Dati dell’Italia MoM di settembre in arrivo alle 10:00: produzione industriale (stima -0.2% da +0.1% di agosto) e vendite al dettaglio (stima +0.2% da -0.5% di agosto). Fiducia dei consumatori dell’Università del Michigan di novembre (stima 70.6 punti da 70.4 di ottobre).
Come era nelle attese, la Fed ha ridotto il tasso sui fondi federali di 25 bps e ha portato il tasso a breve nell’intervallo 4,5% al 4,75%. Come noto, il tasso a breve termine è utilizzato per i prestiti overnight tra banche, ma gioca un ruolo fondamentale nell'influenzare molti tassi di interesse che i consumatori e le aziende pagano per prendere in prestito denaro in tutta l'economia, compresi i tassi delle carte di credito. Molti economisti si aspettano ancora un altro taglio di altri 25 bps a dicembre. Ma le prospettive per il 2025 potrebbero essere più nebulose, poiché la Fed terrà d'occhio da vicino l'inflazione e il quadro occupazionale.
Gli osservatori del mercato e gli economisti affermano che i rendimenti obbligazionari sono aumentati a causa delle preoccupazioni che le politiche tariffarie, di immigrazione e fiscali proposte da Trump possano alimentare l'inflazione, lasciando alla Fed poco margine di manovra per mantenere bassi i tassi.
Dal suo lato Powell si è affrettato a dire che nel breve termine le elezioni non avranno alcun effetto sulla linea della Fed Più in avanti, ha aggiunto Powell, la Fed valuterà se le scelte politiche avranno implicazioni per le dinamiche di inflazione e ne terrà conto.
Ieri la Germania ha visto una flessione della produzione industriale MoM di settembre decisamente peggiore delle attese (-2.5% contro -1.1% atteso e +2.9% di agosto). In crescita e pari al +0.5% rispetto alle attese (+0.4%), le vendite al dettaglio MoM di settembre dell’Europa che risultano però in flessione rispetto ad agosto (+1.1%).
Leggermente più basse delle attese le richieste USA di sussidi alla disoccupazione (221k contro 223k atteso), ma in crescita rispetto a quello della scorsa settimana (218k). In crescita rispetto alle stime anche il costo unitario del lavoro QoQ del 3Q24 (+1.9% contro +1.1% atteso), ma in flessione rispetto al +2.4% del 2Q24. Cresce ad un buon ritmo anche la produttività QoQ del 3Q24 (+2.2% contro +2.2% del 2Q24), anche se risulta inferiore rispetto al +2.6% atteso.
L’analisi dei dati suggerisce che l'economia USA sta attraversando una fase di "soft landing", con una crescita moderata ma sostenibile, un'inflazione in calo e miglioramenti nella produttività. Tuttavia, permangono rischi legati al deficit pubblico, alla sostenibilità della spesa dei consumatori e alle tensioni geopolitiche globali.
Abbiamo assistito a enormi oscillazioni nei prezzi dei titoli azionari e obbligazionari a seguito dei tagli dei tassi della Fed quest'anno, mentre i mercati faticano a mettere in fila i dati macro in arrivo, spesso contrastanti. La recente inaspettata resilienza dell'economia statunitense ha portato i mercati ad escludere alcuni tagli dei tassi (dicembre è in forse). Ma non pensiamo che questo sia un tipico ciclo economico. L'allentamento degli shock dell'offerta dell'era pandemica e un temporaneo aumento dell'immigrazione spiegano infatti gran parte del raffreddamento dell'inflazione, a nostro avviso. Ecco perché la crescita salariale negli Stati Uniti si è raffreddata da quasi il 6% annuo all'inizio del 2022 a circa il 3% attuale.
Tuttavia, i dati sul lavoro della scorsa settimana mostrano come la crescita salariale sia ancora forte e i livelli attuali suggeriscono che l'inflazione di fondo potrebbe rimanere più vicina al 3% rispetto all'obiettivo del 2% della Fed. Continuiamo infatti a vedere mega forze e cambiamenti strutturali, che guidano i rendimenti ora e in futuro, in gioco che potrebbero mantenere l'inflazione rigida a lungo termine. Per esempio l’invecchiamento della popolazione che limiterebbe l'offerta di lavoro e la crescita futura.
Un'economia ancora fiorente, anche se la Fed ha appena iniziato a tagliare i tassi, ha spinto i mercati a valutare i tagli. I mercati dei futures ora mostrano tassi di riferimento che si assestano intorno al 3,7% entro la fine del 2025, in aumento rispetto al 2,8% di settembre (dati LSEG Datastream). Questo, unito alla nostra visione di un’inflazione mediamente più elevata dei livelli pre-pandemici, ci porta alla conclusione che i mercati stiano al momento valutando più tagli di quanti la Fed probabilmente realizzerà.
I dati del PIL statunitense del terzo trimestre hanno mostrato che la spesa dei consumatori sta ancora guidando la crescita economica complessiva. La creazione media di posti di lavoro mensili negli ultimi tre mesi è ora di 104.000 unità dopo il rapporto sull'occupazione della scorsa settimana, un ritmo ancora sano e che probabilmente aumenterà dato che le assunzioni sono bloccate a causa delle interruzioni legate agli uragani.
Leggendo il programma elettorale non sembra che Trump voglia concentrarsi sul deficit di bilancio, che probabilmente è pure destinato a crescere. Diversi economisti hanno elaborato uno scenario per l’inflazione attesa a seguito del programma elettorale di Trump che danno probabile al 70%: la stima prevede un incremento dei prezzi tra il 3% e il 4% nel 2025. In questo scenario, diventerebbero quindi importanti le strategie difensive ed un aumento dell’esposizione ad asset reali. In sintesi l’analisi prevede che se il programma elettorale fosse interamente attuato, potrebbe portare a pressioni inflazionistiche significative, principalmente attraverso l'impatto delle tariffe, delle restrizioni all'immigrazione e – forse - di una potenziale politica monetaria più accomodante. Gli investitori dovrebbero quindi prepararsi ad uno scenario di inflazione più elevata rispetto agli ultimi anni, con particolare attenzione alla protezione del potere d'acquisto dei loro portafogli.
Il prezzo di mercato dei tagli dei tassi della BCE è più in linea con la nostra visione rispetto agli Stati Uniti. La BCE ha stretto più della Fed sulla via del rialzo: 450 bps da gennaio 2020 al picco contro i 375 bps della Fed. La politica della BCE sembra ancora più restrittiva data la spesa dei consumatori più debole in Europa e il limitato sostegno fiscale rispetto agli Stati Uniti. Una politica restrittiva dà alla BCE più spazio della Fed per tagliare i tassi e dare una scossa alla crescita. Ecco perché la BCE ha accelerato il ritmo di allentamento nel taglio dei tassi per la terza volta il mese scorso. Vediamo quindi la BCE tagliare i tassi nel 2025 fino a raggiungere il 2% circa, in linea con il prezzo di mercato.
Detto questo riteniamo che il reddito fisso europeo possa sovra performare quello degli Stati Uniti, soprattutto nel credito, almeno in questa fase.