A settembre, l’indice dei prezzi alla produzione ha registrato il più forte aumento da aprile, indicando il persistere di pressioni inflazionistiche.
Un indicatore dell’inflazione molto seguito, l’indice dei prezzi alla produzione (IPP), ha registrato un’impennata del 2,2% a settembre, l’aumento maggiore su base annua da aprile. Su base mensile, l’indice è aumentato dello 0,5%, superando la stima dello 0,3%.
Pressioni inflazionistiche alimentate dai beni a domanda finale
L’indice IPP, un indicatore chiave dell’inflazione è aumentato dello 0,5% a settembre, superando la previsione del Dow Jones di un aumento dello 0,3%. Tuttavia, l’aumento è stato inferiore allo 0,7% registrato in agosto.
L’IPP core, che non tiene conto dei prezzi dei generi alimentari e dell’energia, è salito dello 0,3%, mentre gli economisti si aspettavano un aumento dello 0,2%.
Su base annua, l’IPP ha registrato un’impennata del 2,2%, segnando il più forte aumento da aprile. La crescita annuale dei prezzi all’ingrosso è stata dello 0,2% a giugno, ma ha subito una rapida accelerazione nei mesi successivi.
Secondo il report, le persistenti pressioni inflazionistiche sono state guidate principalmente dalla domanda finale dei prezzi dei beni, che è aumentata dello 0,9% su base mensile. La maggior parte dell’aumento dei prezzi dei beni è derivata dal costo del gas, cresciuto del 5,4%. I servizi sono aumentati dello 0,3% a settembre.
I titoli salgono nonostante l’IPP superiore alle attese
Sebbene il balzo dell’IPP sia stato significativo, i mercati sono rimasti calmi.
L’indice S&P 500 è salito dello 0,34% all’apertura del mercato, mentre il Dow Jones Industrial Average ha registrato un aumento simile. Inoltre, il Nasdaq composite è salito dello 0,6% al momento della pubblicazione.
Nel frattempo, il rendimento dei decennali è sceso leggermente a 4,607 e il rendimento a 30 anni è scivolato a 4,754. I rendimenti a lunga scadenza hanno toccato di recente i massimi pluriennali, in quanto l’atteggiamento da falco della Federal Reserve continua a pesare sul mercato obbligazionario.
Negli ultimi giorni, i funzionari della Fed hanno lasciato intendere che potrebbe non essere necessario un ulteriore rialzo dei tassi di interesse proprio perché i rendimenti dei Treasury sono aumentati notevolmente. Questo atteggiamento meno aggressivo ha contribuito ad alleggerire i timori degli investitori, spingendo i titoli al rialzo questa settimana.
Tuttavia, potrebbe volerci un po’ di tempo prima che la banca centrale tagli i tassi, poiché l’inflazione rimane notevolmente superiore all’obiettivo del 2%. In precedenza, la Fed ha indicato che potrebbero essere necessari diversi anni per raggiungere questo livello.
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