Il settore è su multipli molto bassi, valutazioni che non sembrano tener conto delle drastiche pulizie di bilancio operate.
Il certificate a codice Isin FREXA0013039 ha come sottostanti Unicredit (MI:CRDI), Intesa (MI:ISP) e Mediobanca (MI:MDBI), barriera al 35%.
Prima di fine anno c’è una maxicedola condizionata sull’EuroStoxx 50…
Sostenute da una fedeltà dei risparmiatori italiani per lo sportello, venuta mai meno anche nei momenti neri della crisi dei subprime e del debito sovrano in Europa, le banche italiane si stanno rimettendo in piedi.
I crediti in sofferenza fanno sempre meno paura perché, da una parte, lo stock complessivo continua a calare (-26% anno su anno a luglio a circa 127 miliardi di euro), dall’altra, il tasso di copertura si è portato sui massimi storici a 67,5%.
Le sofferenze nette sono sui minimi dal dicembre 2010 a 40 miliardi.
La fiducia nelle banche non è stata intaccata dalla rovinosa serie di crack degli ultimi cinque anni: tranquillizzati anche dal fatto che ogni fallimento è stato seguito da un salvataggio, gli italiani hanno continuato a portare i loro risparmi alla filiale.
Il grafico qui sotto mostra l’andamento dei depositi degli italiani negli ultimi 22 anni.
L’incremento è proseguito anche negli ultimi anni, in concomitanza con i problemi di Monte Paschi, Banca Etruria, Banca Popolare di Vicenza ed altre ancora.
Fonte Banca d’Italia.
In circa due decenni, i depositi si sono raddoppiati a quasi 1400 miliardi di euro.
Anche gli ultimi dati Banca d’Italia, relativi al periodo primavera estate, mostrano che in coincidenza con lo spread Bund BTP a 300 punti base, i depositi aumentavano.
E’ vero che i salvataggi sono stati a carico della collettività, ma l’Italia non è stata l’unica a doversi prendere cura dei propri istituti di credito, semmai, è da segnalare che altrove la spesa per tenere in piedi il sistema è stata molto più salata.
In Italia, nel periodo 2007-2017, la messa in sicurezza delle banche pericolanti è costata lo 0,6% del Pil, contro l’1,4% della Germania, il 3,8% della Spagna ed il 7,4% del Portogallo.
Pungolate dalle autorità di controllo, aiutate dalla messa a disposizione della garanzia statale e rinfrancate dalla fedeltà degli italiani, le banche italiane hanno messo in atto colossali processi di ristrutturazione: smaltimento delle sofferenze, chiusura delle filiali in esubero e riduzione del personale.
Il risanamento procede bene.
In luglio, secondo i dati di Banca d’Italia, c’è stata una conferma del trend in atto: prestiti +2,6% anno, con i nuovi impieghi in aumento del 6%, dal +4% di giugno, soprattutto per effetto della domanda in arrivo dalle aziende medio grandi.
Le erogazioni di mutui alle famiglie crescono del 5%, raggiungendo i massimi dal 2016.
I dati del secondo trimestre delle principali banche italiane sono stati complessivamente confortanti, soprattutto per quanto riguarda il margine d’interesse.
Meno brillante l’andamento delle commissioni, mentre si conferma quello che resta uno punti di debolezza del sistema: l’esposizione allo spread.
Il fatto che le banche continuino ad essere grandi detentrici di BTP, ovviamente non aiuta: in luglio l’esposizione ai bond sovrani era pari a 374 miliardi di euro, stabile rispetto al mese prima, dopo il forte incremento registrato in giugno (+17 miliardi di euro mese su mese).
Va detto però, che nel secondo trimestre sono state soprattutto le piccole banche non quotate a comprare.
L’erosione del Common Equity Tier 1, dovuta all’allargamento dello spread, è una ragione della debolezza del settore, nei confronti del resto del mercato.
Nell’immagine, si vede il tracciato del rapporto tra l’indice MSCI delle banche italiane ed il Ftse Mib di Piazza Affari.
Questa discesa, provocata dai timori di un forte incremento del rapporto deficit/Pil italiano, ha portato le banche a livelli di sottovalutazione meritevoli di essere presi in considerazione: il settore tratta a sconto del 40% rispetto al patrimonio netto.
Fonte Reuters
La discesa dei multipli, ha spinto di recente alcuni grandi broker a rivedere il giudizio, in quanto, ai prezzi attuali, siamo vicini ai minimi del ciclo in termini di prezzo/utili ed in termini di prezzo/patrimonio.
Chi consiglia l’acquisto delle banche italiane, a ridosso della presentazione della legge di bilancio in Italia, non è un temerario, semplicemente ritiene che il peggioramento dei conti pubblici in Italia sia già nei prezzi.
Se anche il governo Conte dovesse arrivare al 2% di deficit/Pil sul 2019, rispetto ad un impegno del governo precedente di non superare lo 0,6% e nei confronti dell’1,6% che il ministro dell’Economia Giovanni Tria non vorrebbe superare, un restringimento dello spread, sarebbe molto probabile.
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