI DA EFSF-ESM

Titoli emessi dallo Efsf-Esm: sono gli unici già esistenti, emessi dallo European Financial Stability Facility. Sono stati emessi dallo Efsf per erogare gli aiuti, concordati a livello europeo, a Irlanda e Portogallo. Ne verranno emessi altri per finanziare il secondo piano di assistenza finanziaria alla Grecia, concordato lo scorso 21 luglio. Godono della garanzia dei paesi dell’area euro, in proporzione alle rispettive quote di capitale nella Bce. Grazie a questa garanzia, pagano un rendimento vicino al tasso privo di rischio.

L’accordo di luglio ha opportunamente introdotto una maggiore flessibilità nella operatività dello Efsf: potrà acquistare titoli di stati dell’euro zona sul mercato secondario, sollevando così la Bce dal compito di stabilizzare questo mercato. Tuttavia, l’accordo non è ancora operativo, dovendo ancora ricevere l’approvazione dei parlamenti nazionali, in alcuni casi (quello tedesco anzitutto) per niente scontata.

Nel 2013 lo Efsf sarà sostituito dallo European Stability Mechanism, che emetterà titoli simili, ma con una importante differenza: la seniority. Questo significa che, in caso di insolvenza di uno stato finanziato dallo Esm, quest’ultimo avrà diritto a essere rimborsato prima dei creditori privati.

EUROBOND

Eurobond: con questo termine ci si riferisce generalmente alla proposta avanzata da Mario Monti nel suo rapporto al presidente della Commissione UE (maggio 2010) e da Jean-Claude Juncker – Giulio Tremonti in un articolo sul Financial Times (5/12/2010). Prevede di sostituire una parte del debito degli Stati della zona euro con debiti verso la costituenda Agenzia del debito europea (Ade), che a sua volta si finanzierebbe sul mercato emettendo gli eurobond. Questi ultimi diventerebbero uno strumento normale di gestione del debito pubblico, uscendo così dalla logica del salvataggio in extremis di uno Stato sull’orlo dell’insolvenza, che caratterizza invece attualmente l’operato dello Efsf.

Anch’essi godrebbero della garanzia (congiunta) dei paesi dell’area euro.
Due sono le caratteristiche più interessanti della proposta: (i) l’ammontare di debito pubblico finanziato con gli eurobond sarebbe limitato a una specifica percentuale del Pil (presumibilmente tra il 40 e il 60 per cento); la parte di debito eventualmente eccedente questa quota rimarrebbe nazionale. (ii) Seniority: la Ade (come l’Esm) sarebbe un creditore privilegiato rispetto ai privati. Entrambe queste caratteristiche sono volte a ridurre il rischio di credito degli eurobond, che dovrebbero quindi pagare un tasso molto vicino a quello privo di rischio. Sotto questo profilo, quindi, non dovrebbero comportare un costo aggiuntivo per i paesi che attualmente godono della AAA (come la Germania).

Il costo per questi paesi risiede piuttosto nella garanzia prestata: se un altro paese dovesse essere insolvente, sarebbero sottoposti a un esborso; peraltro la seniority serve proprio a ridurre questo costo atteso. Serve anche a un alto scopo. Poiché il costo del debito nazionale (junior rispetto agli eurobond) salirebbe, i governi sarebbero incentivati a contenere i disavanzi pubblici: infatti il costo al margine di emettere debito sarebbe più alto di quello attuale. PROJECT BOND Project Bond: si tratta di titoli emessi da società private per finanziare grandi progetti infrastrutturali: reti di trasporto, reti energetiche e telematiche. Nel febbraio scorso la Commissione UE ha proposto di rivitalizzare il mercato di questi strumenti, prosciugatosi con la crisi finanziaria degli ultimi anni.

La proposta prevede che la UE e la Banca europea degli investimenti concedano prestiti alle società-progetto per co-finanziare investimenti in infrastrutture. Le società-progetto si finanzierebbero anche emettendo project bond sul mercato. In caso di insolvenza, la seniority spetterebbe ai creditori privati: avrebbero la precedenza nei rimborsi rispetto alla UE e alla Bei. In questo modo il rischio di credito verrebbe in massima parte trasferito sul bilancio di UE e Bei, rendendo più appetibili i project bond emessi sul mercato.

EUROUNIONBOND

EuroUnionBond: secondo la recente proposta di Romano Prodi e Alberto Quadrio Curzio, si dovrebbe istituire un Fondo finanziario europeo, dotato di un capitale versato di mille miliardi di euro, conferito dai paesi dell’area euro in proporzione alla loro quota nel capitale della Bce. I conferimenti avrebbero una duplice natura: le riserve auree del Sistema europeo di banche centrali e azioni/obbligazioni di società detenute dagli Stati membri (per l’Italia: Eni, Enel, Finmeccanica, Poste).

Con questo capitale il Ffe potrebbe emettere 3mila miliardi di euro di EuroUnionBond, utilizzati nel seguente modo: 2.300 miliardi per rilevare titoli di Stato dell’area euro, 700 miliardi per finanziare grandi investimenti europei nel campi dell’energia, telecomunicazioni, trasporti. La proposta persegue allo stesso tempo gli obiettivi sia degli eurobond sia dei project bond: stabilizzare il mercato del debito sovrano europeo e sostenere gli investimenti infrastrutturali.

Per quanto tali obiettivi siano condivisibili, vi sono alcuni aspetti della proposta che necessitano di essere chiariti. Primo: quale impatto avrà il conferimento dell’oro al Ffe sulla stabilità e sull’autonomia del Sebc, nonché sul valore (inteso come fiducia nella moneta e tasso di cambio) dell’euro? Secondo: il conferimento delle partecipazioni statali non rischia di bloccare il processo di privatizzazione in settori cruciali dell’economia?

Terzo: quali saranno i rapporti finanziari tra Ffe e governi nazionali? Più precisamente, il Ffe rinegozierà i titoli pubblici acquistati sul mercato in modo da renderli meno onerosi per gli Stati? In caso affermativo: qual è l’onere stimato per il Ffe e cosa garantisce il suo equilibrio finanziario? In caso negativo, qual è il vantaggio dell’operazione per gli Stati debitori?

Autore: Angelo Baglioni - LaVoce.info

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