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La fine del "bad news is good news": i primi segnali di cedimento

Pubblicato 05.06.2024, 08:21
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Buongiorno utenti di Investing.

La scorsa settimana ho condiviso un articolo intitolato "Quattro società difensive nell'attuale clima di incertezza". In esso, ho selezionato tramite InvestingPro quattro aziende le cui qualità difensive avrebbero potuto contribuire a ridurre la volatilità nelle strategie multiday. Questa scelta si è rivelata corretta. Oggi, l'obiettivo sarà mostrare le prestazioni settimanali delle società scelte la settimana scorsa (Procter & Gamble, Coca Cola (NYSE:KO), Philip Morris e PepsiCo) e presentare due nuove società utili a ridurre ancora di più la volatilità in questo momento incerto. Saranno trattati diversi argomenti, incluso anche quello della macroeconomia, che verrà utilizzata per integrare la statistica. Ho realizzato un video che potete trovare alla fine dell'articolo e che tratta gli stessi argomenti in modo più approfondito; vi consiglio di visualizzarlo se volete approfondire ulteriormente.
Oggi desidero iniziare focalizzando l'attenzione su un indicatore chiave: la curva dei rendimenti e il suo legame con la recessione.

Curva dei rendimenti e recessione. Grafico mensile


Se c’è un indicatore utilizzato per “prevedere” una recessione, è la curva dei rendimenti a 10-2 anni, in particolare quando si inverte. L'intensità dell'inversione aveva fatto pensare a una possibile contrazione economica, che però non si è verificata. Di conseguenza, mercato e analisti hanno perso fiducia in questa previsione, e nei corridoi di Wall Street ha iniziato a diffondersi il termine “soft landing”. Molti di voi si saranno chiesti perché il fenomeno negativo non si sia verificato: probabilmente perché non è possibile stabilire con certezza l'arrivo di un simile evento basandosi solo sulla statistica. Tuttavia, quest'ultima può essere integrata con altri dati macroeconomici spesso trascurati. Un esempio? I nuovi ordini dell'ISM manifatturiero comunicati lunedì.

Spesso analizziamo l’S&P500 e ne spieghiamo i movimenti attraverso l’analisi dei singoli titoli. Frequentemente citiamo anche l’S&P500 equal weight, sottolineando correttamente che l’S&P500 è influenzato dai primi 7/10 titoli. Tuttavia, raramente ci interroghiamo sui fattori che influenzano l’indice PMI manifatturiero, un potente indicatore anticipatore dell’economia, pubblicato dall’Institute for Supply Management. Questo dato, come l’S&P500, è il risultato di una media e viene influenzato dalle sue variabili specifiche; in particolare, come evidenziato nella figura successiva, dai nuovi ordini, produzione, occupazione, tempi di consegna e inventari.

Variabili PMI manifatturiero. Fonte: Institute for Supply Management

Il dato PMI manifatturiero, comunicato lunedi 3 giugno, ha mostrato un calo dello 0.5% rispetto al mese precedente, scendendo a 48.7 punti da 49.2 punti di aprile, indicando una contrazione. Particolarmente significativo è il marcato rallentamento dei nuovi ordini, che hanno registrato una diminuzione del 3.7% in maggio, passando da 49.1 punti ad aprile a 45.4 punti.
Personalmente, ritengo che questa variabile meriti un’attenzione particolare, ancor più del PIL, in quanto è direttamente collegata alla domanda del mercato o, se preferite, alla domanda di beni manifatturieri. La logica suggerisce che questa domanda aumenta durante un’espansione economica e rallenta nel caso opposto e, volendo continuare su questo binario, è ipotizzabile che all’aumentare della domanda ad un certo punto possa aumentare anche la produzione industriale, o rallentare nel caso opposto. Questo è ben raffigurato nella figura successiva: la variabile nuovi ordini è anticipatrice della produzione industriale.

Produzione industriale e nuovi ordini ISM manifatturiero

Detto questo, riprendiamo il discorso iniziale, osservando nuovamente la prima immagine.

Curva dei rendimenti, recessione e variabile “nuovi ordini” al di sotto dei 50 punti. Grafico mensile

È importante notare che, sebbene l’inversione della curva dei rendimenti sia comunemente interpretata come un preludio alla recessione, di solito la curva si riprende e torna a salire prima che la recessione si concretizzi effettivamente. Tuttavia, una recessione sembra più probabile quando l’inversione della curva è accompagnata da un calo della domanda, evidenziato, ad esempio, dall’indice dei ‘nuovi ordini’ che scende al di sotto della soglia critica dei 50 punti. Negli ultimi anni, nonostante le aspettative, questo scenario non si è verificato; quasi come se la politica monetaria non avesse eroso abbastanza la domanda per innescare una vera recessione. Ma sembra che ciò stia accadendo proprio in quest’ultimo periodo, con il dato macroeconomico che ha visto il suo ultimo massimo relativo a gennaio 2024.

Spero che questo spunto possa essere utile per rendervi più consapevoli. E non ho terminato, anche perché la comunicazione del dato, alle 16:00 di ieri, ha messo in luce un aspetto piuttosto particolare. Osservate la figura successiva.

Le cattive notizie non sono più buone notizie?


Il dato è stato a tratti negativo (rallentamento del PMI e della variabile precedentemente menzionata) e a tratti positivo (rallentamento della variabile prezzi).
In seguito alla divulgazione di questi dati, il rendimento del titolo decennale ha subito un gap down in un timeframe di 15 minuti, un movimento prevedibile in risposta a segnali disinflazionistici. Generalmente, la disinflazione dovrebbe portare a una riduzione dei tassi d’interesse e favorire un clima di risk on nel mercato. Questo è stato il trend negli ultimi anni, no? Tuttavia, nella giornata di ieri, si è verificato un fenomeno inaspettato: l’indice S&P 500 ha mostrato una sequenza di candele ribassiste, nonostante alla fine abbia chiuso quasi invariato. Il motivo di questo comportamento non è chiaro.
Tuttavia, i miei sistemi di analisi indicano una persistente fase di incertezza nei vari archi temporali, fenomeno di cui vi parlo da diverse settimane. Attualmente, il modello che utilizzo in collaborazione con Investing ha segnalato un passaggio da una fase di incertezza a una di lieve risk off.

Debole risk off

Utilizzando InvestingPro per la selezione di titoli, avevo identificato quattro azioni difensive: Coca Cola (KO), Pepsi (PEP), Procter & Gamble (PG) e Philip Morris (PM), che hanno fornito la protezione che desideravo. Inoltre, applicando i filtri della scorsa settimana, ho scelto altri due titoli seguendo criteri ben definiti:
· Capitalizzazione di mercato superiore a 100 miliardi: Prediligo le aziende dell’S&P 500 per la maggiore affidabilità e la facilità di accesso a informazioni aggiornate, grazie alla loro visibilità mediatica.
· Variazioni del Fair Value tra +10% e -10%: Questo intervallo di Fair Value aiuta a trovare aziende con prezzi azionari che riflettono il loro valore intrinseco, evitando quelle troppo sottovalutate, che potrebbero essere penalizzate da una bassa fiducia degli investitori, o quelle sopravvalutate, che potrebbero subire correzioni di mercato improvvise (articolerò questo concetto all’interno del video)
· Beta a uno e due anni: Un beta inferiore a 1, come mostrato dalle aziende analizzate nell’ultimo anno e negli ultimi cinque anni, indica una volatilità minore rispetto all’S&P 500, rendendole scelte più stabili.
· Settore: Ho scelto i settori sanità e telecomunicazioni, tradizionalmente considerati difensivi.
· Rendimento dei dividendi superiore al 2%: Aziende con alti dividendi tendono a essere meno colpite da vendite in periodi di pressione ribassista, offrendo un rifugio agli investitori.


Filtri InvestingPro


Le nuove aziende selezionate sono T-Mobile US (TMUS) e Merck (MRK).
Nella selezione, ho preso in considerazione anche fattori a breve termine, quali la tendenza dei prezzi, il beta e le deviazioni standard su un periodo di tre mesi. Questi elementi sono illustrati nelle due figure che seguono.


Merck & Company

T-Mobile US


Nel corso degli ultimi tre mesi, le due società hanno mostrato una volatilità relativamente bassa rispetto all’S&P 500, con un beta di 0.34 per Merck (MRK) e di 0.11 per T-Mobile US (TMUS). Inoltre, la variazione dei loro rendimenti rispetto alla media è stata contenuta, attestandosi al 2,47% per MRK e al 1,77% per TMUS. Per valutare il rischio complessivo del portafoglio, ho sommato i prezzi di tutte le aziende selezionate.

Il pacchetto di titoli KO + PEP + PG + TMUS + MRK, in linea con il loro fair value

Il portafoglio azionario selezionato appare difensivo, caratterizzato da un beta di appena 0.2 e una deviazione standard leggermente superiore al 2%. Queste caratteristiche dovrebbero offrire una certa protezione durante periodi di incertezza, specialmente in una settimana ricca di dati macroeconomici importanti, come l'ISM sui servizi mercoledì e, venerdì, il tasso di disoccupazione, i NFP e la retribuzione oraria media. Se i presupposti saranno confermati, il portafoglio sarà ben posizionato; in caso contrario, se il mercato dovesse passare da una fase di risk off a una di risk on, ciò rappresenterebbe comunque un vantaggio. Questo perché la selezione di titoli ha dimostrato di performare bene nei miei sistemi, come evidenziato dal backtest illustrato nella figura seguente.

30 mila di capitale totale, 30mila ad operazione, 18 dollari di commissioni ad eseguito


++++ Ho riservato una promozione speciale per coloro che sottoscriveranno un abbonamento (con sconto) a InvestingPro (annuale cliccando qui o biennale qui): il backtest gratuito di tutte le 500 aziende dell’S&P500. Questo permetterà di scoprire il fair value di tutte le aziende e di capire quali, in passato, hanno avuto prestazioni migliori in contesti di propensione al rischio. Scrivete una mail a matteofarci95@yahoo.it per riceverle!

Nella figura seguente è possibile osservare la lista delle posizioni: complessivamente, un guadagno di 142.79$.


Posizioni

Ci sentiremo presto, dopo la pubblicazione dei dati di oggi e venerdì. Nel caso qualcuno di voi fosse interessato ad analisi specifiche su titoli, fair value e trend following, vi invito a commentare l'analisi nella sezione apposita.

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