Il mondo finanziario che si è delineato negli ultimi mesi e che sembra poter perdurare in Europa per diverso tempo sta mettendo all’angolo gli investitori, anche quelli professionali. Il rendimento infatti diviene sempre più qualcosa di simile al fenomeno della fata morgana: sembra quasi di scorgerlo in lontananza ma all’improvviso si dilegua.
Secondo una recente ricerca effettuata da una importante casa di investimento, in Europa sarebbero rimasti solo una cinquantina di corporate bond investment grade ad offrire un rendimento pari o superiore al 2% e oltre la metà di questi ha vita residua superiore agli 8 anni.
Fonte: Bloomberg. Indice BofA Merrill Lynch . Rendimento medio dei corporate bond senior Investment Grade con vita media residua 5 anni in Europa.
Rispetto ad un rendimento medio intorno al 2,1% di circa un anno fa, oggi i titoli emessi da aziende con rating medio-elevato e scadenza media intorno ai 5 anni rendono in media appena poco più dell’1%, come dimostra l’andamento dell’indice Bofa Merryll Lynch qui sopra riportato e composto da oltre 1.600 bonds aziendali.
Comunque la cosa non ci sorprende, dal momento che molti paesi cosiddetti euro-periferici (Italia, Irlanda e Spagna) offrono rendimenti sui propri titoli decennali ormai all’intorno del 2%, con l’Irlanda addirittura vicina all’1,6%, come si evince dal grafico sottostante.
Fonte: Bloomberg. Rendimenti dei decennali italiano ( linea azzurra), spagnolo (rosa) e irlandese (blu).
Come dicevamo dunque, in un contesto in cui l’investimento obbligazionario risulta sempre meno generoso, in Europa è di fatto rimasto un solo paese ad offrire rendimenti elevati e bond abbastanza liquidi: la Grecia.
Come sappiamo, dopo la ristrutturazione dolorosa del 2011, Atene si è riaffacciata sui mercati dei capitali con due nuove emissioni, un titolo a 3 anni, uno a 5 anni e financo un decennale, riscuotendo un netto successo.
A tutt’oggi questi titoli offrono rendimenti che nella desolazione attuale, paiono stellari.
Se osserviamo i livelli di rendimento sotto rappresentati, possiamo rilevare che il titolo greco a 3 anni rende poco meno del 3,7%, un’enormità se confrontato con lo 0,5% del nostro Btp di pari scadenza. Proseguendo lungo le scadenze possiamo vedere che il quinquennale rende il 4,6%, e i titoli dai dieci ai trent’anni hanno yield compresi tra il 6% ed il 7%.
Ovviamente tale generosità è associata ad un livello di rischio ben superiore, anche se al momento la “protezione” offerta all’eurozona da parte della BCE ed il suo attivismo in termini di strumenti offerti a supporto della stabilità dei mercati potrebbero più che bilanciare i potenziali rischi , procrastinando avanti nel tempo eventuali valutazioni più prudenziali sull’investimento.
Fonte: Bloomberg . Curva dei rendimenti greca.
Appare dunque probabile che nelle prossime settimane, gli investitori possano iniziare a considerare i titoli greci come una possibile area di diversificazione del proprio investimento, allocandovi una porzione ridotta del portafoglio. Qualora questa condotta si diffonda tra gli investitori, si verificherebbe per i rendimenti greci un movimento al ribasso di un certo rilievo, fenomeno che si riverserebbe positivamente sulle quotazioni dei titoli.
Inoltre, avendo la Grecia proceduto solo 3 anni fa alla ristrutturazione del proprio debito posseduto dai privati (e non quello in mano agli istituzionali, ovvero IMF e BCE) appare alquanto improbabile che questo possa verificarsi di nuovo in tempi stretti.
Nonostante questi fattori che al momento depongono in favore della Grecia quale possibile destinazione per una limitata porzione del proprio investimento, occorre comunque ricordare che gli elementi di rischio del paese riguardano principalmente: un rapporto debito /pil ancora estremamente elevato (175%) e in continuo aumento, una crescita inesistente, il livello di disoccupazione più elevato nell’eurozona ( 27%). Nel medio lungo periodo dunque il paese sembra lontano dall’aver risolto i suoi punti di debolezza, ma il mercato potrebbe iniziare a rifletterci solo fra un anno o più.