Ecco perché dollaro USA, titoli e rendimenti sono saliti dopo la richiesta di Imp

Pubblicato 26.09.2019, 09:12
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Rassegna giornaliera sul mercato forex, 25 settembre 2019

Analisi realizzata alla chiusura del mercato statunitense a cura di Kathy Lien, Direttrice di FX Strategy per BK Asset Management

Settembre è diventato un mese in cui la politica mette in ombra l’economia. Le carriere politiche del Primo Ministro Boris Johnson, di Justin Trudeau e del Presidente USA Trump sono in primo piano. I guai dei leader di questi paesi hanno causato debolezza per la sterlina e il dollaro canadese. Ma nel caso dell’inossidabile Don, il dollaro USA, i titoli e il rendimento dei titoli del Tesoro sono saliti dopo la richiesta formale di impeachment al Presidente USA. In prima battuta i mercati sono scesi, per poi realizzare velocemente che la possibilità che Trump venga sollevato dall’incarico è assolutamente molto remota. Agli investitori è piaciuta anche la ricostruzione della telefonata Trump-Ucraina. Il Presidente USA ha promesso un una trascrizione integrale della chiamata, ma la Casa Bianca ha rilasciato un "memorandum della conversazione" che non è una "trascrizione parola per parola" ma piuttosto "delle note e ricostruzioni dei funzionari della Situation room". Gli investitori hanno accolto la notizia in quanto, sebbene Trump avrebbe chiesto all’Ucraina di indagare su Biden ed il server DNC, non ci sono stati riferimenti ad un quid pro quo che potrebbe portare ad un’accusa.

Gli asset USA sono stati spinti dalle dichiarazioni del Presidente Trump secondo cui l’accordo con la Cina potrebbe arrivare prima del previsto. Ciò nonostante, secondo alcuni analisti la richiesta di impeachment limita la legislazione e pesa sulle possibilità di raggiungere un accordo commerciale. Trump ha fatto riferimenti a sviluppi politici positivi già diverse volte come diversivo in momenti di incertezza politica e finanziaria e ci sono buone possibilità che anche questa volta sia così. L’idea di un “mini accordo” ha girato parecchio negli ultimi due mesi e potrebbe essere il “momento giusto” per mandare avanti queste voci. Il cambio USD/JPY ha interrotto la serie di 4 giorni consecutivi in calo ed è salito su questa possibilità, ma il dollaro australiano e neozelandese potrebbero fare lo stesso.

AUD e NZD sono scesi oggi contro il biglietto verde in quanto il mercato considera questa vicenda come una questione che interessa il dollaro USA. Generalmente ci vuole qualche giorno prima che gli investitori considerino tutte le ramificazioni. Il dollaro neozelandese è stato sostenuto dai dati commerciali deboli e dall’approccio della Reserve Bank. Nonostante il cambio NZD/USD sia salito dopo la decisione della RBNZ di lasciare invariati i tassi, la dichiarazione di politica è stata cauta. La banca centrale ha dichiarato di vedere spazio per un ulteriore stimolo monetario, ove necessario, e non ha indicato variazioni nelle previsioni politiche. Il deficit commerciale è schizzato a -1,56 miliardi ad agosto, più del doppio del dato di luglio di -700 milioni. Il peggioramento è dovuto ad un calo importante delle esportazioni e ad un aumento delle importazioni. Delle quantità minori di petrolio hanno giocato un ruolo importante, ma le esportazioni di latte in polvere, burro e formaggi restano buone. I dati ci dicono che la domanda di prodotti alimentari dall’estero resta forte, nonostante il rallentamento globale.

Il cambio EUR/USD ha chiuso la seduta neworkese sotto 1,0950 per la prima volta dal maggio 2017. Sebbene non siano stati rilasciati dati economici specifici nella zona euro, la debolezza nell’economia della zona euro e l’impennata del dollaro USA sono stati i fattori determinanti del calo dell’euro. All’inizio della settimana avevamo detto che il cambio EUR/USD era destinato a toccare 1,09. Ci è voluto un po’ per prendere questa direzione ma il cambio sembra in corsa verso questo obiettivo. Anche la sterlina è crollata più dell’1% contro il dollaro. Oltre che per la domanda del biglietto verde, il cambio GBP/USD soffre per l’incertezza per la Brexit. Sebbene il Primo Ministro Boris Johnson si dica “cautamente ottimista”, il premier irlandese ha dichiarato che il gap tra Regno Unito e Commissione Europea resta “molto ampio” e questo non è certo un segnale di progressi nei negoziati per la Brexit.

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