La versione originale di questo articolo, in inglese, è stata pubblicata il 23.08.2018
Per i mercati petroliferi, il 5 novembre, il giorno in cui entreranno in vigore le sanzioni economiche USA contro il greggio e il gas dell’Iran, è ormai alle porte. Di seguito riportiamo sei recenti sviluppi regionali che potrebbero avere un impatto sul prezzo del greggio nei prossimi mesi, prima dell’arrivo dell’embargo.
1. Cina
La Cina è il principale cliente dell’Iran. A luglio ha importato 767.000 barili di greggio e condensato al giorno dall’Iran. In vista delle sanzioni, molte agenzie assicurative hanno smesso di coprire le petroliere che trasportano greggio iraniano.
Per aggirare questo problema, secondo Reuters, gli importatori cinesi come Zhuhai Zhenrong e Sinopec Group (NYSE:SHI) di proprietà governativa hanno inserito un accordo nei contratti con l’Iran stabilendo che se le sanzioni entreranno in vigore ciascuno di essi potrà passare all’utilizzo di petroliere operate dall’Iran. In base ai termini dell’accordo, una controllata della National Iranian Oil Company (NIOC) coprirà tutti i rischi e i costi legati al trasporto ed alla consegna di greggio alla Cina. Cina ed Iran hanno deciso di passare a petroliere iraniane a luglio e la Cina dovrebbe continuare ad importare greggio dalla nazione in questo modo.
La nazione asiatica ha reso noto di non essere intenzionata ad aumentare la quantità di greggio che sta comprando dall’Iran, ma non è chiaro come reagiranno gli Stati Uniti se la Cina non farà alcuno sforzo per ridurne il volume. Mentre il prezzo del greggio degli altri fornitori globali sale, la Cina potrebbe non riuscire a resistere al richiamo dell’economico greggio iraniano, soprattutto se il risultato delle sanzioni USA non dovesse essere considerato tanto grave da Pechino.
2. Francia
La francese Total (NYSE:TOT) ha reso noto di aver completato il ritiro dall’Iran. Il colosso energetico multinazionale è stato l’unica grande compagnia petrolifera ad avere un contratto con l’Iran per sviluppare un giacimento di petrolio e gas nel paese dopo l’introduzione da parte del governo Obama dell’accordo sul nucleare iraniano (JCPOA). Total ha affermato di aver investito solo 40 milioni di dollari nel progetto. Dopo che il governo Trump ha annunciato che le sanzioni USA sarebbero state reintrodotte il 5 novembre, Total ha deciso di mettere fine al suo coinvolgimento nel giacimento di gas di South Pars. L’Iran aveva invitato Total a chiedere un’esenzione al governo USA ma, secondo il ministro del petrolio iraniano, tale richiesta sarebbe stata respinta.
L’Iran aveva precedentemente affermato che la cinese CNPC di proprietà del governo avrebbe rilevato la quota di Total del progetto. L’accordo South Pars era stato originariamente progettato come sforzo congiunto da parte di Total, CNPC e della controllata di NIOC, Petropars. Non è ancora chiaro se CNPC abbia accettato la quota, cosa che farebbe aumentare il suo coinvolgimento nel progetto dal 30% all’80%. Il ritiro di Total rappresenta un grosso ostacolo allo sviluppo delle nuove risorse di gas iraniano.
3. India
L’India è stato il secondo principale cliente dell’Iran: la nazione ha fornito all’India circa il 10% della domanda. Molte raffinerie private indiane stanno riducendo le importazioni di greggio iraniano. Invece, le raffinerie statali no.
I funzionari indiani hanno affermato che la nazione non rispetterà le sanzioni USA. Ciononostante, ora che sono imminenti le sanzioni secondarie statunitensi, l’India sembra aver cambiato la sua politica ufficiale e chiederà al governo USA un’esenzione.
Il paese potrebbe accettare di diminuire le importazioni di greggio iraniano fino al 50% in cambio di un’esenzione da parte del governo statunitense per continuare a importare del greggio dalla nazione. L’India importa in media 597.000 barili di greggio e condensato al giorno dall’Iran. Non è ancora chiaro se il governo USA sia propenso a concedere una tale esenzione, ma visto lo spostamento dell’India verso la posizione statunitense negli ultimi mesi, un’esenzione potrebbe non essere da escludere.
4. Iraq
Secondo Reuters, il governo iracheno avrebbe deciso di chiedere agli Stati Uniti il permesso di “ignorare” le sanzioni USA mirate al settore petrolifero iraniano. Di recente l’Iraq ha siglato un accordo con l’Iran per scambiare il greggio del suo giacimento di Kirkuk nel nord con il greggio dei giacimenti meridionali iraniani. Ci sono stati dei ritardi per far partire il piano, dal momento che non ci sono infrastrutture di oleodotti che collegano i due paesi e l’idea di trasportare il greggio su camion attraverso il confine con l’Iran è stata frenata dai timori per la sicurezza.
L’Iran è un importante partner commerciale dell’Iraq. Circa il 15% delle importazioni di beni iracheni arrivano dall’Iran. Non è chiaro cosa intendano fare gli Stati Uniti riguardo alla richiesta di esenzione da parte dell’Iraq, ma considerato quanto petrolio produce la nazione sembra molto improbabile che il governo Trump possa concederla.
5. Stati Uniti
Gli Stati Uniti si preparano a rendere disponibile il greggio delle loro riserve petrolifere strategiche prima delle sanzioni. Il governo Trump teme che la rimozione del greggio iraniano dal mercato possa comportare un’impennata del prezzo proprio vicino alle elezioni di metà mandato.
Se il prezzo della benzina dovesse salire troppo, potrebbe rappresentare un ostacolo a livello politico per il Partito Repubblicano durante le elezioni. Il Congresso ha autorizzato la vendita di questo greggio prima che il governo Trump annunciasse le nuove sanzioni, ma il greggio al momento disponibile per la vendita da parte del Dipartimento per l’Energia è programmato, perciò 11 milioni di barili di greggio saranno resi disponibili più o meno nello stesso periodo dell’entrata in vigore delle sanzioni.
6. Iran
L’Iran sta cercando di rendere il suo petrolio più allettante per i clienti asiatici tagliando i prezzi. Finora ha ridotto il prezzo del greggio leggero di 80 centesimi al barile e quello del greggio pesante di 60 centesimi al barile.