Il rischio di una recessione negli USA è alto fino a prova contraria. Dopo mesi di segnali contrastanti da vari indicatori del ciclo economico, dibattiti e disaccordi regnano supremi nel mondo delle previsioni a breve e lungo periodo delle probabilità di una flessione dell’economia. In altre parole, il valore delle previsioni combinate nel contesto attuale raramente è stato più alto.
I ricercatori documentano da decenni il potere delle previsioni combinate da vari modelli (idealmente con differenti metodologie e dati) per migliorare le stime. La ricerca originale che ha documentato ufficialmente questa tecnica è stata pubblicata nel 1969, per prevedere i dati sui passeggeri delle compagnie aeree. Da allora, gli studi si sono susseguiti a raffica. Il messaggio principale: fare previsioni è difficile, ma quasi ogni sforzo per stimare dati trae vantaggio dalle stime combinate di più modelli.
La prova è chiara: gli errori di previsione sono solitamente minori nel tempo nel caso delle previsioni combinate rispetto alle stime basate su modelli singoli. Non esiste la bacchetta magica per queste cose. Tutte le previsioni sono sbagliate, anche se a volte la fortuna prevale e riusciamo ad avere delle stime esatte. Ma il futuro resta incerto. Punto. Però, combinando le previsioni e aggregando informazioni e metodologie, il range di errore tende a ridursi.
Tenere a mente questa verità empirica è stato utile negli ultimi mesi, in quanto vari metodi per la previsione, sia a breve che a lungo termine, del rischio di recessione statunitense danno risultati piuttosto contrastanti. Da curve del rendimento invertite ad indici economici profondamente negativi, i segnali di avvertimento macro non fanno che aumentare.
Ma l’economia non sembra aver ricevuto il messaggio. L’occupazione è schizzata a gennaio ed ha superato le stime negli ultimi dieci mesi, mentre la spesa dei consumatori è rimbalzata il mese scorso. La forza potrebbe cambiare rapidamente, e alcuni indicatori implicano che succederà. Ma, per il momento, lo specchietto retrovisore lo mostra chiaramente: l’economia statunitense non è caduta in recessione, anche se alcuni indicatori suggeriscono altrimenti. La previsione a breve termine attuale sul PIL del primo trimestre suggerisce altrettanto per l’immediato futuro, o almeno in base ad un indicatore economico (da prendere con le pinze): il modello GDPNow della Fed di Atlanta relativo al mese di marzo. Sette previsioni ora vedono la crescita del Q1 pari ad un rispettabile 2,1%.
Cos’è andato storto con tutti i segnali di avvertimento? La lezione da ricordare è che nessuna misura o modello dell’attività economica è senza difetti. È facile dimenticarlo, è una svista che capita se si guardano selettivamente gli indicatori storici. Ma anche se un dato o una tecnica può vantare risultati storicamente impeccabili o quasi, non bisogna dimenticarlo, ignorando il potere di usare le previsioni combinate come prova del nove.
Facciamo un rapido esempio: numerosi indicatori del ciclo economico, da circa metà ottobre ad ora, avvisano di pericolo in arrivo. La principale eccezione è l’indicatore di combinazione per eccellenza, che aggrega vari indicatori del ciclo economico da diverse fonti in una stima probabilistica in tempo reale del rischio di recessione.
L’indice Composite Recession Probability Index (CRPI) deve ancora segnalare una stima ad alta probabilità che sia iniziata una contrazione per come la definisce il NBER. Sebbene l’indice CRPI sia schizzato di recente, ha raggiunto un massimo a circa una probabilità del 30% ed è sceso nelle ultime settimane.
Certo, persino le previsioni combinate possono sbagliare. È la natura delle previsioni. Ma la distinzione cruciale da fare è che le previsioni combinate sono probabilmente meno sbagliate rispetto alle stime basate su singoli modelli o su singoli indicatori. Non è una bacchetta magica, ma solitamente è il modo meno peggiore per fare previsioni a breve e lungo termine.