Davide Marone, 19 giugno 2014
INTRO
Nulla di nuovo quindi sul fronte Federal Reserve. Quello di ieri, e questo era in larga parte prevedibile, si è dunque rivelato un non evento nel quale l’istituto centrale americano ha di fatto compiuto un ulteriore step nel senso del tapering come da aspettative e ha lasciato invariato il corridoio dei tassi di interesse. La pubblicazione dello statement è stato dunque molto dovish così come la Signora Yellen nella Press Conference che ha seguito.
Tapering e forward guidance invariati
Tutto come da copione quindi e sulla falsa riga dell’ultimo meeting di Washington del 30 Aprile scorso: ieri sera la Federal Reserve si è limitata ad annunciare un ulteriore taglio di 10 miliardi di dollari al suo asset purchase program, portando di fatto a 35 miliardi gli acquisti di titoli di stato e di MBS su base mensile e mantenendo la rotta che dunque vedrebbe coincidere la fine dell’anno con quella del Quantitative Easing 3. I tassi di interesse sono naturalmente rimasti contenuti nel corridoio 0,00%-0,25%, e qui ancora una volta sono finiti i veri contenuti. Quali gli spunti emersi dunque dalla pubblicazione dello statement e dalle parole del Governatore Janet Yellen? Pochi, sinceramente. Come pure paventavamo ieri in questa sede, le stime di crescita del Pil degli Stati Uniti sono state abbassate per quest’anno all’interno di un range 2,1-2,3% rispetto alle stime precedenti che indicavano un corridoio tra il 2,8% e il 3% su base annuale. Invariate invece le stime per il 2015 e il 2016. In relazione all’aspetto dell’incremento della ricchezza nazionale, Yellen ha affermato che essa è rimbalzata negli ultimi mesi e che i ritmi di crescita potrebbero essere sostenuti grazie alle ottime indicazioni che fornisce la combinazione di fattori quali la politica monetaria espansiva, il carico fiscale contenuto, un miglioramento dal punti di vista del credito e dei bilanci familiari dei consumatori oltre che del mercato lavoro. Proprio su questo punto, quello cioè dell’occupazione, sono state comunicate nuove e migliorative stime che delineerebbero di un tasso di disoccupazione compreso tra il 6 ed il 6,1% nel 2014 fino ad arrivare a livelli vicini al 5% per il 2015. Per quanto riguarda invece l’inflazione, e terminiamo la cronaca, è tra l’1,5% e l’1,7% la proiezione per quest’anno.
Quali le considerazioni
Ci verrebbe da affermare, in un caso come questo, che veramente nulla è cambiato neanche in termini di aspettative dopo la giornata di ieri. Un elemento in qualche modo destabilizzante per i mercati, per quanto tecnicamente giustificato dal balzo dell’inflazione registrato nella rilevazione di martedì scorso, poteva essere relativo ad un taglio del Quantitative Easing 3 di 15 miliardi invece che di 10. Elemento assente. Altro spunto di riflessione in grado evidentemente di spostare le aspettative e di conseguenza i prezzi poteva essere relativo ad una possibile accelerazione sul fronte forward guidance, che avrebbe potuto contemplare dunque potenziali rialzi dei tassi di interesse anche prima dell’orizzonte temporale utile della seconda metà del 2015. Ma anche su ciò nessun cenno. Sono emerse però delle contraddizioni dall’evento di ieri. L’istituto centrale americano ha tagliato le stime di crescita rilasciate circa un mese e mezzo fa e per bocca di Janet Yellen ha affermato che la crescita degli Stati Uniti resta ancora “anemica”. Lo statement accompagnatorio delle decisioni del Board è però tuttavia marcatamente ottimistico sugli sviluppi di qui ai prossimi mesi soprattutto sul lato del mercato del lavoro, quello del credito e quello immobiliare. Delle due l’una dunque: si tagliano le stime di crescita ma si paventa un complessivo miglioramento del quadro economico. In questo indubbiamente emergono alcune contraddizioni in seno a Washington, che rivela un’accezione hawkish nel paventare un percorso di continua ripresa ma che poi resta estremamente accomodante in materia di politica monetaria e dunque timorosa a compiere step più incisivi. Il che rientra assolutamente nel principio di prudenza proprio di una banca centrale, ma in qualche modo evidenzia difetti di coerenza e credibilità che la Fed peraltro ha già in passato messo in luce. Per chiosare dunque, in termini di aspettative nessun cambiamento anche per i prossimi appuntamenti che vedranno protagonista la Federal Reserve a meno di dati macroeconomici clamorosamente discostanti dalle attese.
L’effetto sui prezzi
La combinazione di reazioni che avrebbe portato ad un rafforzamento del dollaro americano ed ad un calo di Borse ha di fatto trovato un ostacolo invalicabile nel momento in cui di fatto tutto è andato come da attese. Ne è emerso dunque un quadro che sostanzialmente si è mosso nel senso opposto, con un biglietto verde che è stato interessato da buone vendite contro gran parte delle major ed un azionario che è invece andato a mettere a segno nuovi massimi come nel caso dell’S&P500. Crediamo pertanto che questo quadro potrebbe perfino acuirsi, nel momento in cui di fatto effettive motivazioni in grado di destinare flussi di liquidità in acquisto verso il dollaro americano latitano, così come di sostenere cali sostanziali dei listini azionari. Non poteva essere di certo un taglio, peraltro più che scontato, di 10 miliardi di acquisti di titoli su base mensile a scatenare un simile effetto. Dopo l’impostazione eurocentrica del mercato presente fino allo scorso 5 Giugno, e alle attese dollaro-centriche di ieri sera, possiamo dunque tornare ad un’analisi pura e pulita dei quadri tecnici che sui cambi valutari originali evidenzierebbe situazioni in cui il greenback può ancora essere valuta di finanziamento e sulle Borse metterebbero in luce ancora uno scenario di nuovi possibili ma sempre più deboli rialzi. Resta meno lineare l’obbligazionario che peraltro vive profonde differenze all’interno dell’Eurozona e tra Europa ed America e l’oro che a fasi alterne viene guidato da logiche di decorrelazione con il dollaro piuttosto che di risk on/risk off. D’uopo dunque l’analisi dei livelli tecnici.
QUADRO TECNICO
EUR/USD: come ripetutto tante volte nei giorni scorsi, da un punto di vista di ottica operativa di breve contemplavamo quella dell’eurodollaro come una fase di accumulazione che preludeva dunque a sbocchi rialzisti. E, sebbene sia stata forte la volatilità vista ieri a cavallo tra le 20 e le 21, questo quadro di massima sembra essere stato dipinto nella maniera corretta. Ieri seguivamo tre i cardini della price action: naturalmente il supporto sui punti di minimo a 1,3520, la resistenza a 1,3585 e l’importantissimo livello mediano a 1,3555. E puntualmente questi sono stati i livelli di interesse anche durante le concitate fasi di ieri. Prima le false rotture al rialzo della resistenza in pulizia di stop, poi i ribassi sul supporto (1,3555), poi ancora tentativi di salita sfociati poi nel break del livello fino al primo 1,36. Ora è proprio 1,3585 a costituire un supporto al prezzo per correzioni di breve che potrebbero condurre a nuovi allunghi sopra 1,36 in direzione 1,3640. Ritorni sotto quella soglia invece sarebbero forieri di movimenti nuovamente ribassisti in direzione 1,3555.
USD/JPY: timidi segnali di direzionalità al rialzo per il cambio dei giorni scorsi sono stati sviliti dalla complessiva vendita di dollari Usa alla quale abbiamo assistito ieri. Affidabile l’area di 102 in primo luogo nel respingere il prezzo fino a condurlo a 102,15 da dove poi sono ripartite ampie vendite in direzione 101,90. Quadro tecnico dunque ancora una volta sporcato e che ora come ora non suggerisce grandi spunti operativi. Nel breve la tenuta di quest’ultimo livello potrebbe suggerire moderati acquisti da sfruttare soprattutto per l’ottimo rapporto rischio/rendimento potenziale fino ad area 102,10/15. Stop relativamente stretto e reverse sotto 101,75 può costituire l’operatività alternativa.
EUR/JPY: resta ancora discretamente tecnico il cross. Il grafico a 4 ore continua ad essere il più affidabile dal punto di vista della lettura degli elementi tecnici con l’ottima media mobile esponenziale a 21 periodi che costituisce un egregio supporto dinamico al prezzo per ingressi long ancora validi in area 138,40 e primi obiettivi che restano ancora in area media 100 a 138,80. Più difficili i break al ribasso che comunque sono molto contenuti dal punto di vista del RR. Le vendite possono essere dunque pensae proprio in area 138,80 verso i supporti, ma anche in questo caso con stop vicino e possibilità anche di girarsi long sulla buona volatilità che potrebbe scaturire da una nuova rottura rialzista fino a 139,20.
GBP/USD: il cable si trova ancora in congestione e poco o nulla è cambiato da ieri, se non le importanti conferme sui supporto a 1,6940 e 1,6925 come livello spartiacque. Molto indicativo ancora il time frame a 4 ore che proprio su quei livello vede il transito della media mobile esponenziale a 21 periodi e che quindi ha rappresentato ancora un buon punto di acquisto in direzione massimi a 1,70. Possibilità di muoversi in allungo verso 1,7030 è molto possibile sui primi break della congestione notturna per quelli che potrebbero essere dei rientri in range sull’ancora esistente fase di distribuzione che potrebbe portare a vendite dai punti di massimo e da 1,6975 in maniera più conservativa fino ai supporti prima evidenziati.
AUD/USD: la fase di approfondimento ribassista che avevamo osservavato e che ha potuto portare ad estensioni fino a 0,9335 è stata pienamente confermata. Da qui parlavamo di possibili pullback in direzione 0,9375, anch’essi ben realizzatisi con possibilità ora che area 0,9395 faccia da supporto per sostenere la quotazione verso i punti di massimo a 0,9435. In short si potrebbe lavorare in rottura di congestione sotto 0,9390 per stop in pari a 0,9375 e valutazione di nuove discese (scenario secondario).
Ger30 (DAX): Dax dunque comprato in scia ai listini USA. Da un punto di vista operativo era ben sfruttabile la rottura al rialzo di area 9.970 che dopo pause a 10mila punti può trovare nuova linfa verso i punti di massimo a 10.030 punti, da cui pensare di poter eventualmente vendere dopo eventuali falsi break. Resta naturalmente 9.970 il primo supporto che apre spazio al ribasso fino a 9.930 se violato.
XAU/USD (Oro): continuano le conferme grazie alle quali avevamo seguito la fase di accumulazione per l’oro dai minimi a 1.240. Rispettata la tenuta del target in area 1.277/8 dollari l’oncia, ora punto di nuove partenze long in direzione 1.285. Anche in questo caso, vendite solo sotto 1.277 con target stretto a 1.271 per stop in pari. 1.267 il successivo.