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Di Alessandro Albano
Investing.com - Dopo un inizio sprint, si è calmato il rimbalzo dei titoli bancari europei, con Deutsche Bank AG (ETR:DBKGn) che a Francoforte raccoglie poco meno del 2%. Narrativa identica a Milano, dove Intesa (BIT:ISP) e UniCredit (BIT:CRDI) stanno guadagnando meno dell'1%, a fronte di un FTSE MIB leggermente sopra i 26 mila punti.
La mattinata europea era partita con il migliore dei presupposti grazie alla notizia arrivata dagli Stati Uniti: come annunciato dalla Federal Deposit Insurance Corporation, la First Citizens Bank & Trust Co 72 miliardi di dollari di asset della Silicon Valley Bank, la prima banca americana a dichiarare bancarotta dai tempi di Lehman Brothers e Washington Mutual nel 2008.
Un accordo che, tuttavia, non è riuscito a dissipare i timori sul comparto bancario europeo, con gli addetti ai lavori che si anno chiedendo quale sarà la prossima banca ad essere presa di mira dopo il presunto attacco speculativo su Deutsche Bank (BIT:DBK) e gli effetti della svalutazione dei bond subordinati Additional Tier 1 sul credito.
In un tentativo maldestro, il cancelliere tedesco Scholz ha provato a rassicurare i mercati venerdì nel mezzo del sell-off affermando che DB non ha problemi patrimonali e di liquidità, contrariamente al caso Credit Suisse. Un intervento che ha fatto alzare il sopracciglio a molti sopratutto per le tempistiche dell'uscita, visto che nelle crisi passate sono state ricorrenti le frasi di questo tipo con effetti tutt'altro che positivi (vedi crisi 2008).
Dal canto suo, la banca di Gae Aulenti ha provato a rassicurare i mercati sulla stabilità del comparto europeo, chiedendo alla Bce di poter richiamare le sue obbligazioni AT1 pepertue da 1,25 miliardi con prima data disponibile per la call al 3 giugno.
"Tali situazioni evidenziano prevalentemente una crisi di fiducia, le quali tendono a richiedere tempo per attenuarsi", scrive Gabriele Debach, analista di eToro su Investing.com.
"Le grandi banche hanno bilanci solidi, fonti di reddito diversificate e una maggiore regolamentazione oggi rispetto al 2008. Tuttavia, queste non sembrano essere sufficienti a mettere al riparo i vari istituti da possibili vendite. La stessa Credit Suisse riportava un Cet1 al 14,1% e un leverage ratio (rapporto tra capitale tier 1 e totale attivo) al 15,2%, Deutsche Bank (ETR:DBKGn) a febbraio pubblicava un Cet1 al 13,4% accompagnato da un leverage ratio invece del 4,6%. Gli investitori sono alla ricerca di quelle banche, apparentemente o meno, meno solide la cui reputazione è, o è stata, non proprio delle migliori", afferma.
Secondo l'esperto, sono "inutili" i commenti di supporto sulla stabilità bancaria da parte degli organi competenti, in quanto "oltre a rappresentare frasi di cortesia non sembrano nemmeno godere della consueta fiducia degli investitori".
Sebbene da questa crisi possano emergere condizioni di credito più rigide, che possono rallentare l'attività economica, Debach ne evidenzia il lato positivo "Potrebbe essere che anche l'inflazione, in particolare quella più persistente dei servizi, alla fine inizi a moderarsi".
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