“Esistono solo due certezze nella vita: una è la morte, l'altra sono le tasse.” Benjamin Franklin.
Ebbene sì, come per ogni altra attività che porta ad un guadagno per la persona, anche per gli investimenti si è soggetti ad una tassazione. Ma come funziona questa tassazione? Come si calcola e soprattutto, esistono dei modi per evitare di esserne soggetti?
Vedremo in questo articolo il tutto.
Partiamo dalle basi, quando si devono pagare le tasse?
Come tutti noi sappiamo un investimento si conclude quando noi chiudiamo la nostra posizione su un determinato strumento. Al momento della chiusura si possono verificare due scenari: o otteniamo un guadagno da quella vendita, o otteniamo una perdita.
Per far sì che tutti capiamo questo concetto base: compro Apple (NASDAQ:AAPL) a 100, se la rivendo a 110 ho ottenuto un guadagno, pari a 10, se la rivendo a 95 ottengo una perdita pari a 5.
Il guadagno noi possiamo anche chiamarlo capital gain, o plusvalenza, mentre la perdita può anche essere chiamata minusvalenza.
Quando si verifica una plusvalenza, il guadagno verrà tassato, come vuole la legge italiana, al 26%. Quindi vendo Apple a 110 realizzando 10 di profitto, il 26% di quel profitto dovrà essere destinato allo Stato come tassa.
Per poi il come pagare le tasse, qualora optiamo per il regime amministrato ci penserà il nostro broker, la nostra banca, SIM o quant’altro a fare tutto per noi, qualora optiamo per il regime dichiarativo saremo noi a dover dichiarare a fine anno nella dichiarazione dei redditi i nostri guadagni, per poi pagare la tassazione.
Al netto però di come la andiamo a pagare, la tassazione comunque c’è, ed è, come abbiamo detto, al 26%. Unica eccezione sono i titoli di Stato, che vengono tassati al 12,50%.
Poi si, c’è la doppia tassazione per i dividendi ma si tratta di un argomento diverso che tratteremo più avanti.
E ora da qui la domanda dell'articolo, dobbiamo pagare sempre questa tassazione sulle plusvalenze? In realtà no.
Secondo lo Stato italiano infatti, qualora io abbia accumulato nel tempo delle minusvalenze, ossia qualora abbia accumulato delle perdite, queste potranno essere utilizzate per compensare le plusvalenze future, raggiunte nello stesso anno e nei quattro anni successivi.
Spieghiamolo con un esempio pratico molto semplice così che chiunque possa capirlo.
Facciamo l’ipotesi che io abbia cominciato oggi ad investire.
Immaginiamo una linea che va da -10 a +10. Il punto 0 rappresenta la somma dei miei investimenti nel il momento in cui io comincio ad investire.
Quando io vado a chiudere una posizione con una plusvalenza, in automatico ottengo un guadagno, dunque sposto il mio punto 0, portandolo a +1, e questo guadagno dovrà ovviamente essere tassato al 26%, come abbiamo visto.
Ma cosa succede se nel momento in cui abbiamo cominciato ad investire avessimo generato una perdita?
Ovviamente una perdita comporta che io ottenga meno soldi di quanti ne abbia investiti, quindi il mio capitale dal livello iniziale 0, va in negativo, al livello -1.
In questo caso io non dovrò pagare alcuna tassazione, poiché non ho ottenuto alcun guadagno.
Vi ricordate quello che ho detto prima? Il fatto che le minusvalenze possono però compensare le plusvalenze?
Come vediamo infatti, anche se chiudessi una seconda posizione in profitto, generandomi una plusvalenza, questa non mi basterebbe per superare il mio livello 0. Sostanzialmente sarei tornato al punto di partenza, ossia il punto 0.
Ecco, per legge, dato che io non ho superato il mio livello 0, non dovrò pagare alcuna tassazione.
Mi raccomando rimanete fino alla fine dell’articolo, perché non tutti gli strumenti possono essere utilizzati in questo modo.
Quello che abbiamo appena fatto è stato compensare una minusvalenza con una plusvalenza, e questo mi ha consentito, a fronte di una perdita che avevo avuto, di risparmiare soldi in tasse, quindi di ottenere un profitto maggiore a parità di investimento.
Ovvio, starai pensando, non è che una persona realizza delle minusvalenze solo per non pagare le tasse. Ma questo è un metodo con cui, nel momento in cui ci ritroviamo in questa situazione, ci possiamo permettere di ottenere un guadagno maggiore dei successivi investimenti.
Nel caso noi optassimo per l’utilizzo del regime amministrato, tipico dei broker, banche e SIM italiani, noi riceveremo i guadagni al netto della tassazione. Ciò significa che per compensare guadagni con perdite, noi dobbiamo prima chiudere la posizione in perdita per generare la minus, e poi quella in plus per compensare.
Il discorso non vale per il regime dichiarativo, dove noi riceviamo il lordo dei guadagni, e andiamo a pagare le tasse a fine anno sommando tutti i guadagni e tutte le perdite a prescindere dall’ordine di chiusura della posizione.
Ovviamente maggiori saranno le minusvalenze che accumuliamo nel tempo, più plusvalenze potranno essere compensate, fino a che non arriviamo ad un punto in cui tutte le minusvalenze che abbiamo accantonato sono state utilizzate.
Come abbiamo visto quindi lo strumento della compensazione delle minusvalenze può darci enormi vantaggi, specie se accumulate nel corso degli anni come spesso succede. Ricordo che le minusvalenze possono compensare le plusvalenze nell’anno corrente fino ai prossimi 4 anni.
E arriviamo al secondo punto che è necessario fissare nella mente, quali prodotti finanziari ci consentono di recuperare le minusvalenze?
In due parole, solo i redditi diversi e non i redditi di capitale.
Per chi non conoscesse però questi termini, spieghiamoli.
Lo stato distingue in due categorie gli strumenti che producono reddito.
Da una parte abbiamo i redditi di capitale. Questi redditi sono costituiti dall’ammontare degli interessi, utili o altri proventi percepiti nel periodo di imposta.
Nella categoria dei redditi di capitale abbiamo:
-interessi dei mutui, depositi e conti correnti;
-cedole e dividendi;
-proventi da OICR, tra cui fondi comuni, Sicav ed ETF, mi raccomando;
-proventi da pronti contro termine;
-redditi di forma di capitale al riscatto di contratti di assicurazione su vita e di capitalizzazione.
Ecco tutti questi redditi NON possono essere utilizzati per compensare le minusvalenze.
Gli strumenti che invece noi possiamo utilizzare per compensare sono quelli che generano redditi diversi, di cui fanno parte:
-plusvalenze dalla vendita di azioni e quote societarie
-plusvalenza dalla vendita di titoli obbligazionari
-derivati
-ETC
-Certificates
-cessione di valute estere
-altri più specifici
Quindi, si tratta di guadagni correlati ad eventi incerti, come la vendita, da cui si può ottenere un guadagno o una perdita.
Importante però: sono esclusi dai redditi diversi i guadagni ottenuti dalla vendita di Fondi ed ETF.
Cosa vuol dire questo? Che i tuoi soldi in banca che vengono messi nei Fondi non compensano nulla, e quindi accumuli minus che verranno perse negli anni, come succede a molti nostri clienti che si trovavano in Banca; stesso discorso vale però per i portafogli in ETF, poiché neanche loro possono essere utilizzati per compensare le varie minus accantonate.
ATTENZIONE PERÒ, perché in questo errore logico molti ci cadono. Il fatto che le plusvalenze generate dagli ETF e dai fondi non possano essere utilizzate per compensare le minus, questo non vuol dire che le minusvalenze generate dagli ETF e dai fondi non possano essere compensate da plusvalenze fatte con altri strumenti, come azioni, obbligazioni ecc..
Si tratta di argomenti distinti.
In altre parole: le perdite possono essere fatte con tutti gli strumenti, i guadagni se vogliono compensare, devono essere fatti da vendita di azioni, obbligazioni, o altri prodotti più specifici come derivati, ETC o Certificates.
Spero che questo articolo possa essere stato utile a molti di voi, nel caso di un ulteriore approfondimento, potete trovarlo nel video che abbiamo realizzato sull’argomento: