Payrolls.
Venerdì l’headline (una creazione di soli 20k posti di lavoro vs attese per 180k) è stata pessima ma con molte attenuanti e dettagli meno negativi: a) dopo il +311k di gennaio un numero deludente era conseguentemente più probabile; b) così come un meteo migliore delle attese aveva favorito gennaio, il ‘polar-vortex’ è rientrato in gioco a febbraio (non è un caso che proprio dai settori più sensibili alle condizioni atmosferiche, come l’edilizia, siano arrivate le notizie negative); c) l’inflazione salariale non ha mostrato flessioni rispetto al trend di irrobustimento degli ultimi mesi (3.4% y/y vs 3.3% exp.). Ciò detto la media degli ultimi mesi mostra comunque un rallentamento, pur non ancora significativo: la creazione mensile media di posti di lavoro è stata di 166k, 186k, 189kand 190k rispettivamentenegli ultimi 2, 3, 4, 6 mesi. In un clima di generale preoccupazione per la crescita globale il misero +20k di febbraio è destinato a tener vivo il timore che anche negli Stati Uniti la parte migliore del ciclo sia ormai alle spalle. La previsione real-time dell’Atlanta Fed (GDPNow) per la crescita reale del GDP nel Q1 resta un asfittico 0.5%. Il consenso della ‘street’ è invece un più normale 2.0%.
Circa una settimana fa il mercato era arrivato a prezzare quasi la ‘perfezione’in termini di notizie positive: una virata completa (dovish) della Fed, un accordo Cina-US alla portata, una Brexit ordinata o, almeno, un rinvio che permettesse comunque di evitare un’uscita senza accordo. Questo aveva permesso agli indici azionari di estendere ulteriormente al rialzo il già corposo rimbalzo in atto ormai dall’ultima settimana di dicembre, fino a toccare una resistenza-baluardo testata più volte e mai superata negli ultimi mesi (2815-2825per l’S&P 500). Il tutto però al cospetto di dati economici per nulla entusiasmantie che ci impediscono di validare una price-action che nel 2019 è stata estremamente positiva per molti risky asset. Ancora una volta il cavallo ha rifiutato l’ostacoloe ha battuto in ritirata innescando la prima sostenuta fase di vendita del 2019. Hanno contributoa dare fiducia ai ribassistiuna serie di sviluppi in cui vedere il bicchiere mezzo vuoto non è stato difficile: ECB, Cina, Brexit e Payrolls.
ECB. Il messaggio fornito giovedì dalla banca centrale è stato in parte sorprendente e in parte scomodo da digerire per il mercato. Sorprendente nel timing: l’annuncio del nuovo TLTRO sarebbe potuto arrivare in aprile e la modifica della ‘forward guidance’ in giugno, secondo molti analisti. Diverso dalle attese in alcuni dettagli del TLTRO: meno generoso rispetto al passato nell’essere indicizzatoal tasso di rifinanziamentoe nell’avere un massimo concedibile in base ai prestiti in essere a fine febbraio. Ma soprattutto scomodo nel messaggio complessivo. La decisione con cui sono stati riveste le proiezioni economiche del 2019-2020 e persino dell’inflazione nel lontano 2021, e la solerzia con cui è statarivista la forward guidance (i tassi non verranno alzati per tutto l 2019, l’indicazione precedente era fino a fine estate) mostrano una chiara preoccupazione per il contesto macroeconomico. È vero che la curva non vedeva alcuna possibilità di rialzo fino al 2020 inoltrato (evento ora comunquespostato ulteriormente in avanti), ma la percezione forte(e che disturba) è quella di una banca centrale che è al tempo stesso preoccupata e impotente dal momento che è costretta ad utilizzare gli stessi strumenti (forward guidance / TLTRO) per fronteggiare una situazione che lei stessa sostiene essere in buona parte esogena (rallentamento cinese, incertezza sul fronte del commercio internazionale, Brexit).
Cina. Proprio nel momento in cui in tanti cominciavano a credereche un’importante ripartenza fosse imminente, un sentimento positivo alimentato anche dalla performance stellare da inizio anno della borsa cinese, una serie di notizie negative nella parte finale della settimana passata è arrivata a guastarela festa:
- Il dato relativo allabilancia commercialedi febbraio è stato negativo al di là di qualsiasi contestualizzazione. Il surplus è stato di 4.1 bio USD, molto più debole delle attese (26.4 bio USD), trascinato al ribasso da un crollo delle esportazioni (-20.7% y/yvs -4.8% exp., il declino più forte degli ultimi 3 anni). Ad amplificare la preoccupazione su una crescita tutt’altro che vibrante, il calo delle importazioni (-5.2% y/y) anch’esso peggiore delle attese (-1.4%). Come sempre i dati relativi ai mesi di gennaio e febbraio vanno presi con le pinze, condizionati come sonodalla scadenza variabile del capodanno lunare. Ad ogni buon cont oanche mediando i dati di gennaio e febbraio (era stato proprio una rilevazione migliore delle attese per il primo mese dell’anno a far presagire ai più ottimisti che la congiuntura stesse migliorando) il calo sull’anno precedente (sempre mediando gennaio e febbraio) resta evidente: -4.7% per le esportazioni e -3.1%per le importazioni.
- Il più grande broker cinese a proprietà pubblica (Citic) ha emesso una raccomandazione di ‘sell’ sulla più grande assicurazione a capitale pubblico (People’s Insurance Company of China). Un’indicazione che è arrivata senza mezze misure nel descrivere il titolo come ‘significativamente sopravvalutato’ e vulnerabile a perdite superiori anche al 50% (!) e un presumibile segnale che le autorità considerano la vertiginosa ascesa dei corsi azionari delle ultime settimane un trend sgradito, quantomeno a questi ritmi.
- Un summit tra Xi e Trump in grado di sugellare una qualche forma di accordo (indiscrezioni nei giorni passati avevano indicato Mar-a-Lago come luogo potenziale per fine marzo) non sembrerebbe in realtà cosìimminente. Lo riportano varie fonti tra cui il WSJ (a voce dell’ambasciatore americano a Pechino Terry Branstad) e ilNYT.
Comprensibilmente dopo il +26% da inizio anno (Shanghai Composite) è arrivato unvisibile-5% nella sola giornata di venerdì (anche se stamattina il rimbalzo è promettente).
Brexit. Dopo una paio di settimane relativamente tranquille, il palcoscenico di una dei più seguiti tormentoni degli ultimi anni tornerà ad accendersi nella settimana entrante.Nei prossimi giorni il Parlamento inglese affronterà una serie di (fino a) tre votazioni il cui esito sarà fondamentale nel modellare l’evoluzione futuradegli eventi. Domani Westminster si esprimerà, per la seconda volta dopo la netta sconfitta del 15 gennaio, sull’accordo May. È ormai quasi certo che ideputati verranno consultati su un ‘withdrawal agreement’ praticamente identico a quello che era già sul tavolo in precedenza. La novità negativa degli ultimi giorni, che ha messo rinnovata pressione sulla sterlina dopo i cospicui guadagni delle ultime settimane, è stata infatti la totale assenza di progressi utili a migliorare la digeribilità della ‘backstop irlandese’ per il Parlamento inglese, condito anche con un peggioramento del clima negoziale tra EUe UK. La ratifica, che era parsa ad un certo punto se non probabile almeno realisticamente possibile,dovrebbe in simili circostanze risultare nuovamenteuna chimera a cui assegnerei massimo un 20-25% di probabilità (il Sun ha recentemente stimato una sconfitta con 150 voti di scarto). Una sconfitta della May dovrebbe portare a un secondo voto (mercoledì) per abbracciare eventualmente (volontariamente e non per errore) un’uscita senza accordi il 29 marzo. Un voto che non dovrebbe avere alcuna possibilità di passare. Questo dovrebbe portarea una terza consultazione (giovedì) per estendere la scadenza dettata dall’articolo 50. Se si arriverà a questo terzo voto il rinvio sembra molto probabile anche se le incognite rimangono significative: a) che tipo di estensione (breve fino a fine giugno o lunga di 1-2 anni sono le opzioni che paiono avere più credibilità); b) se l’Europa, come è necessario, avvallerà la richiesta all’unanimità, evento altamente probabile ma che non si può dare per scontato. Al momento gli scenari più probabili, in ordine decrescente di probabilità sembrano essere questi (pur con percentuali dei singoli esiti ben inferiori al 50%): a) un rinvio di 3 mesi che porterà a una ratifica parlamentare o di un accordo leggermente rinnovato (con qualche modifica più o meno cosmetica della backstop) o, in alternativa, a un accordo più ‘soft’ (Norway+, Custom Union ecc. ecc.) in grado di attirare dei voti laburisti; b) una ratifica già domanidell’accordo May; c) un’estensione e elezioni anticipate (chiamate dal Primo Ministro). La saga può ancora imboccare anche altri sentieriche mi sembrano però avere probabilità molto più basse: a) un’uscita senza accordo, b) un’estensione lunga, mirata ad organizzare un secondo referendum. Alla luce di quest’analisi chi volesse acquistare sterline può utilizzare la recente debolezza e iniziare nelle prossime 24 ore, lasciandosi comunque una buona dose di munizioni da sfruttare dopo la probabile sconfitta che Theresa May sarà costretta con ogni probabilità a incassare domani.
Payrolls. Venerdì l’headline (una creazione di soli 20k posti di lavoro vs attese per 180k) è stata pessimama con molteattenuantie dettagli meno negativi: a) dopo il+311k di gennaio un numero deludente era conseguentemente più probabile; b)così come un meteo migliore delle attese aveva favorito gennaio, il ‘polar-vortex’ è rientrato in gioco a febbraio (non è un caso che proprio dai settori più sensibili alle condizioni atmosferiche, come l’edilizia, siano arrivate le notizie negative); c) l’inflazione salariale non ha mostrato flessioni rispetto al trend di irrobustimento degli ultimimesi (3.4% y/y vs 3.3% exp.). Ciò detto la media degli ultimi mesi mostra comunque un rallentamento, pur non ancora significativo: la creazione mensile media di posti di lavoro è stata di 166k, 186k, 189k e 190k rispettivamentene gli ultimi 2, 3, 4, 6 mesi. In un clima di generale preoccupazione per la crescita globale il misero +20k di febbraio è destinato a tener vivo il timore che anche negli Stati Uniti la parte migliore del ciclo sia ormai alle spalle. La previsione real-time dell’Atlanta Fed (GDPNow) per la crescita reale del GDP nel Q1 resta un asfittico 0.5%. Il consenso della ‘street’è invece un più normale 2.0%.
La sessione asiatica ha portato un ulteriore ridimensionamento delle speranze per un facile rimbalzo dell’economia cinese anche se non così traumatico come quello fornito dalla contrazione dell’import/export rilevata venerdì. La crescita dei prestiti, esplosiva a gennaio, è stata ridimensionata nel dato di febbraio. Facendo una media (gennaio e febbraio) per mitigare l’effetto dell’erratica cadenza del calendario lunare continua ad emergere chiaramentelo stimolo che le autorità intendono assicurare in questo momento di incertezza (domestica e globale). Quello che non appare così evidente è se l’attivismo dei policy-makers riuscirà ad essere altrettanto efficacerispetto alle esperienze passate. Buona comunque la price-action delle piazze del Pacifico. Dopo l’ondata di vendite di venerdìil rimbalzo è comunque significativo: Shanghai Comp +1.9%, Hang Seng +0.7%, Nikkei +0.6%. Al margine aiutato anche il future dell’S&P 500 (+0.3%).
Sarà inconsueto iniziare la settimana con il dato sulle vendite al dettaglio US. Èun effetto dello shutdown di gennaioche ha creato un’onda lunga di ritardo nell’attività di molte agenzie governative tra cui appunto quelle che si occupano delle rilevazioni delle variabili economiche. Il dato per gennaio sarà quindi pubblicato solo oggi e guardato con particolare interesse (nonostante ilmesescarso di ritardo rispetto alla scadenza consueta) dopo che il dato di dicembre (anch’esso pubblicato in netto ritardo a metà febbraio) era stato scioccante nella sua contrazione (‘core’-1.4% m/m vs +0.4% exp.).
Il desk rimane come sempre a disposizione per ulteriori approfondimenti.
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