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La scomparsa del rendimento

Pubblicato 08.04.2015, 09:43
Aggiornato 09.07.2023, 12:32


Dopo la prima settimana di acquisti dei titoli di stato da parte della Bce (circa 10 miliardi complessivi), gli effetti sui rendimenti dei bond sovrani sono stati deflagranti.
Il calo dei tassi verificatosi sui titoli di ogni scadenza è stato molto ampio con, ad esempio, conseguenti vertiginosi rialzi dei prezzi dei trentennali, le cui quotazioni hanno messo a segno salite percentuali a doppia cifra in poche sedute. Una perfomance degnadel più brillante tra i mercati azionari emergenti ai tempi delle tigri asiatiche.
Al momento, tra l’altro, il mercato fatica a trovare un pavimento soprattutto sui tratti di curva più lunghi di tutti i paesi periferici, come Spagna, Italia e Portogallo, il cui trentennale ha messo a segno un rialzo del 40% dalla metà di gennaio, data in cui è stato emesso dal tesoro lusitano, ad oggi.
Visto che l’acquisto complessivo dei titoli obbligazionari sarà di circa 42/45 miliardi al mese per diciotto mesi consecutivi, dato che siamo solo alla prima settimana c’è da chiedersi cosa possa succedere nelle prossime settimane.
E’ lecito spingersi ad ipotizzare che la maggior parte dei bond avrà rendimenti sempre più bassi e in alcuni casi prossimi allo zero?
Per quanto fantasiosa possa apparire, in realtà questa ipotesi non è affatto illogica, poiché il contesto finanziario in cui l’Europa si sta muovendo in questi mesi non ha precedenti storici.


La crescita attesa è poco sopra l’uno per cento e l’inflazione sarà in territorio negativo almeno per i prossimi mesi. Second un calcolo approssimativo, nel prossimo anno e mezzo la Banca Centrale comprerà circa 800 miliardi di Euro di titoli sovrani, più o meno il doppio delle emissioni nette nello stesso periodo, che secondo una stima di JPMorgan si aggireranno intorno ai 413 miliardi di euro.
Poiché il mercato dei Titoli di Stato idonei ad essere acquistati dalla Bce è attualmente di circa 4,5 miliardi di Euro dell’Eurozona, l’ammontare che verrà comprato ne rappresentacirca il 20%, una fetta molto rilevante che verrà sottratta agli investitori, costretti a ricercare altrove nuove fonti di impiego e quindi di rendimento. Questo innescheràprobabilmente un effetto a cerchi concentrici che poco alla volta porterà a cercare titoli succedanei inizialmente su scadenze più lunghe e poi via via verso altre tipologie di bond sempre con rating elevato o molto elevato. Il processo sembra poi destinato a far si che la ricerca dei titoli possa poi spostarsi anche su rating inferiori fino a che i limiti di portafoglio lo consentiranno.


Contrariamente però a quanto accadde negli Usa, dove il mercato obbligazionario è vastissimo, non tanto per le emissioni del governo federale, quanto per tutte le emissioni delle agenzie governative, dei titoli garantiti, dei bond Municipali, delle cartolarizzazioni dei mutui ecc., il mercato europeo offre invece alternative limitate alle emissioni statali.
C’è pertanto il rischio che, a fronte di una domanda persistentemente alta, l’offerta risulti sottodimensionata, favorendo un’ulteriore pressione rialzista sui prezzi.
Inoltre c’è un altro fattore che rischia di divenire ulteriormente depressivo sui rendimenti ed è rappresentato dalla soglia di rendimento minimo che devono avere i titoli per essere inclusi nel programma di acquisto. Questa soglia al momento è pari al tasso di deposit facility, che la Bce ha fissato a -0,20%. Al momento, i titoli tedeschi con scadenza marzo/aprile 2018 rendono -0,22% e sono pertanto esclusi dal QE, mentre le scadenze successive, tra luglio e ottobre rendono -0,19% e sono dunque tecnicamente ancora acquistabili dalla Bce. Se però il fenomeno dovesse proseguire, è probabile che anche maturities più lunghe possano scendere sotto la soglia del tasso deposit rendendoinacquistabile per la Bce una buona fetta di titoli.


Perché un investitore dovrebbe tenersi un titolo a rendimento negativo, per giunta inferiore alla soglia minima cui la Bce può acquistarlo, sapendo che mantenerlo sino a scadenza comporterà una effettiva minus sull’investimento?
Una ragione potrebbe risiedere in determinate esigenze normative o regolamentari per cui all’interno di alcuni fondi o bilanci bancari è necessario, per esempio, mantenere un blocco di titoli AAA a breve scadenza. In questo caso, è altamente improbabile che coloro che li hanno in portafoglio possano cederli alla banca centrale, poiché la necessità di regolamento è inderogabile. In alternativa però potrebbero esserci anche strategie di più breve respiro per cui coloro che li acquistano, o li mantengono, ritengono che nei prossimi mesi i tassi possano ulteriormente scendere permettendo un ulteriore rialzo delle quotazioni e quindi la possibilità di vendere comunque in utile anche questi titoli.


Una cosa ci sembra comunque altamente probabile, ovvero che i rendimenti possano non solo ulteriormente ridursi soprattutto sulle scadenze lunghe e nei paesi in un cui vi è maggior spazio di calo, ma che comunque i tassi siano destinati a permanere molto bassiper un lungo periodo di tempo. Probabilmente fino a quando il mercato comincerà a ritenere possibile un rialzo dell’inflazione. A quel punto il tratto medio e lungo della curva potrebbero ricominciare a salire, incorporando aspettative di inflazione crescente. Ma fino ad allora la pressione al ribasso sui tassi sembra destinata a perdurare.
Del resto negli Stati Uniti l’iniziale rialzo dei rendimenti dei bond fu probabilmente anchefiglio della fiducia che immediatamente il mercato accordò alla manovra del QuantitativeEasing, che fu ritenuta effettivamente in grado di risollevare in tempi brevi sia la crescita che l’inflazione americana. A posteriori però stiamo constatando che mentre per la prima comunque ci sono voluti ben 3 QE e 6 anni di tempo, la seconda, dopo una iniziale risalita, tarda ancora a manifestarsi.

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