Quando il Ministro del Petrolio saudita Abdulaziz bin Salman terrà una conferenza su Zoom la prossima settimana per la sesta volta quest’anno, insieme ai suoi colleghi di altri 22 paesi, probabilmente non penserà a nuovi schemi per portare il mercato più in alto, ma piuttosto penserà a come impedire al gruppo che si ritroverà davanti di estrarre più greggio del dovuto a questi prezzi.
In conseguenza degli sforzi di AbS, il rispetto, da parte dell’OPEC+, dei tagli alla produzione guidati dai sauditi ha raggiunto un incredibile 122% da quando la distruzione della domanda per il COVID aveva portato il greggio USA a -40 dollari al barile, nell’aprile 2020.
Dico incredibile perché chiunque abbia seguito l’OPEC per buona parte dei suoi 60 anni conosce bene la sua abitudine ad imbrogliare quando si tratta di quote di produzione. E sebbene i russi abbiano cominciato a collaborare onestamente col cartello solo cinque anni fa, sono diventati il nuovo cattivo della storia (almeno dal punto di vista dei sauditi) per la sovrapproduzione all’interno del gruppo allargato OPEC+. Il Ministro del Petrolio russo, nonché vice Primo Ministro, Alexander Novak abitualmente mette AbS con le spalle al muro in occasione di ogni vertice dell’OPEC, prima di andarsene con un accordo che sembra funzionare più a vantaggio di Mosca che di Riad.
In effetti, il collasso del mercato del greggio del 2020 è precipitato per il brutto scontro, diventato di dominio pubblico, in occasione delle trattative sulla produzione tra sauditi e russi, poco prima dello scoppio della pandemia. La parte del leone nei tagli dell’OPEC+ da allora la fa Riad, sebbene AbS abbia il merito di aver distribuito i limiti alla produzione agli altri 22 membri della coalizione e di assicurarsi che li rispettino.
Né i produttori né i consumatori sono felicissimi ora
Ma ogni mese che passa nella ripresa del mercato petrolifero, per il ministro saudita diventa sempre più difficile far rispettare ai russi (nonché agli storici imbroglioni dell’OPEC, come la Nigeria) le quote decise. E il motivo, ironicamente, è lo stesso prezzo del greggio che AbS aveva indicato come la ragione per cui si dovrebbe continuare con pesanti tagli. Questo prezzo è ora oltre il triplo del livello del 13 aprile 2020, quando l’OPEC+ aveva inizialmente annunciato che avrebbe tenuto fuori dal mercato circa 9,7 milioni di barili al giorno.
Il ministro saudita non è ancora convinto della domanda petrolifera
Ciò spiega il mantra ripetuto da AbS ogni volta che gli è stato chiesto della domanda petrolifera negli ultimi mesi:
“Ci crederò quando la vedrò”.
Sì, nonostante le scorte globali siano tornate ai trend stagionali quinquennali; nonostante il mercato abbia praticamente prosciugato tutte le scorte in eccesso dovute all’esubero innescato dal COVID; nonostante i trivellatori USA ora producano 2 milioni di barili al giorno in meno rispetto a prima della pandemia; e nonostante un barile sia scambiato a circa il triplo oggi rispetto a 14 mesi fa, il ministro saudita non è ancora convinto della domanda di greggio.
Ad un certo punto, i prezzi del greggio in aumento danneggeranno l’economia globale, se non l’hanno già fatto, a giudicare dalle persistenti lamentele dell’India, il terzo maggiore importatore di greggio, e del massimo di 7 anni dei prezzi della benzina alla colonnina negli Stati Uniti.
Un doppio problema e un estremo atto di bilanciamento
E quindi AbS ha un doppio problema: ha bisogno di aumentare la produzione quel tanto che basta a placare l’OPEC+, che vuole portare sul mercato dei barili extra quest’estate, e ha bisogno di raffreddare il surriscaldato rally del greggio; al contempo, deve assicurarsi che l’incremento che autorizzerà non pesi troppo sulla psiche dei trader del greggio.
Per la cronaca, l’OPEC+ ha reso noto che prenderà in considerazione un aumento di 500.000 barili al giorno della sua produzione di agosto, dopo aver accettato un aumento di 440.000 barili a luglio.
Ma nulla è certo prima della riunione del gruppo del 1° luglio.
Nota: Barani Krishnan utilizza una varietà di opinioni oltre alla sua per apportare diversità alla sua analisi di ogni mercato. Per neutralità, a volte presenta opinioni e variabili di mercato contrarie. Non ha una posizione su nessuna delle materie prime o asset di cui scrive.