MILANO (Reuters) - Il saldo commerciale con Russia e Ucraina è negativo per l'Italia a causa in particolare delle dipendenza dal gas e dai prodotti dell'agricoltura. E il perdurare del conflitto fra questi due Paesi avrà impatti sul Pil non solo a livello italiano.
Secondo quanto emerge dall'analisi presentata oggi dall'area studi Mediobanca (MI:MDBI) sulle multinazionali industriali con focus su Russia e Ucraina, l'Italia importa il 38% del proprio gas dalla Russia, superata dalla Germania (46%) e, soprattutto, dall'Austria (80%). Un dato che fa riflettere nel momento in cui si sta discutendo se sia possibile fare a meno del gas russo a causa della recrudescenza del conflitto in atto.
A parte Italia e Germania, la Francia dipende solo per un quinto della propria fornitura dal Paese russo e la principale fonte di gas francese è la Norvegia. La percentuale scende all'11% se guardiamo alla Spagna che, di fatto, non è uno dei principali clienti della Russia: i maggiori partner commerciali del Paese sono Algeria e Stati Uniti. E questo è possibile grazie all'elevato numero di rigassificatori che ci sono nel Paese iberico che consentono di importare il Gnl con le navi.
Il Paese che è totalmente affrancato dal gas russo è il Regno Unito che attinge metà della propria fornitura di gas da fonti nazionali e importa principalmente da Norvegia e Qatar e solo per il 3% dipende dalla Russia. Sul fronte opposto c'è invece la Lettonia - totalmente dipendente dal gas russo (100%) - seguita da Slovacchia (88%) e Repubblica Ceca (86%), segnala il report.
Se alziamo lo sguardo agli scambi commerciali fra l'Italia e i due Paesi oggi in guerra il saldo è ampiamente sfavorevole per il nostro paese.
"Nel 2021 le esportazioni italiane verso l'Ucraina pesano lo 0,4% del totale, mentre le importazioni lo 0,7%", sottolinea l'analisi. Lo scorso anno il totale delle esportazioni è stato pari a 2,1 miliardi di euro, mentre le importazioni hanno raggiunto quota 3,3 miliardi. Si tratta essenzialmente di prodotti legati alla metallurgia e all'alimentare: Russia e Ucraina rappresentano insieme il 30% dell'offerta mondiale di grano e il 15% di quella di mais e l'Ucraina è leader globale nell'olio di girasole.
Stesso discorso per l'import/export con la Russia. "Nel 2021 le esportazioni italiane verso la Russia pesano l'1,5% del totale, mentre le importazioni il 3%", sottolinea l'analisi.
L'Italia ha esportato lo scorso anno beni pari a 7,7 miliardi e importato per 14 miliardi, in buona parte legati al gas.
"I grandi gruppi russi e ucraini riflettono l'economia dei propri paesi, in gran parte fondata sulle ricchezze del sottosuolo e sull'agricoltura" si legge nell'analisi. L'export italiano verso questi due Paesi riguarda, invece, abbigliamento, prodotti alimentari e mobili.
A conferma di questo, se si analizzano i principali gruppi industriali russi, emerge che ai primi tre posti ci sono i colossi dell'oil&gas: Lukoil, la maggiore società petrolifera privata russa, seguita da Gazprom e Rosneft Oil, entrambe a controllo statale.
Quanto all'Ucraina, la principale multinazionale, la metallurgica Metinvest, ha un giro d'affari pari a 16 miliardi di euro (ben al sotto dei 103 miliardi della prima russa, Lukoil) e detiene stabilimenti produttivi in Ucraina, Regno Unito, Bulgaria e Italia. Lo scorso 19 marzo l'acciaieria Azovstal di Mariupol, uno dei più grandi impianti d'Europa, è stata bombardata dai russi.
L'impianto appartiene al gruppo Metinvest e "per le realtà produttive italiane del gruppo ucraino Metinvest l'impatto dei bombardamenti è rilevante. Da Mariupol e in particolare da Azovstal arrivava infatti la materia prima diretta ai laminatoi veneto e friulano", spiega lo studio.
Infine, un cenno all'andamento del Pil che a causa del conflitto è stato rivisto al ribasso: il consensus dell'Area studi Mediobanca indica per l'Italia un +2,7% sul 2022 rispetto al +4,4% di prima del conflitto. A livello di area euro la stima scende al 3,2% rispetto al 2021 dal 4,2% precedente.
"La revisione delle stime mostra che la guerra impatterà significativamente sulla crescita e frenerà la ripresa, ma l'effetto complessivo dipenderà dalla durata del conflitto e delle sanzioni economiche", conclude lo studio.
(Giancarlo Navach, editing Antonella Cinelli)