Il periodo che stiamo vivendo è indubbiamente uno dei più difficili della storia recente non solo della sola Italia, ma dell’intero occidente. L’epidemia da Covid ha costretto i governi degli Stati ad un periodo di chiusura forzata delle aziende. Soltanto pochi settori hanno potuto continuare la loro attività ed ancora meno hanno proseguito a pieno regime.
Per la prima volta è stato proibito di lavorare. Questo ha avuto ed avrà nel futuro prossimo risvolti economici, i quali si possono trasformare addirittura in problemi sociali per intere categorie. Per la prima volta quindi, le aziende vengono messe in crisi non dalla mancata vendita dei loro beni o servizi, piuttosto sono colpite dalle decisioni governative che, senza stare a discuterne la necessità, hanno impedito la produzione e di conseguenza le vendite.
Venire a capo di questo problema è particolarmente complicato non solo per la difficoltà di trovare gli strumenti ed i canali giusti, ma anche e soprattutto perché gli Stati non si possono permettere determinate misure in nome del controllo dei contagi e dell’emergenza sanitaria da cui tutto è iniziato.
In questo quadro ormai noto a tutti, vediamo continui conflitti tra le varie parti in gioco, sia a livello Italia sia a livello UE. Se per quanto riguarda la situazione nazionale la chiave della soluzione, o presunta soluzione, sono i vari atti legislativi a carattere nazionale, come lo è stato il decreto “Cura Italia” e come lo sarà l’imminente prossimo decreto, i quali cercano di offrire sostegno sia alla parte imprese sia alla parte lavoratori, una volta passati al quadro comunitario la situazione si complica.
Da anni a questa parte il conflitto tra nord e sud Europa è acceso, sin dalla crisi del debito sovrano, e l’appellativo spregevole di “PIGS”, coniato al tempo, per le nazioni del Mediterraneo è la prova che alcuni Stati non vedono di buon occhio il comportamento economico e le finanze pubbliche delle nazioni meridionali. Infatti, il terreno di scontro principale è stato e sarà anche prossimamente quello del debito pubblico. I Paesi del nord non gradiscono l’elevato debito di vari Paesi, l’Italia tra questi. Tantomeno gradiscono il finanziamento di questi da parte dell’Unione Europea. In ragione di ciò, e questo può diventare l’elemento di maggiore preoccupazione per molte nazioni nelle prossime settimane, si stanno muovendo anche le istituzioni. La sentenza della Corte costituzionale tedesca, la quale sostiene la “violazione del trattato della BCE con il programma di quantitative easing” non passerà inosservata ed avrà il suo peso nelle decisioni all’interno dei palazzi dell’Unione.
Con tali posizioni è possibile il verificarsi di uno scontro ancora più acceso tra le fazioni che compongono gli organi comunitari. Le imprese di ogni Paese hanno bisogno di finanziamenti per poter continuare la loro attività. Le poche che sono state in passato parsimoniose e lungimiranti stanno attingendo a fonti interne accantonate, ma anche per queste aziende questa situazione non durerà molto, mentre per la quasi totalità è necessario un finanziamento esterno. Chi può fornire loro questi finanziamenti se non lo Stato o l’Unione Europea?
Agganciando il discorso dei conflitti comunitari tra nazioni del nord e del sud con l’Italia, dobbiamo sottolineare ancora una volta il risicato margine di manovra che ha il governo di Roma per agire, visto proprio l’enorme debito pubblico che pesa moltissimo e rende difficoltoso il piazzamento di ulteriore debito. Per questo motivo all’Italia, più di ogni altra nazione serve un aiuto dell’UE.
Se mai l’UE decidesse di agire in maniera debole, finanziando poco l’Italia, o addirittura non recapitando alcun aiuto (ipotesi pressoché remota, a meno che l’Italia non accetti alcunché), questo probabilmente sancirebbe la fine dell’UE stessa (che senso avrebbe avere un organismo internazionale se questo non agisce quando è presente uno shock simmetrico verso tutti i suoi componenti?) e non più irrealisticamente anche dell’Italia. In uno scenario del genere l’Italia dovrebbe “far da sé”, reperendo finanziamenti (non sappiamo a quale astronomico tasso) e rischiando di far letteralmente esplodere il suo debito pubblico. In un 2020 con un PIL nettamente in calo e con un debito in aumento, se si verificasse una situazione come quella sopra, chi potrebbe assicurare il rimborso totale del debito? La parola “remissione” (o “remissione parziale”) sarebbe ancora così remota, considerato anche l’avanzo primario che l’Italia ha registrato negli ultimi anni?
Realisticamente sia Italia che gli altri Paesi europei, nonché la stessa UE faranno il loro dovere per scongiurare questa apocalisse, però abbiamo visto che in poche settimane l’intero sistema può essere stravolto ed eventi che mai ci saremmo aspettati si possono verificare. Sicuramente questo è un periodo di cambiamento, più o meno marcato lo sapremo solo ex-post, ma pur sempre di cambiamento, quindi dobbiamo fare attenzione a tutti i dettagli, considerando tutte le situazioni immaginabili.