I tassi crescono ma l'economia arranca. Vale la pena investire? E in che cosa?

Pubblicato 08.06.2022, 08:22
Aggiornato 12.01.2022, 13:50
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I tassi crescono in una economia in fase di rallentamento

Ci siamo, domani parla la Lagarde. Recentemente e più volte il presidente ha dichiarato che avrebbe aumentato i tassi da pochi giorni a poche settimane dopo la fine dei programmi di acquisto. La BCE segue quindi a ruota la FED sull’aumento dei tassi anche se, riteniamo, lo farà con minore vigore. Luglio è la data indicata dagli analisti per il rialzo (il 21 per la precisione), dopo oltre dieci anni di politica monetaria espansiva. La misura dovrebbe essere pari a 25 bp, nonostante la Lagarde in una intervista alla tv olandese non abbia escluso l’ipotesi di 50 bp, ricordando tuttavia che occorre essere graduali verso la normalizzazione per non frenare la crescita economica. E proprio qui sta il problema, visto che l’aumento (o gli aumenti) dovranno necessariamente fare i conti con un’economia già di per se in fase di rallentamento. Ma soprattutto perché con i rialzi previsti entro settembre, finisce di fatto l’era dei tassi piò o meno negativi che hanno sostenuto le economie mondiali dopo il fallimento della Lehman.
 
Non si è ancora capito se interessa di più l’inflazione o la crescita economica
Il punto da chiarire è se la BCE è disposta ad accettare una recessione, la cui profondità e lunghezza temporale sarebbero tutte da valutare, pur di ridurre l’inflazione. Più volte la Lagarde lo ha ribadito e crediamo che anche questa volta lo farà, che le mosse della BCE saranno guidate dalla crescita dei prezzi. Probabilmente se questa dovesse rallentare e stabilizzarsi nel medio termine nell’intorno del 2%, i tassi di interesse convergeranno verso il tasso neutrale. Ma se l’inflazione dovesse essere persistente i tassi saranno aumentati in sequenza oltre il tasso neutrale. La scommessa della Lagarde è quella che la domanda torni ad allinearsi all’offerta senza generare pressione sui prezzi. Questo scenario implica tuttavia una normalizzazione degli shock sul lato dell’offerta che non dipendono dalla scelte delle BCE.
Secondo il nostro modello, la domanda potrebbe allinearsi all’offerta solo a seguito di una recessione compresa tra l’1,5% e il 3%.
 
Indicazioni sulle politiche di bilancio e lo scuso antispread sarebbero gradite
E probabile inoltre che vengano fornite indicazioni circa le politiche di bilancio (leggi il reinvestimento flessibile del portafoglio Pepp) e di come queste possano interagire con la normalizzazione della politica monetaria. Così come è probabile che allo scopo di evitare pressioni sullo spread, la Lagarde fornisca indicazioni maggiori sullo scudo antispread allo studio. Secondo le nostre aspettative, il nuovo meccanismo potrebbe essere un ibrido tra il PEPP, che non prevedeva condizioni e l’OMT di Draghi che al contrario poneva alcune condizioni anche attraverso l’ESM. In altre parole, un piano non troppo stringente ma vincolato per esempio alle condizioni già in essere per il NGeu o che rispettino le condizioni della Commissione Europea. Sicuramente con un piano così congeniato sarebbe più agevole per la BCE proseguire lungo la normalizzazione monetaria. Certo occorre fare i conti con i falchi che spingeranno per condizionare l’intervento dello scudo solo a “reali” situazioni che mettano in pericolo il cammino dell’UE verso la stabilità finanziaria, escludendo interventi mirati a favore dei singoli Stati.
 
Occorre comunque convincere i mercati
Ben sapendo che l’efficacia degli interventi di politica monetaria è sempre legata a doppio filo alla capacità di convincere i mercati che non conviene sfidare la Banca Centrale, il piano sembra configurarsi come una sorta di riedizione del “whatever it takes”, in cui la BCE rimarca con forza il proprio impegno nei confronti di tutti i paesi dell’Euro. Vedremo se anche questa volta funzionerà. Sicuramente la creazione di uno scudo che possa agire velocemente nelle situazioni di emergenza è una buona notizia per i mercati. E’ chiaro tuttavia che a breve dovranno essere definiti gli ambiti di intervento in modo che il messaggio di politica monetaria sia il più chiaro possibile e induca gli speculatori a desistere dal loro intento o quanto meno a limitarlo.
 
Nell’incertezza, partiamo dalle cose certe
Partiamo dalle cose certe: non sappiamo dove saranno i tassi di interesse a fine settembre, ma sicuramente il loro livello sarà maggiore di quello attuale, così come non sappiamo quale sarà la crescita del PIL nel terzo e quarto trimestre, ma sicuramente con tassi di interesse più elevati è difficile che sia maggiore di quella attuale. Quali sono quindi gli investimenti compatibili con il rischio attuale? La certezza è che il piano Next Generation Eu è partito e che dovrebbe privilegiare tutte quelle imprese che operano nel settore della digitalizzazione di prodotto e di processo, della cyber security, della trasmissione di dati su rete fissa o mobile. Ma anche tutte le imprese che operano nella rivoluzione verde (che probabilmente vedranno pure aumentati gli investimenti), da quelle locali a quelli nazionali senza dimenticare tutte quelle che operano nel settore delle infrastrutture e della salute.
 
 
 

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