Ieri la lira turca è stata oggetto di pesanti vendite, dopo che Moody’s ha declassato a spazzatura il debito del paese.
L’agenzia di rating ha tagliato di un livello il rating emittente di lungo termine e quello sulle obbligazioni privilegiate non garantite, portandolo a Ba1 da Baa3 con outlook “stabile”. La decisione è arrivata sull’onda del fallito colpo di stato di luglio e della crescente instabilità politica.
A differenza di S&P, che aveva tagliato il rating turco a spazzatura già due giorni dopo il fallito colpo di stato, Moody’s ha preso tempo prima di intervenire con una revisione completa.
La reazione piuttosto tiepida dei mercati finanziari alla decisione di Moody’s suggerisce che i partecipanti al mercato si aspettavano la decisione.
La Turchia si trova in una situazione difficile, perché la pressione dagli investitori internazionali continuerà ad aumentare nei prossimi mesi, considerando il crollo della crescita (il PIL ha subito un rallentamento al 3,1% a/a nel secondo trimestre, rispetto al 4,7% registrato nel primo), le costanti pressioni al rialzo sull’inflazione (l’IPC è salito all’8,8% a/a a luglio, rispetto al 6,57% di aprile) e i rischi per il saldo delle partite correnti derivanti dalle pressioni a stimolare la spesa.
Anche se riteniamo che un altro taglio del credito non sia da escludere, la lira turca dovrebbe resistere bene alle turbolenze, perché gli investitori di tutto il mondo sono alla disperata ricerca di rendimenti più elevate.
Inoltre, poiché la Fed non interverrà almeno fino alla fine dell’anno, la pressione dovrebbe essere gestibile.
Stamattina l’USD/TRY è sceso intorno a 2,97, continuando a scambiare con un’inclinazione ribassista.