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Bisogna credere al rally?

Pubblicato 19.10.2022, 08:30

"Chi dice che la politica è un' arte, non ha mai visto all'opera i nostri governanti" (Roberto Gervaso)

Dai bonus allo sconto. Il nuovo Governo pensa a un incentivo fiscale per investire in Titoli di Stato. Un bonus fedeltà pari al 30% di detrazione fiscale per chi tiene i titoli in portafoglio sino alla scadenza. Un beneficio che si aggiunge a quello relativo alla tassazione sui proventi derivanti dagli investimenti in debito pubblico, pari al 12,5% rispetto al 26% delle altre attività finanziarie. Forse troppo per gli investitori che invece andrebbero indirizzati verso asset in economia reale. Sarebbe preferibile infatti rafforzare ulteriormente i PIR sia nella versione classica che alternativi. Non dimentichiamo che questo strumento ha canalizzato oltre €10 miliardi di risparmio privato verso le Pmi attraverso fondi azionari incentivati fiscalmente ovvero l’azzeramento delle tasse sulle plusvalenze. Ma perché non estendere a questi strumenti gli stessi benefici a cui si pensa per i Btp? Ne avrebbe grandi benefici il nostro sistema industriale, riducendo la dipendenza dal canale bancario e dando ulteriore slancio al mercato dei capitali rappresentato dall’Euronext (EPA:ENX) Growth Milan, listino delle Pmi di eccellenza spina dorsale dell’imprenditoria italiana, Borsa leader in Europa per nuove quotazioni.

La lezione inglese per l’Italia

Quanto accaduto in Uk è un monito importante per la nostra legge di bilancio 2023. Dopo avere approvato un piano di taglio tasse pari al 2% del Pil, il Governo guidato da Liz Truss ha fatto marcia indietro sino allo 0,6% del Pil, per calmare i mercati. Una mossa probabilmente ancora non sufficiente per riportare stabilità. Questo perché il rapporto debito-Pil Uk sta salendo troppo portandosi fuori dalla traiettoria di sostenibilità. Per il nostro Paese il numero chiave è il 4% di deficit sul Pil, valore segnalato da Mario Draghi la scorsa primavera, come target per riportare il rapporto debito-Pil su livelli accettabili, ma che ora è superato per effetto dell’aumento del costo del debito e la recessione (che comporta meno entrate fiscali). Il deficit che il nuovo Governo italiano si potrà permettere è quindi inferiore al 4% del Pil, pena l’esplosione della volatilità come accaduto nel Regno Unito.

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Credere al rally?

A giudicare dall’andamento delle prime sedute del mese di ottobre sembra iniziare a prevalere la tesi che il picco dell’inflazione sia stato raggiunto. All’orizzonte quindi quantomeno un assestamento nel rialzo del costo del denaro anche perché nonostante la decisione dell’Opec+ di tagliare in modo consistente la produzione di greggio, i prezzi sono rimasti sotto i 100 dollari per il Brent mentre le quotazioni del gas naturale in Europa sono pari a un terzo rispetto al picco di fine agosto. Bisogna credere a questo rally oppure no? Dipende da quanto durerà l’attuale rialzo. La prospettiva è quella di 2 settimane di relativa tranquillità grazie all’andamento dei risultati trimestrali Usa migliori del previsto e soprattutto l’outlook sul futuro che non ha destato preoccupazioni. Tra l’altro le trimestrali delle banche, indicatori molto sensibili all’andamento dell’economia reale, sono soddisfacenti. Pensiamo ai risultati di Goldman Sachs (NYSE:GS) che hanno evidenziato un calo del 43% di profitti e del 12% dei ricavi, ma gli analisti si aspettavano di peggio e poi l’annuncio della riorganizzazione fa capire che i Ceo abbiano gli strumenti per fronteggiare la crisi senza lacrime e sangue. Non dimentichiamo però che JP Morgan (NYSE:JPM), per bocca del suo Ceo Jamie Diamon, ha parlato di un uragano in arrivo. Anche in Europa il rialzo è guidato dalla componente più ciclica che fa ben sperare per il futuro.

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