Se l’economia mondiale rallenta, il prezzo del petrolio potrebbe scendere? E’ la classica domanda da un milione di dollari. Il forte e veloce deterioramento delle stime macroeconomiche causate dalla guerra e il rialzo dei tassi stanno cambiando le stime sulla domanda di petrolio per il secondo semestre dell’anno, nonostante la domanda estiva, guidata principalmente dal settore aereo, sia attesa indirizzare la produzione verso un aumento di circa 3,6 milioni di barili/mese fino alla fine di agosto.
Con l’inizio dell’autunno il rallentamento economico potrebbe ridurre la domanda
All’inizio dell’autunno tuttavia gli effetti del rallentamento dell’economia globale dovrebbero farsi più intensi e infatti le aspettative medie sulla produzione per il 2022 non raggiungono ancora i livelli pre-pandemici di oltre 100 milioni di barili, ma sono ferme a circa 98 milioni di barili.
Si moltiplicano i segnali che i pezzi possano scendere…
Fare delle previsioni di prezzi a breve termine affidabili nella situazione attuale non è compito facile, viste le numerose variabili in campo (tanto per fare un esempio, le sanzioni europee alle importazioni di greggio russo saranno rispettate da tutti?). Sono tuttavia sempre maggiori i segnali che i prezzi possano subire un deciso ridimensionamento nel corso dell’anno. Infatti, le aspettative pessimistiche sulla crescita economica in molti paesi (non solo europei) fa pensare ad una diminuzione della domanda di petrolio. Chiaro che molto della variazione del prezzo dipende anche dall’offerta.
…ma vediamo cosa succede al petrolio russo
Su questo fronte occorre mettere in conto quanta parte della produzione di greggio Urals sarà assorbita dalla Cina (a maggio l’import di petrolio Russo ha superato quello dell’Arabia Saudita) e l’effettivo aumento delle quote produttive dell’OPEC che potrebbero colmare il gap tra domanda e offerta. Se, come già annunciato, quest’ultima dovesse aumentare la produzione in modo da colmare il deficit russo, allora domanda e offerta potrebbero incontrarsi a prezzi minori. Da non sottovalutare inoltre, che l’aumentata produzione degli USA potrebbe aiutare ad aumentare le scorte e mitigare ulteriormente la salita dei prezzi, che come sappiamo è il principale driver delle pressioni inflazionistiche.