La versione originale di questo articolo, in inglese, è stata pubblicata il 06.06.2018
Dopo che il prezzo del greggio è colato a picco la scorsa settimana sulla scia della notizia che OPEC e Russia sarebbero intenzionate ad alzare la produzione di un milione di barili al giorno, i principali produttori sembrano ora aver fatto un passo indietro, o almeno stanno lanciando messaggi contrastanti.
Questo tipo di atteggiamento probabilmente è studiato per evitare oscillazioni di prezzo simili a quelle registrate dieci giorni fa e non dovrebbe essere interpretato come un chiaro segnale di quello che l’OPEC potrebbe fare o meno a Vienna il 22 e 23 giugno.
Arabia Saudita, Kuwait, Oman ed EAU si sono incontrati “ufficiosamente” in Kuwait questo fine settimana.
I ministri non hanno voluto riferire nulla circa le discussioni, se non una vaga dichiarazione in merito al mantenere la loro “esistente cooperazione e [continuare con] gli sforzi di successo operati dai paesi partecipanti”.
Molti osservatori dell’OPEC interpreterebbero queste parole come un’indicazione del fatto che i pezzi grossi del Golfo non supporteranno un aumento della produzione petrolifera in occasione del prossimo vertice dell’OPEC.
Tuttavia, i ministri hanno fatto seguire a questa dichiarazione l’impegno di “sostenere l’attuale collaborazione al fine di adattarsi continuamente alle dinamiche in corso sul mercato nel perseguire gli interessi dei consumatori e dei produttori”.
Queste parole sembrerebbero indicare che i produttori del Golfo siano, di fatto, disponibili ad aumentare la produzione in base alle condizioni del mercato. Il mercato del greggio sembra sempre più carente, con la produzione petrolifera venezuelana che continua a crollare, sempre più raffinerie globali che rendono noto di voler bloccare gli acquisti di greggio iraniano e il greggio statunitense che subisce ancora dei rallentamenti in Texas e North Dakota.
Infine, i ministri hanno sottolineato che i livelli di investimento sui progetti petroliferi non sono ancora tornati ai livelli necessari per finanziare la domanda futura. In particolare l’Arabia Saudita considera questo riferimento essenziale per la ripresa del mercato del greggio dopo il tonfo dei prezzi del 2015.
Si tratta di un riferimento davvero insignificante perché i ministri possano farvi affidamento. Il problema dell’utilizzo di spese in conto capitale ed investimenti come riferimento è che questo livello di prezzo è diverso a seconda della compagnia.
Infatti, alcune compagnie petrolifere come Royal Dutch Shell (NYSE:RDSa) ad esempio, hanno drasticamente alterato le loro strategie di spese e di investimento e potrebbero non investire più sul tipo di grossi progetti petroliferi che rappresentavano l’elemento caratteristico delle principali compagnie petrolifere internazionali (IOC).
Nonostante gli ulteriori profitti derivanti dall’aumento del prezzo del greggio, alcune compagnie potrebbero decidere di alzare i dividendi che offrono agli azionisti o potrebbero invece pensare di investire in progetti meno costosi nelle regioni di petrolio da scisto. Non c’è modo di predire quale sarà questa cifra magica che “stimolerà gli investimenti”.
Le parole probabilmente sono state intenzionalmente vaghe e studiate per controbilanciare le dichiarazioni rese al recente Forum Economico di San Pietroburgo in base alle quali l’OPEC e la Russia sarebbero molto interessate ad aumentare la produzione. Quei commenti erano bastati a far scendere il prezzo del greggio, mentre il vertice in Kuwait di sabato non è sembrato avere un impatto sui prezzi.
Anche la Russia provvederà ad esprimere la sua opinione questa settimana. Il Ministro del Petrolio russo Alexander Novak infatti questa settimana intende incontrare le compagnie per discutere dell’aumento della produzione.
Lukoil (OTC:LUKOY), il secondo produttore petrolifero in Russia dopo Rosneft (OTC:OJSCY) ha già indicato di essere favorevole ad una riduzione dei limiti alla produzione ed anche altri produttori di greggio russi dovrebbero supportare un incremento. Allo stesso tempo, tuttavia, Novak ha tenuto a freno l’entusiasmo con una dichiarazione ieri, affermando che eventuali modifiche alla produzione dipenderanno dalla domanda.
Nel frattempo, Aramco ha alzato la maggior parte dei prezzi dei contratti del greggio di luglio per i clienti di Asia, Europa nordoccidentale e il Mediterraneo.
Ma questo non dovrebbe essere considerato un segnale del fatto che l’Arabia Saudita non abbia intenzione di alzare la produzione quest’estate.
I contratti del greggio futuri sono prezzati in base alle attuali condizioni del mercato e se l’OPEC+ dovesse effettivamente aumentare la produzione, Aramco probabilmente risponderà a qualsiasi variazione del prezzo con i contratti di agosto, settembre e ottobre.
Piuttosto che leggere questi messaggi contrastanti e queste dichiarazioni a denti stretti come un’indicazione del fatto che l’OPEC+ non intenda alzare affatto la produzione in occasione del vertice di giugno, gli osservatori dei mercati dovrebbero semplicemente pensare che i produttori stanno cercando di impedire delle forti oscillazioni di prezzo mentre si svolgono le tradizionali discussioni pre-vertice.